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« Enrico Mattei: La Tragica FineEnrico Mattei: Gli inizi »

Enrico Mattei

Post n°132 pubblicato il 27 Maggio 2006 da fra.gas
 

 
Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

Biografia

Il risveglio dell'Agip e quello degli americani

Poiché formalmente si doveva registrare una sorta di "unità nazionale" sul proposito di chiudere l'ente, pur variamente motivata, non era possibile richiedere al governo ulteriori stanziamenti per la ricerca e per il perfezionamento dei mezzi, né certamente avrebbe avuto senso richiedere nuove concessioni, perciò Mattei cominciò a lavorare con intensità per verificare se in taluna delle concessioni correnti vi fosse la possibilità di raggiungere qualche risultato.

Riunì quasi segretamente lo staff tecnico, e dopo che lo ebbe ben ammonito sul poco ortodosso motivo dell'iniziativa (che violava le finalità del suo incarico), principiando qui uno stile che presto ne sarebbe divenuto caratteristico, concentrò le forze aziendali su quei siti di ricerca nei quali poteva essere più probabile il ritrovamento di qualche materiale. Richiamò in servizio, pressoché in segreto, l'ingegner Carlo Zanmatti, che era stato epurato perché repubblichino, il quale aveva buona conoscenza dei meccanismi interni dell'ente e dello stato delle ricerche, e ne fece un suo consigliere quasi privato.

Nel frattempo, operò acrobatici artifici contabili per destinare - non proprio palesemente - fondi alla ricerca, attingendoli dagli stanziamenti ricevuti per l'ordinaria amministrazione. Chiese ed ottenne, con incontri poi rimasti nell'aneddotica del personaggio, prestiti diretti da parte di alcune banche (un ente statale veniva di solito finanziato, al massimo, dalla Cassa Depositi e Prestiti) che, malgrado la sorpresa ed alcune diffide di fonte politica, furono ben liete di concedergli fiducia e soprattutto denaro, col quale tappò buchi di bilancio che qualcuno avrebbe poi definito "agghiaccianti".

Saputo dell'attivismo del nuovo leader, però, pronte giunsero al governo pressioni poco velate da parte delle compagnie americane, accompagnate peraltro da presunti dossier spionistici coi quali si insinuava il sospetto che Mattei fosse animato da simpatie social-comuniste forse maturate, si sosteneva, durante la Resistenza (in America stavano per venire gli anni del maccartismo, ma già allora l'accusa suonava gravissima); si agì dunque a 360° affiché il "pericoloso destabilizzatore" fosse allontanato. Il governo, aprendo a queste pressioni, degradò Mattei a consigliere d'amministrazione e lasciò che gli americani potessero rimescolare a loro piacimento i programmi di concessione, permettendo loro gratuitamente di usufruire degli studi tecnici effettuati dall'Agip negli anni '20 che li aveva portati avanti a proprio costo (o meglio, a costo dello stato).

La riscossione dei debiti politici

Il ridimensionamento di ruolo ovviamente non fu gradito dall'interessato, il quale, oltre all'istinto del comando aveva sviluppato anche una devozione per la causa per la quale aveva in pratica abbandonato la sua industrietta personale, consegnata al fratello Italo. Insieme all'amico di vecchia data Marcello Boldrini, Mattei aveva però da tempo cominciato a frequentare i salotti buoni della capitale lombarda, conoscendovi (o ritrovandovi, dopo l'esperienza partigiana) buona parte del mondo della politica che si riferiva alla locale Università Cattolica e che comprendeva esponenti di primo piano della DC.

Uno fra questi, Ezio Vanoni, seppe cogliere la proposta di Mattei, cui l'esperienza partigiana aveva insegnato il valore del carisma, di barattare l'appoggio di Mattei per le vicine elezioni con un'ampia delega alle materie petrolifere. De Gasperi vinse largamente le elezioni anche grazie alla capillare e coscienziosa campagna svolta in suo favore da Mattei (anch'egli eletto), e nominò Boldrini presidente dell'Agip e Mattei suo vice. Boldrini mostrò di gradire la possibilità di delegare il comando al suo vice.

La riconquistata autorità si rivelò in questa fase non poco utile per inoltrare a Roma pressioni sempre più insistenti, ed ora autorevoli, affinché all'Agip venissero riconosciuti da un lato altro tempo prima di confermare od annullare definitivamente la liquidazione, che restava sospesa, dall'altro lato nuove concessioni per la ricerca.

Parallelamente, non mancò di sottolineare come certe concessioni ad aziende straniere (nella specie: americane) fossero eccessivamente sbilanciate sia nella misura delle royalty, sia nelle modalità di uso delle concessioni stesse, giacché molte di esse restavano inusate, in parcheggio, inutili per i concessionari e sottratte alla ricerca di altri (ad esempio, dell'Agip).

Il "rinascimento" dell'Agip

Nel 1948 Mattei ebbe il suo successo: a Ripalta, nel Cremonese, seguendo studi che erano già in fase avanzata, fu scoperto un giacimento di gas naturale. Un inconsueto risultato per un ente che ufficialmente stava per essere liquidato, molto significativo nell'instaurato conflitto con le compagnie d'oltreoceano.

Dotato di un particolare acume per la gestione della comunicazione e dell'immagine, Mattei seppe dare all'evento un'importanza dosata, nell'attesa di alzare la spada per nuovi successi che attendeva di lì a poco, e questo occorreva anche per sondare le reazioni politiche e per preparare con gradualità i politici a dover rivedere talune posizioni. Dinanzi alle ancora unanimi intenzioni di liquidazione, la scoperta fu presa come un fuoco di paglia che, sì, sconcertava, ma che non avrebbe mutato il corso delle decisioni già assunte.

Nel giro di un anno, invece, i ritrovamenti di giacimenti di gas, da parte di un'Agip ormai galvanizzata dall'energico comandante, da parte di un personale coeso e dedito, in cui la paura dei licenziamenti era stata sostituita dall'aperto entusiasmo, sarebbero ripresi in molte zone della piana del Po e sino al 1952 fu un'escalation di risultati positivi che "costrinsero" il governo ad autorizzare la costruzione di nuove reti di gasdotti che avrebbero lambito le aree periferiche industriali di Milano. Le industrie milanesi ricevevano quindi direttamente in tubazione risorse energetiche a basso costo.

In realtà, non si trattava di una vera rivoluzione industriale, quantunque Mattei, per la detta abilità comunicativa, ciò volesse far ritenere: l'apporto di gas era proporzionalmente scarso, le tecnologie per il suo utilizzo erano ancora poco diffuse perché potessero esservi economie di scala ed i costi per l'ente - malgrado gli artifici - erano pesanti. Ciò nonostante, il "gas di Milano" pregiudicava molte precedenti certezze sui destini dell'ente.

Il "metodo Mattei"

L'Agip lavorava su ciò di cui disponeva con tutte le energie disponibili; Mattei la supportava in tutti i modi, ortodossi o meno, in cui si rendesse necessario.

Restò, ad esempio leggendario il "metodo Mattei" per la realizzazione dei gasdotti, opera che considerava di massima urgenza per poter porre i politici dinanzi al fatto compiuto: poiché per gli attraversamenti dei terreni si doveva necessariamente pattuire l'istituzione di una servitù di passaggio con i rispettivi titolari, che in genere erano piccoli contadini o comuni, i tecnici dell'Agip e della Snam ricorsero a tutti gli espedienti di cui furono capaci per accelerare al massimo le... "trattative".

Decine di chilometri di tubazioni furono stese nottetempo o sul far dell'alba ufficialmente con la scusa di scavare una piccola traccia, "solo" per verificare se il terreno fosse idoneo, in realtà stendendo direttamente i tubi. Centinaia di sindaci furono svegliati di soprassalto dalla notizia di questi abusivi passaggi, quando questi erano già stati completati e risotterrati. Molti altri non seppero del passaggio dei gasdotti se non molto tempo dopo, magari incidentalmente. Lo smagliante sorriso di Mattei amabilmente placava molti dei protestatari, e dove non fosse bastata la coinvolgente prospettiva di assunzioni, pattuiva infine pratici indennizzi monetari, in genere modesti, spesso rateali. Dove sacerrime ragioni d'onore impedivano di risolvere la questione monetariamente, si ricorreva al finanziamento "riparatore" di opere pubbliche (magari restauri) che di fatto pubblicizzavano positivamente il nome dell'Agip, costituendo una sponsorizzazione i cui ritorni di immagine erano senza paragone.

La rete era stata stesa a tempo di record; con risparmi teoricamente impensabili.

Nel frattempo, su pressione di una lobby evidentemente orientata dalle compagnie americane, stava per essere varata dal Parlamento una legge che tanto andava a favore degli interessi di quelle, che fu detto fosse stata direttamente preparata negli Usa. Mentre il morale andava conseguentemente logorandosi, inaspettato venne un colpo di scena memorabile.

Cortemaggiore

Nel 1949, a Cortemaggiore fu trovato il petrolio.

In realtà non era un grande giacimento, anzi era una piccola riserva assai poco influente nel fabbisogno energetico nazionale, e per di più era petrolio di bassa qualità, ma ancora una volta la sua innata capacità di orientamento della comunicazione, con slanci di genio e trucchi da venditore, consentì a Mattei di guadagnare trionfalisticamente per settimane le prime pagine dei giornali, dove, con allusioni e mezze verità (ma senza bugie) dichiarò grosso modo che si era all'inizio di una nuova era.

Mentre le azioni dell'Agip salivano a valori senza precedenti, l'Italia distrutta dalla guerra si illudeva di aver trovato una fonte di riscossa, una speranza di riscatto la cui intima delicatezza avrebbe fatto tremare chiunque con animo onesto si fosse trovato a doverla gestire. Il governo De Gasperi ricevette dunque dalla scoperta un'importante iniezione di fiducia popolare che dovette rimborsare a Mattei con l'intervento sulla legge in discussione in Parlamento.

Il disegno di legge in discussione fu stravolto e si tradusse in una legge assai diversa da quella inizialmente proposta. Le aspettative americane venivano tutte deluse: lo stato riservava per sé le concessioni per le ricerche in Lombardia e nell'Italia settentrionale, rilasciando ai competitori concessioni scarsamente apprezzate in altre parti della Penisola. Contemporaneamente, prendeva corpo anche normativamente l'idea di un super-ente (l'ENI) che avrebbe dovuto coordinare tutte le politiche energetiche del Paese.

Il petrolio italiano, che sarebbe stato presto trasformato nella "Supercortemaggiore, la potente benzina italiana", piaceva all'elettorato di destra (ed alle sue nostalgie nazionalistiche) come a quello di sinistra (già conscio della contrapposizione agli interessi americani) e la figura di Mattei cominciava a volteggiare sull'onda di una popolarità di prima grandezza, non limitata dalla condizione di parlamentare schierato.

Ma, seminascosto dal successo propagandistico del petrolio, il gas metano non dava minori soddisfazioni. Una successione di scoperte fece crescere la produzione a livelli inattesi, portando il metano al centro degli interessi del gruppo.

Sei zampe sei

Nel 1952 l'Agip, che evidentemente non era più in liquidazione, si dotò del noto logo con il cane a sei zampe, e si preparò alla prossima nascita dell'Eni, Ente Nazionale Idrocarburi. Mattei si preparò conseguentemente ad assumere il ruolo di responsabile nazionale delle politiche energetiche, governando il neonato organismo senza mai essere posto in discussione, prima da presidente, poi anche da direttore generale. L'Eni era Mattei, e Mattei era l'Eni.

Stabilizzò la linea operativa dell'Agip, per la quale ammodernò la struttura organizzativa e quella commerciale, curando che la qualità del servizio potesse primeggiare a livello internazionale (e anche in questo alimentando l'aneddotica: come Giulio Cesare ispezionava personalmente le sentinelle, così Mattei personalmente andava a far benzina in incognito, premiando o licenziando, secondo quanto riscontrato). Importò dall'America il concetto di motel e fece istituire i MotelAgip.

Costituì la Liquigas, azienda che avrebbe rivoluzionato la distribuzione del gas, operando anche una campagna di prezzi che gli garantì brevemente una quota di mercato rapidamente rilevante e sfruttando la capillarità della rete distributiva dell'Agip per poter agire con una politica d'impresa nazionale e non locale, come in genere era per i concorrenti.

Riesumò una linea produttiva della chimica per l'agricoltura che da tempo era passata in second'ordine negli interessi dell'ente, usando il metano nella produzione degli idrogenati usati nei fertilizzanti, anche per questi applicando prezzi di assoluta concorrenzialità. Della chimica "ordinaria", si sarebbe occupata un'altra azienda, l'Anic.

Su partecipate sollecitazioni (che avrebbe definito "commoventi") di Giorgio La Pira, sindaco di Firenze, Mattei rilevò la fabbrica Pignone, il cui fallimento aveva inginocchiato mezza Toscana, e la mise a servizio delle esigenze meccaniche del gruppo con il nome di Nuovo Pignone.

Le aziende principali del gruppo erano quindi sei: Agip, Snam, Anic, Liquigas, Nuovo Pignone, Romsa. La fiamma, pareva dire il logo, era Mattei.

Sette sorelle sette

Mentre su dati gonfiati ed enfatizzati si fondavano certezze di ripresa industriale, la reale situazione evidenziava un fabbisogno petrolifero piuttosto inquietante, cui l'esiguo prodotto di Cortemaggiore non poteva affatto sopperire. Ma i rapporti con le compagnie americane, che di fatto detenevano un monopolio di fornitura sull'Europa occidentale, si erano incrinati non molto tempo addietro e resi tesi con la recente legge petrolifera, perciò il prodotto importato costava caro e non sempre era di buona qualità (richiedendo quindi una maggiore e più costosa lavorazione).

Mattei, che non amava sottostare a limiti imposti e dunque non se ne imponeva egli medesimo, studiò a fondo i comportamenti commerciali delle principali compagnie del settore e decise che in fondo non gli mancava nulla per gettarsi nella competizione sul mercato dell'approvvigionamento. Se le concorrenti si erano riunite in un cartello detto delle "sette sorelle", l'Eni poteva ben muoversi da indipendente, cercando nuovi accordi e nuove alleanze commerciali per svincolare l'Italia dal ricatto commerciale straniero.

I primi tentativi furono contorti e fallimentari: tentò di insinuarsi in una crisi di rapporti fra una compagnia inglese e la Persia, ma nonostante l'offerta di condizioni economiche migliorative, fu escluso dalle trattative.

Altre porte trovò pregiudizialmente sbarrate, sinché ebbe notizia di essere oggetto di una campagna di discredito ordita a sua insaputa da parte delle sette sorelle e decise di ponderare meglio e più accuratamente la sua azione.

La spia della riserva

Il fabbisogno petrolifero cresceva, man mano che crescevano le industrie, ed in Italia l'Agip non trovava altri giacimenti. Un'azione di approvvigionamento diretto diveniva ogni momento più necessaria, ma visti i casi precedenti, occorreva far sì che non si ripetessero gli errori di ingenuità e che in qualche modo l'Eni fosse anche "lo" Stato (avesse cioé un rango capace di mettere fuori gioco le battutistiche definizioni che lo dipingevano come un "petroliere senza petrolio"), ed anche "uno" stato (fosse cioé autonomo e non legato alle decisioni governative od al supporto logistico-tecnico statale).

La prima prudenza fu quella di farsi accompagnare dal beneplacito dell'opinione pubblica, cui avrebbe poi raccontato il memorabile paragone del piccolo gattino che si appossima alla ciotola in cui mangiano alcuni grandi cani (le sette sorelle) che gli dànno una zampata e lo allontanano: l'Italia era quel piccolo gattino, che si avvicinana ad una ciotola in cui c'era petrolio per tutti, ma ne veniva allontanato con un calcio. La storiella suscitò una simpatia per l'uomo, un rigurgito di orgoglio nazionale ed un principio di antiamericanismo che gli garantirono un appoggio in patria dinanzi al quale sarebbe stato difficile negare l'appoggio governativo alle sue iniziative.

La seconda mossa fu la fondazione di un quotidiano, Il Giorno, cui delegare l'immagine e la comunicazione del gruppo. A questo si affiancarono nel tempo anche due agenzie di stampa. Se la politica aveva i suoi megafoni, anche Mattei li aveva. Ed a fianco all'informazione, allestì una struttura diplomatica impressionante, con l'apertura di numerosissimi uffici di rappresentanza (e uffici stampa) che operavano come consolati dell'azienda italiana ed i cui titolari erano rispettati come ambasciatori; questi preziosi inviati operavano quindi anch'essi nell'informazione, a tutt'altro livello. Si è detto che l'Eni si fosse dotata anche di una rete di informatori le cui attività sarebbero state più prossime a quelle delle spie che non ai compiti classici degli "advisor", oppure che si è avanzata l'ipotesi che i servizi segreti italiani avessero garantito importanti forme di collaborazione; sta di fatto che se ciò fosse accaduto - e non se ne ha prova - si sarebbe trattato di un ulteriore adeguamento dell'azienda italiana alle consuetudini delle sette sorelle, delle quali è provato da esse stesse (che produssero documentazione spionistica anche al governo italiano) che abbiano avuto importanti attività di intelligence.

Il terzo passo fu un'accurata selezione dei paesi interlocutori, stavolta scelti fra quelli più poveri, coi quali avrebbe potuto giocare la carta della comunanza di difficoltà economica e della franchezza di rapporti. Rispetto alle nazionalità delle sette sorelle, inoltre, l'Eni rappresentava un paese non colonialista (o almeno non noto per tale) e la duttilità di Mattei in trattativa, insieme all'esperienza maturata ai tempi in cui era rappresentante (ebbe a raccontare egli stesso), gli consentiva di presentarsi con produttiva apertura negli stati del Medio Oriente cui offriva una prospettiva di rilancio e royalties (e condizioni giuridiche circa la proprietà dei suoli e dell'estratto) assai più interessanti di quelle delle sette sorelle. Questa favorevole apertura, del resto corrispondeva ad un suo radicato ideale di "capitalismo etico", sviluppato negli anni di Milano, dei salotti della Cattolica, per il quale interpretava il suo ruolo come doverosamente soggetto ad un incontestable principio di equità sostanziale.

Il quarto movimento, a dirla in termini sinfonici, fu quello di pianificare anzitempo e con cura le difese dialettiche, polemiche, legali e politiche contro i prevedibili attacchi che di lì a poco gli sarebbero giunti da parte americana. Fu il passo più saggio, degno di un buon scacchista e comunque di un campione di virtuosismo, che gli permise di poter rispondere con estrema velocità e con successo alle (tutte già previste) mosse dei competitori. La sinfonia sarebbe stata ben sonora.

Era l'ora della politica estera.

 
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