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Post n°139 pubblicato il 28 Maggio 2006 da fra.gas
LA SCHEDA MILANO - Il suicidio di Alessandro Bassi scuote l'inchiesta Parmalat e riporta inevitabilmente alla memoria altri drammatici episodi analoghi che hanno contraddistinto il periodo della tangentopoli milanese e del lavoro dei magistrati di 'Mani Pulite'. Nomi illustri hanno segnato, con il suicidio, quell' inchiesta. Da Gabriele Cagliari, ex presidente dell'Eni, a Raul Gardini, il padre di Enimont, a Sergio Moroni, deputato socialista. (23 gennaio 2004) http://www.repubblica.it/2004/a/sezioni/economia/parmalat7/tange/tange.html
ENIGMA Era il 23 luglio del 1993 quando fu trovato il corpo senza vita di Raul Gardini, l’uomo che diceva: “la chimica italiana sono io”. Dai vertici della finanza alla morte in seguito alla tempesta di Tangentopoli. Suicidio fu il verdetto. Ma ne siamo proprio sicuri? Perché tante ombre su quella morte? A chi poteva far comodo una fine così inaspettata? http://www.enigma.rai.it/R3_popup_articolofoglia/0,6844,110^4077,00.html GARDINI - SUICIDIO - LUGLIO 1993 http://www.cronologia.it/storia/a1986.htm Perchè si è ucciso? Nel pomeriggio dello stesso giorno vengono arrestati i Richiamandosi alle sue imprese marinare, la rivista americana Time commenterà L'ex presidente dell'ENI, nominato al vertice nel 1989, su designazione di E' l'undicesimo suicidio di Tangentopoli. I potenti -va dicendo qualche psichiatra, psicologo, sociologo- non sanno ANNO 1986 . MESE DI OTTOBRE RAUL GARDINI fino ad ora leader del maggior gruppo alimentare d'Italia - E' il primo passo verso la grande scalata che lo porterà - con un discreto Il suo obiettivo è di creare un unico polo italiano della chimica. E giunto a Ma si scatenano in Italia le polemiche e si manifestano le due scuole di Fra tanta demagogia e ipocrisia, tutti sanno che in questa operazione stanno Gardini vuole alla fine mollare tutto. Vuole (o è sollecitato a farlo, visto Finita una polemica (il boicottaggio che sembra dunque riuscito), ne inizia Proprio a fine anno 1990, la vicenda si chiude con la cessione della quota di Tutta la vicenda finirà in un tribunale nel 1993, nel primo grande processo di Ma a chi sono andati questi soldi? Carlo Sama, vicepresidente della Montedison di Gardini, e marito di Alessandra In pratica nel trasferimento allo Stato, venne gonfiato il prezzo, onde A conclusione del processo - terminato con la condanna di Sergio Cusani - i Da: La Nazione di Giovanni Morandi ROMA — «Tangentopoli? Tanto rumore per nulla, un'occasione che, se parliamo di moralità, non ha cambiato niente in meglio», sentenzia Carlo Sama, 53 anni, delfino di Gardini ed ex principe ereditario dei Ferruzzi, gruppo da 50 mila miliardi, affondato da Tangentopoli. Praticamente un' Atlandite. E' rimasta solo la leggenda. A Sama è rimasta anche questa bella villa sull'Appia Antica, che fu del dittatore filippino Marcos. La moglie Alessandra e i figli sono a Montecarlo, dove hanno l'altra casa. Dottor Sama, di che cosa si occupa oggi? «Seguo le attività agroalimentari e zootecniche, che abbiamo in Sudamerica. E in Italia collaboro con la federazione italiana comunità terapeutiche, per la quale ho fondato il mensile Progetto uomo». La posizione giudiziaria sua qual è? «Ho pagato il mio debito». Che era di? «Sono stato condannato a tre anni nel processo Enimont». In totale quante imputazioni ha avuto? «146» Con quale esito? «A parte la condanna che dicevo, tutte le altre imputazioni contestate a me e a mia moglie nelle inchieste di Ravenna sono state giudicate insussistenti». Povere vittime… «Non vedo in quale altro modo definirci, visto che il Pm sequestrò parte delle azioni di famiglia e nominò una sorta di custode giudiziario, che esercitava poteri di socio, consentendo una vera e propria gestione giudiziaria del gruppo. Un fatto devastante». Questa è la prima intervista che rilascia dopo dieci anni. Perché ha accettato di rompere il silenzio? «Penso sia arrivato il momento di raccontare quella verità che ho taciuto finora». Si giri indietro. Che cosa vede nel passato? «Vedo un gruppo industriale straordinario fatto di leadership, di quote di mercato mondiale, che aveva avuto come attore protagonista mio cognato Raul Gardini, che aveva saputo interpretare gli anni Ottanta e aveva capito, come diceva lui, da dove si sarebbe alzato il vento. La Ferruzzi, prima delle vicende giudiziarie, era l'unico gruppo sano di questo paese. Si è sempre parlato a torto di un indebitamento di oltre 30 mila miliardi, non ne sono mai stato convinto, è stato strumentale, l'indebitamento era inferiore. Con la prima banca di affari del mondo, la Goldman Sachs, avevamo messo a punto un progetto di ricapitalizzazione e di ristrutturazione del gruppo. Ci è mancato il tempo e la possibilità, perché le banche hanno bloccato gli affidamenti, anche se erano nei limiti consentiti. E così si arrivò all'esproprio del Gruppo Ferruzzi». Un complotto? «Non parlerei di complotto ma di risultato. Il gruppo Ferruzzi ci è stato tolto per un pugno di soldi». Ma i magistrati che ruolo avrebbero avuto? «Di sicuro c'è stato un intreccio tra nuova dirigenza del gruppo, magistratura e società di revisione, che svolgeva un doppio ruolo di consulente del pm e consulente del gruppo». La politica stava a guardare? «Assolutamente no». Che faceva? «Come famiglia fummo trascinati nello scontro tra i partiti della maggioranza e quello dell'opposizione». Berlusconi ha detto che il partito comunista infiltrò suoi uomini nella magistratura per arrivare a Tangentopoli. Condivide? «In questi anni mi sono reso conto che non tutti i giudici sono sereni e terzi». Sono stati usati due pesi e due misure? «Certamente sì». La mano leggera con chi è stata usata? «Con un'infinità di industriali, con i ds ma non solo. Per me vale di discorso del 1992 di Bettino Craxi: chi non ha utilizzato queste forme di finanziamento si alzi in piedi. Non si alzò in piedi nessuno». Nell'aula dove venne celebrato il processo Enimont oggi è in corso il processo Sme. Quello di Milano è un tribunale normale o un tribunale speciale? «Una superprocura». Com'è la giustizia in Italia? «Una cosa di cui avere terrore». Come mettere fine al terrore, imbavagliando i giudici? «No, ma portando un clima più sereno nella magistratura e attuando la riforma della giustizia». Non le sembra che la giustizia interessi troppo al presidente del consiglio? «Mi pare di no, io sono un berlusconiano convinto. Berlusconi è l'unico imprenditore di questo paese, che da imprenditore mi ha telefonato nei momenti di difficoltà, che mi onora ancora della sua amicizia, è nato il 29 di settembre, giorno dedicato a San Michele Arcangelo, che è il santo di cui siamo devoti in famiglia. Elementi che fanno sì che io sarò berlusconiano a vita». Stessa simpatia per Di Pietro? «Esattamente il contrario». Che uomo era Raul Gardini? «Straordinario. E' la persona che più mi manca». C'è chi sospetta sia stato ucciso. «Una sciocchezza». Ravenna è la sua città ma dicono che lei si tenga alla larga. «Diceva Ferrari che la provincia non perdona il successo altrui. Il gruppo Ferruzzi era un patrimonio dei miei concittadini ed avrebbero dovuto difenderlo come fece monsignor Bettazzi, vescovo di Ivrea, che riferendosi alle vicende giudiziarie di De Benedetti parlò di finanziamenti benedetti, perché assicuravano posti di lavoro. A Ravenna tanti erano fieri di lavorare nel gruppo ma ci furono anche altri che in televisione dissero che si vergognavano di lavorare per noi. La città ha perso una grande occasione». Progetti. «Continuare a vivere. Appartengo solo a mia moglie e ai miei figli. Il mio progetto è quello di accompagnare e di aiutare i miei figli a crescere bene. Non ho altre ambizioni. Tutto quello che pensavo di non potere avere nella vita l'ho avuto». Errori fatti? «Tanti». Quali? «Affari miei». In questa storia chi è l'assassino? «Raul direbbe: un uomo in guanti bianchi». Lei ne conosce il nome? «Certo». Secondo la sentenza Enimont, Gardini, dopo aver versato 8 miliardi ai due maggiori partiti di maggioranza, mise a disposizione denaro anche del maggior partito di opposizione ma non è stato individato il soggetto che ricevette la somma. Ne sa nulla? «La sentenza dice che quel miliardo è stato consegnato». A chi? «La sentenza non l'ha stabilito». Si mette a ridere. Perché ride? «Lasciamo perdere».
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