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IL SEMINARIO DEL SAVOIA REGENCY

Post n°478 pubblicato il 25 Novembre 2006 da fra.gas
 
Foto di fra.gas

 immagine Bologna 22 Novembre 2006

Ottimo ed affollato il Seminario organizzato dai Circoli della Margherita. Come da programma sono intervenuti

Roberto Landini  (Circolo DEMOCRAZIA è PARTECIPAZIONE)  Ha diretto e concluso i lavori, sottolineando gli aspetti di positività e di criticità emersi dal dibattito. Ha richiesto a Monari di attuare una ulteriore iniziativa seminariale a livello di partito Provinciale.

Saluto di

 Gabriele Zaniboni (capogruppo Margherita in Provincia) Ha introdotto i temi dell' organizzazione, della leadeship, dei tempi e del rispetto delle identità culturali da apportare al nuovo partito.

Relazione introduttiva

Tiberio Corazza (circolo “PER UNA POLITICA INTERCOMUNALE”) Nell'esaustiva relazione  ha sottolineato il bisogno di rispetto della reciproca storia e cultura, della struttura rispettosa dei diversi radicamenti, lasciando aperta la prospettiva di un modello federativo. Avvalorato dal bisogno di valorizzare il lavoro a livello locale sui grandi temi del Welfare , della salute e della funzione regolatrice dell'Istituzione Pubblica e della buona politica.Ha introdotto i temi del confronto congressuale.

Interventi:

Domenico Cella (circolo HANNAH ARENDT)Ha analizzato gli aspetti "partitici delle 2 mozioni congressuali, sottolineando l'ecumenicità di quella Rutelli, che tende a mantenere unita la Margherita nel passaggio al nuovo partito. Critico verso quella Parisi, liquidatrice delle identità e della Margherita stessa. Ha ripreso le critiche verso i modelli organizzativi proposti, come semplice sommatoria di vertici già insediati.

Massimo Pontiroli (circolo  ENRICO MATTEI) Ha aperto gli interventi. Assai critico verso le proposte organizzative. Come tanti altri intervenuti ha criticato i modelli organizzativi proposti, somma di vertici autoreferenziati, anche a causa del meccanismo elettotali. Sullo spirito centralistico della proposta e sui rischi di perdita delle identità ideali. Preoccupato per l'assenza di programmi nuovi e chiari.

Paolo Giuliani (circolo BO - EST)  Anch'egli ha sottolineato il bisogni di salvaguardare la storia dei partiti conferenti. Ha ricordato il travaglio del vecchio PCI per giungere all'adesione al Partito Socialista Europeo. Critico sui rappresentanti locali della Margherita troppo accondiscenti sulle scelte di Cofferati, ultima lo schiaffo a Prodi con la scelta dell'esercizio provvisorio.

Ivo Cremonini (circolo PENSIERO EUROPEO) Assente per una brutta broncopolmonite

Angelo Rambaldi (circolo Renzo Pilastrini) Ha sottolineato gli eccessivi personalismi.Le carenze di idealità. Il bisogno di mantenere le forti radici nella storia di ciascun attore e l'importanza del loro paritetico riconoscimento.

Maurizio Baldisserri (circolo INNOVARE LA P.A.) Ha ripreso i temi essenziali per la realizzazione del nuovo Partito Democratico e per lo svolgimento di un costruttivo congresso della Margherita.

Franco Gasparini ( circolo LAVORARE E PRODURRE)

Il mio intervento, pubblicato al Messaggio N° 472, si é proiettato su un nuovo partito  Democratico Europeo,  immagine che valorizzi volti, idee e programmi nuovi per un New Deal che faccia uscire l'Europa e l'Italia dal guado tra eccessivo statalismo e mera proiezione economicistica!

Daniela Turci  (Uniti nell ’ULIVO) Ha manifestato tutto il suo entusiasmo per il nascituro partito ed ha proposto di anticiparne i tempi, costituendo la nuova formazione a livello locale.

Sergio Carassiti (Welfar e democrazia) Ha sottolineato l'urgenza di attuare la costituzione del PD, in gestazione dali anni '90

Paolo Rebaudengo (Economia e lavoro) Purtroppo non ho potuto assistere al suo intervento.

Pietro Aceto  (Cittadini per l’Ulivo) Ha rinunciato all'intervento per ragione di tempi

Sono intervenuti:     

Marco Macciantelli(Sindaco di S.Lazzaro)     Ha sottolineato lo spirito ulivista che deve pervadere il nuovo partito, superando rapidamente le attuali frammentazioni.

Marco Monari  (segr. Regionale Margherita) Ha sottolineato la valenza della relazione introduttiva. Elogiato la realizzazione di un'iniziativa in cui si sono finalmente ritrovate le diverse anime della Margherita. Ha annunciato di aver sottoscritto la Mozione Parisi e ha anch'egli sottolineato il bisogno di guardare avanti, più che alla storia ed alla natura degli attuali partiti. Ciò per non porre in forse  l'esistenza della stessa Margherita!

 Andrea De Maria (segr. Provinciale DS)  Ha sottolineato l'importanza di questo scambio d'opinione con la presenza dei due maggiori partiti fondatori. Ma auspicato l'adesione di altre formazioni della sinistra e di altre sue identità ed anime quali quelle Socialdemocratica, Radicale e Ambientalista. Ha condiviso il bisogno di salvaguardia delle rispettive identità storiche.

1^ MOZIONE POLITICA immagine

Il Congresso di Democrazia è libertà-La Margherita è chiamato a proseguire nel cammino intrapreso dal partito, rafforzando le scelte che l’hanno caratterizzato e sviluppando leintuizioni sulle quali è nato l’Ulivo.

La strada percorsa in questi cinque anni di vita della Margherita ha prodotto molti significativi risultati. All’atto della costituzione di DL-La Margherita i riferimenti all’Ulivo riguardavano la necessità di compattare e rilanciare la coalizione di centro sinistra. Il duro e positivo lavoro di questi anni, diffuso in modo crescente nel territorio nazionale e nelle amministrazioni, e sancito dalla lista comune nelle elezioni politiche 2006 e dalla nascita di gruppi dell’Ulivo sia alla Camera che al Senato, rende ora possibile concretizzare sotto il simbolo dell’Ulivo la nascita del Partito Democratico.

La Margherita ha realizzato e deve proseguire a rafforzare la preziosa integrazione tra culture, esperienze politiche ed organizzazioni di provenienza per poter concorrere adeguatamente alla nascita del PD. In questa prospettiva assumiamo l’impegno a superare le criticità e i limiti della esperienza maturata. Tale impegno è reso necessario e urgente dalle domande nuove che caratterizzano questa fase della nostra storia. Dalla necessità di dare risposta alla crisi delle democrazie, nella capacità di coniugare rappresentanza e governo delle complessità sociali e delle contraddizioni presenti nel nostro tempo .Dal bisogno di dare compimento ad una transizione di sistema ancora lontana dall’approdo, rafforzando la competizione bipolare,contrastando l’antipolitica,il populismo mediatico, il corporativismo sociale e territoriale. Vogliamo realizzare un progetto capace di contribuire ad una società più aperta, più libera, più giusta, in grado dipromuovere la mobilità sociale, il ricambio generazionale, la piena partecipazione e valorizzazione delle donne e del talento femminile,l’inserimento dei nuovi arrivati. Di accrescere gli spazi di libertà per vincere tutte le forme di privilegio, di discriminazione, di ingiustizia, di illegalità e di arbitrio.

Un progetto per il paese che veda nel PD il soggetto trainante per la modernizzazione italiana, la costruzione di una coesione sociale ancorata all’innovazione profonda dei poteri pubblici, dei servizi pubblici, della regolazione economica, nella consapevolezza che a questa generazione politica spetti la responsabilità di restituire all’Italia, declinando una cultura contemporanea della libertà, un posto importante nella competizione e nella collaborazione internazionale.

Il progetto che intendiamo realizzare richiede un partito nuovo, vero, nazionale. Un partito di popolo, partecipato, trasparente. Un partito che prefiguri nella sua vita interna la democrazia che disegna per il Paese. Un partito strutturato su un solido ed efficiente impianto federale. Un partito nel cui profilo progettuale e programmatico sia riconoscibile ed evidente il moderno riformismo di cui siamo portatori: innovazione, solidarietà, sussidarietà dovranno camminare insieme.

Dovremo promuovere un nuovo welfare capace di rispondere alle grandi trasformazioni sociali e demografiche:invecchiamento della popolazione,crisi della natalità,precarietà dellavoro,immigrazione.

In questa prospettiva, cruciale è la capacità di assicurare un rigoglioso e vitale pluralismo culturale al futuro partito, nel quale si confronteranno e concorreranno le migliori tradizioni del cattolicesimo democratico e popolare, della liberaldemocrazia, delle ispirazioni socialista, laico-riformista, ambientalista.

Anche ispirandosi all’esperienza della Margherita, il partito nuovo non potrà che essere un partito unitario, in cui si realizzi la convergenza e convivenza di persone con origini,

Nella costruzione del partito nuovo, in particolare,

• intendiamo promuovere la cultura dell’autonomia tra politica, corpi intermedi, rappresentanze sociali e poteri economici.

• intendiamo affermare – come è scritto nella Carta degli Intenti fondativi della Margherita

– la fiducia nella scienza e il sostegno alla libertà della ricerca, coniugate con il dovere di affinare il discernimento etico e di elevare la soglia della stessa vigilanza politica, consci che, soprattutto con riferimento all’inizio e al termine della vita umana, “non tutto ciò che è tecnicamente possibile è eticamente lecito”.

• intendiamo affermare il valore della laicità non già come indifferenza alle esperienze religiose, ma come distinzione di responsabilità tra convinzioni religiose e compiti delle istituzioni. Laicità che nella vita interna del PD esige rispetto, conoscenza reciproca, comune impegno a interpretare le differenze culturali, ideologiche e religiose non già come un problema ma come una risorsa.

• intendiamo contribuire al rinnovamento della politica e all’allargamento della democrazia, anche attraverso una sostanziale riforma della legge elettorale, restituendo potere decisionale ai cittadini e contrastando la frammentazione dei partiti.

• intendiamo riaffermare la vocazione riformista e la missione europeista come fattore identitario del partito nuovo anche riguardo al sistema di rapporti internazionali. In questo senso siamo impegnati a promuovere una vasta alleanza internazionale delle forze di centrosinistra,capace di rinnovare profondamente la configurazione esistente.La strada che noi scegliamo non è la confluenza nel PSE ma la costruzione,con il PSE e con tutte le forze democratiche e di progresso presenti in Europa,di una grande rete dei riformisti impegnata prima di tutto a sostenere il processo di integrazione politica.Una rete di solide relazioni internazionali che sappia allargare la collaborazione e le iniziative comuni innanzitutto con i Democratici americani e quelle maggiori formazioni democratiche che già da tempo lavorano per risposte innovative, partecipative, eque e sostenibili, per la pace, la sicurezza e la promozione dei diritti umani.

• intendiamo allearci con quanti rispondono alle sfide della globalizzazione costruendo soluzioni che vanno oltre le classificazioni e le categorie che hanno marcato il XX Secolo.

Siamo consapevoli della stretta connessione tra il processo di costruzione del Partito Democratico e la riuscita del governo Prodi. Ci impegniamo nel più forte sostegno al Governo e nella qualificazione della sua azione riformatrice, consapevoli che il suo compito è decisivo per il ritorno allo sviluppo del Paese, la ricostruzione della civiltà della vita istituzionale, il recupero di un rapporto di fiducia tra istituzioni e cittadini. In questa fase delicata di transizione dovremo allontanare il rischio di un rallentamento della vita associativa della Margherita:sarà invece fondamentale dare valore e garanzia alla partecipazione più assidua e motivata di quei militanti che costituiscono l’ossatura organizzativa e di riflessione programmatica del partito.

percorsi politici e culturali fra di loro anche molto diversi all’interno di un comune progettopolitico. 

Tutto ciò premesso, il Congresso di Democrazia è libertà –la Margherita:

• stabilisce come obiettivo fondamentale la partecipazione al processo di fondazione del Partito Democratico.

• individua come condizione per la nascita del PD l’apporto coerente e qualificante dellaMargherita e come condizione perché ciò avvenga l’unità del Partito.

• stabilisce che le deliberazioni finalizzate al tracciato indicato al termine del seminario del 6-7 ottobre 2006 di Orvieto siano adottate in intesa e con un processo parallelo con i Democratici di Sinistra: elezione del Presidente e dell’Assemblea costituente, da tenersi tra la fine del 2007 e l’inizio del 2008; avvio di un dibattito approfondito da sviluppare attraverso una rivista periodica, da diffondere anche via internet; promozione di attività formative comuni; costituzione di gruppi consiliari unitari dell’Ulivo, a cominciare dalle Regioni; presenza delle liste dell’Ulivo nelle elezioni amministrative con l’obiettivo di farne il punto di forza delle coalizioni del centrosinistra.

• concorda che il processo “affiancato” e di reciproca garanzia tra i due partiti, basato su una forte e crescente consonanza politica, è indispensabile per l’avvio e l’insediamento del Partito Democratico, e che vanno create le condizioni perché al PD, al suo manifesto ideale, al suo programma per il Paese, alle regole della sua organizzazione possano aderire altri soggetti e movimenti che condividano contenuti e finalità del progetto, compresi cittadini non iscritti ad alcun partito.

• riafferma il valore del ricorso ad elezioni primarie per le cariche monocratiche amministrative e di governo, da inserire in un processo di vasta partecipazione e responsabilizzazione democratica.

La Margherita concorda sulla necessità che tutte le aree e le sensibilità politiche che hanno fondato e che si riconoscono nel nostro partito concorrano unitariamente allo svolgimento e alle deliberazioni dei Congressi territoriali, locali e regionali, e al Congresso Federale. A tal fine è stata insediata su mandato della Direzione una commissione di garanzia, incaricata anche di assecondare e guidare le intese necessarie.

La presente mozione costituisce un contributo unitario alla riflessione e alla partecipazione più larga del Partito; potranno collegarsi le liste elettorali che ad essa si richiameranno nei congressi territoriali, con i loro specifici e coerenti contributi.

Primo firmatario

Francesco Rutelli

 
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AL  SEMINARIO PRIME VALUTAZIONI SULLE MOZIONI CONGRESSUALI

Post n°477 pubblicato il 25 Novembre 2006 da fra.gas
 
Foto di fra.gas

immagineimmagine

immagine Nomina dei componenti della Commissione di Garanzia Congressuale, prevista dal Regolamento... 20-11-2006

immagineIl Presidente Federale Francesco Rutelli, su mandato della Direzione Federale, ha nominato i componenti della Commissione di Garanzia Congressuale, prevista dal Regolamento.
La Commissione è così composta: Natale D’Amico, Antonello Giacomelli, Nicodemo Oliverio, Rino Piscitello, Italo Tanoni.

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immagine Negli interventi, maggiori perplessità sono emerse verso la 2^ MOZIONE giudicata in molti interventi troppo frettolosa verso un prematuro scioglimento di Margherita e DS e poco rispettosa delle reciproche identità! In altri verticistica e preconizzatrice di una gestione oligarchica del futuribile Partito Democratico, poco radicato sul territorio e molto sbilanciato su individualità legate al passato, più che proiettate verso il futuro! 

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immagine  Ulivisti per il Partito democratico immagine

PREMESSA. LA MARGHERITA PER L’ULIVO

La Margherita che nei suoi atti costitutivi è finalizzata e qualificata dal suo riferimento all’Ulivo, è stata pensata sin dalla sua fondazione come laboratorio e anticipazione del Partito Democratico; chiederle di mettersi alla testa del processo costituente significa chiederle di corrispondere alla sua vocazione originaria e alla sua missione statutaria. L’impegno a inverare e a dare svolgimento al progetto dell’Ulivo significa quindi domandarle coerenza con sé stessa.

Nel processo costituente del Partito Democratico sono essenziali il contributo e il protagonismo di una Margherita così.

1. UN GRANDE PROGETTO

1.1 UNA SOCIETA' PIU' APERTA E PIU' LIBERA

In troppi campi l'Italia è una società chiusa. Chiusa alla mobilità sociale, al ricambio generazionale, alla partecipazione femminile, all'inserimento dei nuovi arrivati.

L’arco delle scelte che si offre a ciascuno è troppo limitato e condizionato: dal proprio genere, dal reddito e dal grado di istruzione dei propri genitori, dal luogo ove si è nati, da amicizie e conoscenze. Anche il sistema politico, e al suo interno l’organizzazione dei partiti, lungi dal correggere queste tendenze della società attraverso l’anticipazione di una società diversa; si costituisce invece come un sistema di rendite, spesso difese da pratiche consolidate connotate dal privilegio e dalla illegalità.

Abbiamo bisogno di un'Italia nella quale ciascuno sia più libero di realizzare il proprio progetto di vita.

Abbiamo bisogno di aprire la nostra società; dobbiamo rendere più contendibili tutte le posizioni di comando, a partire dalla politica.

Una società più aperta, più libera è possibile: più giusta, perchè offre più opportunità a ciascuno; ma anche più efficiente, quindi in prospettiva più ricca, perchè il ruolo svolto da ciascuno è scelto sulla base del merito.

1.2 UNA SOCIETA' BASATA SULLA REGOLA DELLA LEGGE

In Italia, nella società e nella politica, sono troppo diffuse le aree di illegalità e di arbitrio.

Anzitutto nelle regioni e nelle aree ove la criminalità organizzata rende impossibile ogni sviluppo moderno e ove antiche abitudini di estraneità rispetto allo Stato sostituiscono al diritto il regime dei favori.

Ma anche altrove, ovunque i doveri civili siano vissuti come sopruso.

Abbiamo bisogno di un'Italia in cui venga ristabilito, forse stabilito, il rispetto della regola della legge; in cui i comportamenti illegali siano perseguiti e colpiti da sanzioni certe e prevedibili.

Un'Italia più rispettosa della regola della legge è possibile: un’Italia più giusta, che non premia i furbi ma i meritevoli; un’Italia più ricca, dove il confronto e la competizione tra le persone le idee e le merci funziona nel quadro di regole certe e rispettate.

1.3 UNA SOCIETA' PIU’ GIUSTA

Modernizzare l’Italia, liberarne le energie concorre a fare un’Italia più giusta. Vale tuttavia anche il reciproco. Un’azione tesa a ridurre le diseguaglianze e la povertà è condizione perché l’Italia riprenda a crescere. La coesione sociale non è solo un valore in sé, ma è anche fattore di sviluppo. In particolare, si tratta di combattere la disoccupazione, di offrire nuove opportunità di lavoro, di estendere i confini della popolazione attiva, soprattutto ai giovani, alle donne, alla gente del Sud.

Per costruire il futuro non ci è consentito di disperdere energie vitali, o rassegnarci al loro congelamento.

Esse vanno messe in circolo, con azioni di sostegno e stimolando la creatività e l’iniziativa di ciascuno. Un nuovo welfare è possibile, ed è necessario.

2. UN GRANDE SOGGETTO PER UN GRANDE PROGETTO

2.1 UN PARTITO NAZIONALE, A VOCAZIONE MAGGIORITARIA

Affermare la sovranità della legge, aprire la società italiana e renderla più libera e più giusta costituisce un grande progetto politico. Da più di dieci anni ormai questo, che è contemporaneamente un progetto e un processo di cambiamento del Paese, porta il nome di Ulivo. Esso ha ampiamente dimostrato di essere in grado di promuovere soluzioni di governo capaci di affrontare e vincere sfide difficili; di saper mobilitare le enormi energie necessarie per realizzare una profonda trasformazione dell’Italia. Ma questi anni hanno anche mostrato che un grande progetto politico richiede un grande soggetto, un soggetto collettivo capace di attraversare le legislature guidato da un progetto di governo, un Partito: un partito a vocazione maggioritaria, un “partito nazionale”.

Per portare finalmente a termine la transizione italiana verso una compiuta democrazia governante dell'alternanza, la sfida del momento è la costruzione di un partito adeguato alla competizione bipolare.

In questa prospettiva il superamento della scellerata riforma elettorale della Casa delle Libertà si propone come una priorità assoluta.

In adempimento all’impegno assunto difronte agli elettori, l’abrogazione della legge elettorale che toglie poteri ai cittadini e incoraggia la frammentazione è prima che un dovere un obbligo. In questa prospettiva i referendum elettorali già depositati in Cassazione vanno considerati come strumenti utili, se non addirittura indispensabili.

Alla Riforma della legge elettorale va associata poi un’iniziativa che, come avviene in tutte le grandi democrazie, affidi agli elettori la scelta diretta del titolare delle funzioni di indirizzo politico.

2.2 UN PARTITO VERO

La scelta di inverare il progetto dell'Ulivo in un partito non è una scelta scontata.

Essa si fonda sulla convinzione che una democrazia senza partiti, una democrazia ridotta al solo momento elettorale, una democrazia intermittente, è una democrazia più povera una democrazia più fragile. La stessa necessità di affidare agli elettori la sceta del titolare della guida del governo, in assenza di una infrastruttura partitica, rischia di incoraggiare il populismo e il cesarismo.

I partiti necessari a questo fine sono chiamati perciò ad essere partiti veri.

Il Partito Democratico che vogliamo deve essere perciò un partito “vero”, che riesce a riprodurre la migliore tradizione partecipativa dei partiti originari evitando l’eredità che essi ci hanno trasmesso nel momento della loro degenerazione e dissoluzione. Un partito, cioè, capace di produrre le decisioni e la coesione indispensabili a candidarsi credibilmente e ad esercitare efficacemente la funzione di governo; altrettanto capace di pensare e di praticare i tempi lunghi della politica e di dare corpo al senso della durata, consapevole della necessità, della possibilità di dare un futuro migliore all’Italia.

Un partito capace di sostenere il proprio leader, così come è necessario in una democrazia governante, con forza e con lealtà, anche per averlo scelto in modi autenticamente democratici, ma che non è il partito del leader; che anzi si propone di essere il partito dei propri elettori e dei propri partecipanti. Un partito capace di istituire una relazione autentica con i cittadini e le loro molteplici esperienze e pratiche associative, aperto all'esercizio della cittadinanza attiva.

Solo a queste condizioni il Partito Democratico potrà costituire quel nuovo inizio che giustifichi ed imponga il superamento dei partiti che hanno promosso la sua nascita.

2.3 UN PARTITO NUOVO

Ma il Partito Democratico deve essere un partito nuovo.

Non un nuovo partito, cioè un partito in più rispetto a quelli esistenti.

Semmai dovrà portare con sè qualche partito in meno rispetto al passato.

E nuovo perchè non più basato su discriminanti ideologiche del passato, vissute dagli stessi protagonisti come antropologiche.

Dunque, partito di progetto e di programma.

Non partito di tessere, ma partito di partecipanti. Non partito di classe, tanto meno partito di una classe che si dipinge come classe generale, ma partito nazionale di popolo.

Ciò ha alcune conseguenze.

Anzitutto il leader e il gruppo dirigente devono essere scelti sulla base di una elezione che coinvolga il più ampio numero di cittadini possibile, potenzialmente tutti gli elettori del partito. Questa è la vera garanzia di contendibilità della leadership, e allo stesso tempo la vera garanzia di accountability: una garanzia che prefigura nella vita interna di partito la democrazia che disegna per il Paese.

Inoltre il nuovo partito non dovrà teorizzare, e tantomeno praticare, alcun collateralismo. Suo interlocutore è l'intera società nazionale, ivi comprese le infinite e intrecciate aggregazioni di interessi e sensibilità che la attraversano. Anche perchè un partito che si pensa a vocazione maggioritaria, che si concepisce come partito di governo sia quando è in maggioranza sia quando è all'opposizione, non può praticare alcun collateralismo senza portare nel Governo inaccettabili favoritismi.

I tempi del progetto non sono procastinabili; ogni giorno che passa un'Italia chiusa all'innovazione perde quota sui mercati internazionali; un'Italia chiusa alla partecipazione femminile e al ricambio generazionale spreca risorse insostituibili; nella velocissima riorganizzazione dell'economia mondiale in corso, nel riorientamento di produzione e commerci, perdiamo tempo prezioso.

Quindi se guardiamo al progetto il tempo giusto è subito.

In ogni caso le scadenze della politica ci obbligano a tempi serrati. Nella primavera del 2009, con le elezioni europee, prenderà avvio la lunga stagione elettorale che ci condurrà alle consultazioni politiche generali del 2011.

Non è pensabile partire in quella stagione con simboli e soggetti diversi da quelli con i quali si pensa di arrivare all’appuntamento decisivo. Nè è pensabile deludere le attese da noi stessi alimentate tra gli elettori sottoponendo al loro voto partiti che definiamo ormai da tempo a scadenza.

Le elezioni europee del 2009 rappresentano perciò un appuntamento definitivo. Per allora ci vorrà una leadership, degli organi, una organizzazione. La presenza dell’Ulivo sulla scheda elettorale delle elezioni europee del 2009 dovrà avere alle sue spalle un soggetto politico compiutamente costituito per non correre il rischio di presentarsi come mero cartello elettorale. A ben vedere dunque, entro la fine del 2007, al più tardi entro l'inizio del 2008, occorrerà consumare gli atti fondativi del nuovo partito e in connessione con questo definire la sospensione dei partiti promotori, e indire una grande consultazione nella quale sia consentito ai cittadini che condividono i documenti fondativi e il programma del partito di aderire partecipando alla scelta del leader e della dirigenza.

Anche ispirandosi all’esperienza della Margherita il partito nuovo non potrà che essere un partito unitario, superando la tentazione della forma federativa tra soggetti promotori.

Nello stesso modo deve essere trasferito al nuovo partito quello che è stato il progetto, anche se non altrettanto la pratica, della Margherita. La convergenza e convivenza di persone con origini, percorsi politici e culturali fra di loro anche molto diversi all’interno di un comune progetto politico.

Perché questo incontro possa essere produttivo di sintesi capaci di tradursi in cultura e azione di governo, è necessario un lavoro di elaborazione intellettuale che contrasti la leggerezza e la superficialità che caratterizzano spesso il pensiero politico dei nostri giorni. Una ricerca che definisca quel patrimonio di valori penultimi - distinti dai valori ultimi affidati alla coscienza di ciascuno - sui quali fondare un programma e un progetto comune.

Nella situazione italiana, con le peculiarità della sua storia e dei suoi percorsi politici, un ruolo del tutto speciale è rappresentato dalla laicità delle istituzioni pubbliche. La laicità deve essere dunque un valore distintivo del Partito democratico. Laicità non già come indifferenza alle esperienze religiose, ma come cura per la distinzione di compiti e responsabilità fra comunità religiose e istituzioni politiche. Laicità come visione dello Stato inteso quale casa comune che riconosce e garantisce il pluralismo culturale e religioso che contraddistingue la società italiana.

Laicità che, con riguardo alla vita interna del Partito Democratico, esige rispetto, conoscenza reciproca, comune impegno a interpretare le differenze culturali, ideologiche e religiose non già come un problema ma come una risorsa, così da propiziare un fecondo confronto mirato a sintesi culturali, politiche eprogrammatiche nelle quali tutti si possano riconoscere.

L’opposto della separatezza o del conflitto fra visioni chiuse e totalizzanti. L’opposto della regressiva tentazione di qualificarsi in sede politica sulla base di un’identità religiosa.

La Margherita è stata il partito nel quale con maggiore coerenza, senza tentennamento alcuno, con sostanziale unanimità interna, sono stati affermati i valori del moderno federalismo europeista. Quei valori dovranno stare alla base del nascente Partito Democratico; da qui bisognerà partire per definire il suo sistema di alleanze internazionali. Riformismo ed europeismo sono le due bussole del partito nuovo.

Poiché il Partito Democratico nasce per costituire il soggetto dell’alternativa di centrosinistra in Italia, l’altro faro nella costruzione del suo sistema di alleanze dovrà essere rappresentato dal legame con coloro che, nei rispettivi paesi, svolgono la medesima funzione.

Lungo questa strada, orientato da quest’ultimo faro, il Partito democratico incontrerà certamente il Partito Socialista Europeo. Ma la qualità e l’intensità del rapporto che sarà possibile stabilire dipenderanno da quanto il PSE sarà in grado di condividere con noi il primo valore, quello europeista. E non potrà prescindere dal riconoscimento del fatto che il Partito Democratico non sarà un nuovo partito socialista, bensì un nuovo partito delle grandi tradizioni democratiche e riformatrici europee. Il partito nel quale dovrà saldarsi la frattura avvenuta nel riformismo europeo, a cavallo fra ‘800 e ‘900, fra liberalismo e socialismo; il partito nel quale dovranno trovare la loro casa, e non certo solo ospitalità, i cattolici liberali e democratici.

La modalità di scelta del rapporto con i partiti di centrosinistra degli altri paesi non potrà che essere definita come una scelta nuova del partito nuovo. Essa non potrà perciò muovere da alcuna inclusione o esclusione pregiudiziale.

3. UN PARTITO DEMOCRATICO CHE INVERI E SVILUPPI L’ULIVO

Gli italiani, e segnatamente gli elettori del centrosinistra, hanno imparato a conoscere l’Ulivo. Esso evoca i valori dell’unità, della novità, dell’apertura, del buon governo. Il Partito Democratico deve rappresentare un passo avanti, non un passo indietro rispetto all’Ulivo; un suo inveramento e un suo sviluppo, non la sua involuzione. Non possiamo permetterci di dissipare il patrimonio di valori e di consenso dell’Ulivo per consegnarlo a una “cosa” che tradisca i valori e la funzione che esso ha svolto fin dalla sua nascita.

Nel solco dell’Ulivo il Partito Democratico deve coinvolgere come protagonisti tutti i cittadini senza esclusione alcuna, così come deve aprirsi nella sua fase costituente a quei soggetti politici che, pur non non avendo finora ad essa preso parte, dovessero maturare nel tempo un interesse e una disponibilità.

Un Partito Democratico che inveri, stabilizzi e sviluppi l’esperienza dell’Ulivo, non una struttura quale che sia, che nel momento elettorale si copra col suo simbolo. Quello che non possiamo permetterci è che il simbolo dell’Ulivo possa essere trasferito in una vicenda che non ne incarnasse la sostanza, i valori, il progetto politico.

Il partito Democratico che l’Italia attende, il Partito Democratico che possa aspirare ad esser quel soggetto a vocazione maggioritaria che porta il Paese fuori della transizione e dentro il mondo, deve essere all’altezza del sogno e della speranza dai quali negli anni novanta è nato l’Ulivo.

DELIBERAZIONI CONCLUSIVE

Il Congresso dunque impegna la Margherita Democrazie è Libertà:

- a riconoscere il valore dell’aperta manifestazione delle distinte posizioni politiche presenti all’interno dei partiti promotori. Essa è condizione che favorisce anche un positivo confronto trasversale tra i militanti dei diversi partiti e la costituzione del tessuto unitario del futuro Partito Democratico.

Esattamente l’opposto di un confronto politico ingessato tra i partiti che si rapportano nella loro separatezza e che porrebbe le premesse di una inaccettabile soluzione federativa e bipartitica.

- ad avviare senza alcun indugio la costituzione del Partito democratico, partito aperto nel quale trovi realizzazione il progetto dell’Ulivo, partito nuovo che scongiuri la deriva leaderista di una democrazia senza partiti;

- a mettere in essere nell’immediato comportamenti che evitino il ripetersi delle pratiche degerative delle quali i militanti della Margherita e lo stesso partito sono stati vittime, al fine di evitare che il sistema politico si costituisca come un sistema di rendite, connotato dal privilegio e dalla illegalità;

- a fissare la data, entro il 2008, in cui tenere la grande consultazione democratica nella quale chiunque condivida statuto e carta dei valori del partito nuovo sarà chiamato ad eleggere leader e dirigenza, secondo il principio di “una testa, un voto”;

- a fissare, per la stessa data, la cessazione dell’attività politica della Margherita DL;

- a sostenere i referendum elettorali già presentati in Cassazione, in vista di una riforma della legge elettorale che rafforzi il bipolarismo, restituisca potere di scelta agli elettori, riduca la frammentazione;

- a perseguire l’affidamento agli elettori della scelta del titolare dell’indirizzo politico nazionale, così come già avviene ai livelli di governo locali e regionali.

Primo firmatario

Arturo Parisi immagine


 
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Mussi è morto! W il Partito Democratico!

Post n°476 pubblicato il 25 Novembre 2006 da fra.gas
 
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immagine  Via libera definitivo del Senato al Dl fiscale senza voto di fiducia. Il decreto fiscale collegato alla Finanziaria, alla quale contribuisce con misure per 6,7 miliardi di euro, è stato approvato con 162 sì e 155 no. L’Unione ha respinto tutte le proposte di modifica della Casa delle libertà e approvato il provvedimento, senza modifiche e senza ricorso al voto di fiducia. Finocchiaro (Ds): “E’ la vittoria più importante dall’inizio della legislatura”.
IL FOGLIO[.it]
Piero Fassino AnsaA quanti hanno letto lo slittamento del prossimo consiglio nazionale dei Ds come un segno di difficoltà nel cammino verso il partito democratico, immagine   Fassino: nessuna incertezza sul Pd.       Mussi: è già morto
Fabio Mussi AnsaNessuno stop, nessuna incertezza. Piero Fassino risponde così ai tanti che hanno letto lo slittamento del prossimo consiglio nazionale dei Ds come un segno di difficoltà nel cammino verso il partito democratico. Spiega che la segreteria della Quercia, rinviando la riunione che dovrebbe fissare la data del prossimo congresso da lunedì prossimo al 18 dicembre, ha preso una decisione che ha solo «una valenza tecnica. Anche perché in due settimane i problemi politici restano gli stessi».

Fassino non vuole sentir neanche parlare di uno slittamento del congresso, già annunciato per la prossima primavera. E respinge in modo netto le critiche di chi, anche nella maggioranza del suo partito, mette in luce la fatica e l´incertezza di questa fase, i troppi ostacoli e lo scarso entusiasmo sulla strada che porta alla nascita del nuovo soggetto politico riformista. Per il segretario della Quercia non è proprio vero «che si sia fermi, che si aspetti non si sa che, che ci sia incertezza». Se così sembra è anche colpa di un «giornalismo intossicato da un quotidiano pettegolezzo di corridoio» No, «non c'è nessun incertezza, semplicemente fondare un partito non è semplice come friggere quattro uova, è un'operazione un po´ più complessa che richiede determinazione, tenacia, capacità di costruzione e pazienza, tutte doti – aggiunge con un pizzico di narcisismo - che, nonostante il mio brutto carattere, mi sforzo di avere».

E tuttavia Fassino non nega che per la nascita del nuovo partito serve un percorso più condiviso, non rinchiuso nel rapporto fra Ds e Margherita. Per questo rilancia «il confronto con lo Sdi, come aveva sottolineato nei giorni scorsi il dalemiano Latorre, ma anche con «altre forze politiche del centrosinistra come i repubblicani, i socialdemocratici, i socialisti di Craxi, i movimenti ambientalisti ed ecologisti». E poi non bisogna dimenticare «quell'associazionismo democratico che è stato in questi anni una componente fondamentale della vita civile e che non necessariamente si è rapportata ai partiti».

Più apertura, dunque. Una strategia che attira le critiche del leader della minoranza Fabio Mussi: «Prima li hanno fatti uscire dall'ulivo ad uno ad uno: Mastella, Di Petro, i socialisti una vera e propria una "sinfonia degli addii". Adesso fanno appelli per farli rientrare. Mi sembra che i Ds e i Dl siano "incartati", il progetto sta morendo prima ancora di nascere».

Lo scontro si sposta ora nella riunione dell´ufficio di presidenza fissata per giovedì. La minoranza cerca di forzare i tempi. «Chiederemo l'istituzione della commissione per le regole congressuali in modo che quando si fa il consiglio nazionale si può indire subito il congresso. È arrivata l'ora della verità», attacca Mussi, chiedendo anche un attento monitoraggio del tesseramento. «Non ho dubbi che costruiremo un regolamento congressuale condiviso – gli risponde il coordinatore della segreteria Maurizio Migliavacca - in primo luogo perché abbiamo già come riferimento uno statuto che è stato scritto insieme; in secondo luogo perché il tesseramento Ds, unico caso in Italia, si fonda su una anagrafe degli iscritti che garantisce il massimo di trasparenza possibile».


Pubblicato il: 22.11.06 L'Unità on line

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Senato, scarto di un voto 

FINANZIARIA AL SENATO DL  fiscale al voto: niente fiducia Seduta al cardiopalma per la 'guerra dei numeri'

In una riunione i capigruppo di maggioranza hanno deciso di andare avanti: comincia il voto sui singoli emendamenti. Lo scarto tra maggioranza e opposizione è in media tra i 4 e i 7 voti
I VERDI 'Manovra da svolta ambientale'


FINANZIARIA AL SENATO Roma, 22 novembre 2006 - «Per ora» potrebbe essere scongiurata la fiducia sul decreto fiscale collegato alla Finanziaria, all'esame dell'aula del Senato. Il capogruppo dell'Ulivo, Anna Finocchiaro (nella foto), lo ha annunciato al termine di una riunione tra maggioranza e governo che avrebbe accantonato l'ipotesi fiducia «in attesa di vedere cosa succede».

Si va avanti a votare, quindi, ma con una seduta che sin dall'inizio si è profilata al cardiopalma. Ai primi articoli, lo scarto tra maggioranza e opposizione è stata infatti in media tra i 4 e i 7 voti. Un emendamento della Cdl, primo firmatario Antonio Azzollini di Forza Italia, è stato poi respinto per appena un voto di differenza.

Comunque il primo articolo del decreto fiscale collegato alla finanziaria, è passato alla fine senza modifiche, mentre l'Aula è da poco passata ad esaminare gli emendamenti all'articolo 2.
Nel 'pathos' dei numeri non è mancato anche un piccolo imprevisto nell'Aula di palazzo Madama: la senatrice dell'Italia dei Valori Franca Rame ha votato a favore di un emendamento da parte delle opposizioni, ma si è trattato solo di un errore elettronico.
Il pulsante con cui ogni senatore esprime la sua preferenza ha fatto tilt e non c'era infatti alcuna volontà politica.Il capogruppo di An Altero Matteoli ha quindi preso la parola sollecitando il presidente del Senato Franco Marini a farsi garante del fatto che «tutti i senatori debbano votare liberamente, senza aggressioni se votano in modo difforme dalle indicazioni. Non vorrei che ci fosse un'intimidazione surretizia ai senatori....» con riferimento era appunto alla Rame e al suo voto a favore di un emendamento dell'opposizione.

Il voto finale sul provvedimento è previsto per le 14 di domani e fino ad allora si andrà comunque avanti. L'Aula ha infatti anche respinto la proposta, avanzata dal senatore 'azzurrò Maurizio Ferrara, di sospendere la votazione degli articoli del decreto legge fiscale collegato alla Finanziaria.

Intanto da Bruxelles il commissario Ue, Joaquin Almunia, sempre attento all'iter della Finanziaria e del suo collegato, ha riservato parole di conforto al Governo in una giornata che si profila tra le più difficili: «Ci sono paesi che anno dopo anno sono andati perdendo competitività»e tra questi l'Italia - ha dichiarato a margine della presentazione del Rapporto dell'economia Ue nel 2006 - «dove insieme a una perdita di competitività non si è prodotta una politica fiscale in grado di promuovere la crescita e solo ora si comincia a recuperare».

Grandi opere, anche la metropolitana nel futuro di Bologna

METRO'  Cofferati: 'Non ci sono i soldi promessi' Chiesto a Prodi incontro chiarificatore

Il sindaco ha spiegato che la mancanza dei 90 milioni di euro la si desume da una tabella pubblicata nel sito internet del Cipe. "Mancano quelli di Di Pietro", ha specificato

METRO' Bologna, 22 novembre 2006 - Mancano i 90 milioni promessi dal ministro Di Pietro per il metrò di Bologna. Lo si desume da una tabella pubblicata ieri all'interno del sito internet del Cipe, il comitato interministeriale per la programmazione economica, organo deputato a deliberare la spesa.

Lo ha detto il sindaco di Bologna Sergio Cofferati in una conferenza stampa convocata appositamente nel tardo pomeriggio. Il sindaco ha anche annunciato che domani scriverà insieme alla presidente della Provincia Beatrice Draghetti e al presidente della Regione Vasco Errani una lettera a Romano Prodi per avere "un incontro chiarificatore".

Nel testo del Cipe datato 30 ottobre (ma diffuso solo ieri) al centro della preoccupazione di Cofferati figurano come risorse disponibili per il metrò di Bologna, costo totale per l'opera 587 milioni, solo gli 86 milioni a carico del Comune, poco piu' di 3 milioni di euro per la progettazione, 8 milioni da parte di Rfi, 516 mila euro della Regione . Tra le risorse ancora da confermare ci sono invece i 90 milioni e 610 mila euro promessi dall'ex premier Silvio Berlusconi nel luglio 2005 e i 90 milioni e 15 mila euro assegnati genericamente dal testo ad "altri soggetti": corrispondono al 30% del totale dell'opera che spetterà ancora a Palazzo D'Accursio versare. Dunque, conclude Cofferati, "mancano quelli di Di Pietro", gli altri 90 milioni su cui il Comune contava per cominciare i lavori della prima tratta.

Quelli pubblicati dal Cipe sono perciò "dati difformi dagli impegni e dal testo presentato da Di Pietro alla Conferenza Stato-Regioni". "Abbiamo apprezzato l'impegno che era stato preso prima da Di Pietro poi più esplicitamente dal Presidente del Consiglio - spiega il sindaco - Rimane l'apprezzamento ma c'è questo salto tra quell'impegno annunciato e la composizione di questa tabella".

Da parte del sindaco c'è "una preoccupazione molto consistente" per la novità ma "nessun allarmismo", assicura Cofferati: pur senza alzare i toni sul Governo il sindaco chiede però che si faccia chiarezza in un nuovo incontro con il premier, dopo il blitz a Palazzo Chigi dei mesi scorsi. I 90 milioni promessi, "se non sono in questa tabella è utile sapere dove sono".

Il governo Berlusconi "aveva già innovato negativamente per quanto riguarda Bologna - ricorda il primo cittadino - non confermando le risorse sulla base del progetto preliminare, in questa tabella mancano gli altri 90 milioni". Un problema di rapporti con Roma? "E' un problema interno loro quello che salta agli occhi".

Prodi: "Ci sono i 90 milioni"
Cofferati: "Servonochiarimenti"
Raisi: "Sono fondi straordinari"

Il 'giallo' dei fondi per il metrò bolognese s'infittisce sempre di più. Per il Presidente del Consiglio i soldi ci sono. Ribatte il sindaco:"Qualcuno ci chiarisca la situazione". E il consigliere di An attacca: "Sono fondi fuori dal Cipe, tocca al Governo decidere di stanziarli"

METRO' Roma, 23 novembre 2006 - «Ho solo constatato che i 90 milioni che Berlusconi aveva annunciato di avere impegnato per la metropolitana di Bologna, molto semplicemente, non esistevano. Mentre i 90 milioni per i quali il nostro governo si era impegnato sono lì, a disposizione». Lo dichiara in una nota il Presidente del Consiglio Romano Prodi in relazione alle risorse destinate alla realizzazione del metrò di Bologna.

Il ministero rassicura Cofferati
'L'impegno sull'opera rimane'

Dopo la richiesta del sindaco di un incontro chiarificatore, giungono le conferme: 'L'opera è segnata sugli appunti con cui il governo andrà al prossimo Comitato interministeriale di programmazione economica. Parole tranquillizzanti anche dal ministro Bersani

Bologna, 25 novembre 2005 - Sulla metropolitana di Bologna "l'impegno rimane, ora vedremo di onorarlo al Cipe il 22 dicembre", quando e' in programma la prossima seduta del Comitato interministeriale di programmazione economica.

A rassicurare il Comune di Bologna (il sindaco Sergio Cofferati ha chiesto un incontro chiarificatore al Governo sui 180 milioni di euro promessi dall'esecutivo per il metro') e', a margine dell'assemblea nazionale dei pendolari in corso a Bologna, Bruno Placidi, capo di segreteria del ministro dei Trasporti Alessandro Bianchi. Placidi non entra nel merito delle cifre ma ribadisce: "L'opera e' segnata sugli appunti con cui andremo al Cipe".

Sempre a Bologna, in mattinata anche Pierluigi Bersani aveva lanciato messaggi tranquillizzanti: "Bologna sa di poter contare su una sponda sicura da parte del Governo", affermava il ministro allo Sviluppo economico.

 

FINANZIARIA A BOLOGNA Cofferati non presenta il bilancio
Polemica: 'Omissione d'atti d'ufficio'

A 24 ore dalla scelta di rimandare il bilancio a gennaio, fatta dalla giunta comunale, i civici de "La Tua Bologna" vanno all'attacco: 'E' una violazione deliberata di un obbligo di legge'

FINANZIARIA A BOLOGNA Bologna, 22 novembre 2006 - La scelta dell'esercizio provvisorio da parte del sindaco di Bologna Sergio Cofferati omissione d'atti d'ufficio. Per chi si è riempito la bocca con la legalità, è un atto di irresponsabilità nei confronti degli obblighi istituzionali". A 24 ore dalla scelta di rimandare il bilancio a gennaio, fatta dalla giunta comunale, i civici de "La Tua Bologna" alzano il tiro sul primo cittadino.

E' il coordinatore della lista di Giorgio Guazzaloca, Carlo Monaco, seguito a ruota dal deputato Udc Gian Luca Galletti, a bollare la decisione di Cofferati come una violazione deliberata di un obbligo di legge. "Ora c'è il coro dei minimizzatori, ma vorrei ricordare che redigere il bilancio al 31 dicembre è un obbligo di legge. L'esercizio provvisorio è una misura d'emergenza, un atto preliminare al commissariamento che arriva se si tarda due mesi" ad approvare il bilancio.

Dunque non qualcosa da annunciare deliberatamente mesi prima per chiedere correzioni alla Finanziaria o proroghe dei termini per la presentazione dei bilanci da parte dei Comuni. Quest'ultimo aspetto "è quasi un incitamento a violare la norma", secondo Monaco. "Capisco che qualcuno può avere imbarazzo se è meglio attaccare Prodi o Cofferati- ironizza rivolto a destra il civico- ma vorrei sottolineare la gravità di non procedere alla prima elaborazione di bilancio".

Si tratta, insiste Monaco, di "una strumentalizzazione politica che danneggia la citta'". Questa mattina, inoltre, su Radio Nettuno-E'Tv, anche Galletti, ex assessore al Bilancio con Guazzaloca, è tornato all'attacco sulla scelta della giunta, frutto secondo lui di "incapacità amministrativa" dell'attuale amministrazione: "A me- ha detto- non è mai passato neanche per la testa di portare il Comune di Bologna in esercizio provvisorio. Mi sarei dimesso immediatamente".

Secondo Galletti poi la "stangata" della Finanziaria sulle casse comunali non è di 26 milioni ma di 12 milioni, "il resto e' il buco che hanno creato loro non facendo azioni virtuose". Secondo il deputato Udc, quindi, "bisogna ridurre le spese e usare meglio le azioni che ci sono. Cofferati dica cosa ha fatto per portare un euro nelle casse comunali".

 
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RICORDO DI PHILIPPE NOIRET

Post n°475 pubblicato il 24 Novembre 2006 da fra.gas
 
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Philippe Noiret

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immagine    01 ottobre 1930  - 23 novembre 2006 

immagineimmagineimmagineBIOGRAFIAimmagineimmagineimmagineimmaginePhilippe Noiret nasce nel 1930 a Lille, Francia. Ancora giovanissimo, studia recitazione con Roger Blin, quindi entra al Theatre National Populaire (TNP) di Jean Vilar, dove reciterà per una decina d'anni, coltivando parallelamente il cabaret assieme a Jean-Pierre Darras. 

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Il suo esordio al cinema avviene nel 1956 in La pointe courte di Agnes Varda; trascorsi cinque anni, la sua figura comincia ad apparire con frequenza via via crescente sugli schermi del cinema francese, seppure ancora in ruoli secondari. Nel 1960 è lo zio di Zazie in Zazie nel metrò di L. Malle,immagine

immagine nel 1961 recita in Tutto l'oro del mondo di R. Clair, nel 1965 è in Parigi brucia di Renè Clement.immagine

 Nel 1969 è accanto aimmagine  immagineMichel Piccoli in Topaz (Alfred Hitchcock), ma la vera popolarità arriva negli anni 1970,immagine quando interpreta La grande abbuffata di immagineMarco Ferreri (1973), con il quale gira l'anno seguente Non toccare la donna bianca. Sempre nel 1974, sostiene con successo il ruolo drammatico offertogli da Bertrand Tavernier immagine in L'orologiaio di Saint-Paul, riconfermando le sue capacità interpretative l'anno successivo in Il giudice e l'assassino e Che la festa cominci, ancora di Tavernier.

immagineA partire dal 1975, quando recita in Amici miei di Mario Monicelli, la sua carriera si divide tra la Francia e l'Italia, dove nell'arco di tre lustri interpreterà diversi film d'autore, a partire dal Deserto dei tartari di V. Zurlini (1976) immagine per arrivare a Dimenticare Palermo di Francesco Rosi (1990),immagine passando per I tre fratelli di Rosi (1981), Speriamo che sia femmina di Mario Monicelli (1986), La famiglia di Ettore Scola (1987)immagine e immagineNuovo cinema Paradiso di Giuseppe Tornatore (1988).immagine

immagine In patria continua la collaborazione con Tavernier in Colpo di spugna (1981) in cui ricopre uno dei suoi ruoli pi interessanti ed elaborati - e La vita e nient'altro (1989), nonché la partecipazione a numerosi altri film, anche per la televisione. Memorabile è l'interpretazione immaginedi Pablo Neruda ne Il postino, immagine diretto da Michael Redford con Massimo Troisi, film candidato a cinque premi Oscar, campione d'incassi in America. Poi ancora in Italia: nel 1997 gira Marianna Ucria, tratto dal libro di Dacia Maraini,immagine

 immagine e "Soleil" al fianco di Sofia Loren.

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Ma la crisi del cinema è alle porte: a partire dal 1998, le proposte si fanno sempre più rare, negli ultimi sei anni girerà solo sette film. Siccome detesta lavorare in televisione, "e i ruoli di nonno sono sempre più rari oggidì", il vecchio leone si rifà tornando in teatro: L'homme du hasard, Les contemplations (da Victor Hugo), Love letters (2006) vengono accolti con grande favore.immagine

la Repubblica.it

immagine ATTORI
Addio Philippe Noiret
il cinema d'autore perde un grande
Aveva 76 anni, ed era malato da tempo. In mezzo secolo di carriera oltre 130 film , quasi tutti di grandi registi. In Francia come in Italia. Monicelli: "Un attore di qualità, di una razza in via d'estinzione"
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IL RICORDO DI ALTMAN

Post n°474 pubblicato il 22 Novembre 2006 da fra.gas
 
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LUTTO NEL CINEMA

Robert Altman

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.Clicca qui per ingrandire la fotoUn primo piano del regista

immagine Biografia

Figlio di un assicuratore, Altman ha frequentato l'accademia militare di Wentworth, prima di arruolarsi nel 1945 nell'aereonautica con la mansione di co-pilota.

Esordisce dietro la macchina da presa nei primi anni '50. Una larga parte della sua carriera, in particolare dagli esordi fino agli anni '60, è dedicata alla direzione di serie televisive. Sono suoi per esempio diversi episodi della serie western Bonanza. La fama internazionale la ottiene nel 1970 con M*A*S*H, grazie al quale si aggiudica la Palma d'Oro al Festival di CannesMASH 

 
immagine a cui fa seguito nel 1975 con Nashville un altro successo di pubblico.locandina del film NASHVILLE

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Sebbene la sua attività non abbia mai avuto periodi di interruzione dagli anni '90 in poi, già avanti negli anni, Altman ha conosciuto un nuovo periodo di notorietà che l'hanno visto dirigere pellicole di successo sia presso il pubblico che presso la critica, come I protagonisti, America Oggi (Leone d'Oro al Festival di Venezia) e Pret a porter.

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Il regista con Richard Gere a Venezia nel 2000

Come regista Altman preferisce storie che mostrano le relazioni esistenti tra diversi personaggi; ha dichiarato di essere più interessato nelle motivazioni dei personaggi piuttosto che alle trame intricate. Per questo motivo tende a disegnare solo un abbozzo per il film, riferendosi alla sceneggiatura come a una traccia per l'azione, e permettendo ai suoi attori di improvvisare nei dialoghi.

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Con la moglie, a Berlino nel febbraio 2006

Altman permette frequentemente ai personaggi di parlare contemporaneamente, in modo tale che risulta difficile capire cosa stanno dicendo. Nel commento presente sul DVD di I compari fa notare che lascia sovrapporsi i dialoghi, così come lascia alcune parti della trama alla deduzione del pubblico, perché vuole che questi presti attenzione. Similarmente cerca di far sì che i suoi film vengano giudicati "vietati ai minori", in modo da tenere i più giovani lontani dalle sale, poiché ritiene che non abbiano la pazienza richiesta dai suoi film. Tale tendenza porta talvolta al conflitto con le case di produzione, che invece vogliono che nel pubblico ci siano anche i minorenni.

Due suoi film, M*A*S*H e Nashville, sono stati selezionati per la conservazione dal National Film Registry degli Stati Uniti.

Il 21 marzo 2006 ha ricevuto l'Oscar alla carriera: in tale occasione rivelò di essere stato sottoposto, una decina d'anni prima, a trapianto di cuore. Il 20 novembre 2006, all'età di 81 anni, si spegne in un ospedale di Los Angeles.Filmografia

Riconoscimenti

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Il regista Robert Altman

immagine  Addio al genio
di Robert Altman

Il regista si è spento in un ospedale di Los Angeles. Aveva 81 anni. Lo scorso cinque marzo aveva ricevuto l'Oscar alla carriera. Fra i suoi film più famosi 'America Oggi', 'Nashville' e 'M.A.S.H.'

QuotidianoNet

LUTTO NEL CINEMA Los Angeles, 21 novembre 2006 -Hollywood ha perso la sua anima ironica e dissacratrice: Robert Altman è morto ieri in un ospedale di Los Angeles. Lo ha annunciato la società di produzione del regista statunitense, la Sandcastle 5 Productions. Aveva 81 anni.

Nato a Kansas City il 25 febbraio del 1925, in 55 anni di carriera Altman ha diretto 86 film e ed è statoa all'Oscar per sette volte, ma solo lo scorso 5 marzo aveva ricevuto la statuetta alla carriera.
La sua carriera è stata costellata da numerosi altri riconoscimenti: la Palma d'Oro (Cannes) nel 1970 per "M*A*S*H", l'Orso d'Oro (Berlino) nel 1976 per "Buffalo Bill e gli indiani", il Leone d'Oro (Venezia) nel 1993 per "America Oggi" e il Golden Globe come miglior regista nel 2002 per "Gosford Park".

LA STATUETTA D'ORO
''Non sono ancora morto e vi prometto ancora molti film'': aveva detto Robert Altman agli Oscar del 2006, ricevendo il premio alla carriera, ''Questo non e' il funerale della mia carriera'', aveva detto in quell'occasione il regista. Altman inizialmente non aveva voluto accettare l'Oscar, proprio per scaramanzia. Poi si era convinto a dir di si', pensando che la statuetta degli Academy Awards era un riconoscimento per le tante persone, attori e tecnici, che avevano lavorato con lui.
In quella occasione il regista aveva rivelato di avere in petto un cuore giovane: nessuno sapeva che Altman aveva ricevuto un trapianto di cuore undici anni fa, ne', ovviamente, che questo cuore era il cuore di un trentenne. ''Secondo i miei calcoli mi avete dato questo premio troppo presto. Penso di avere ancora 40 anni di attivita' davanti a me e intendo usarli tutti fino all'ultimo''.

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Altman a Beverly Hills nel 2002 per gli oscar



A inizio marzo 2006 Altman era ancora attivissimo: aveva appena messo in scena al famoso teatro Old Vic di Londra una nuova versione del dramma di Arthur Miller Resurection Blues con Maximilian Schell e aveva fatto sapere di esser pronto per il lancio di Radio America (Prarie Home Companion), il suo ultimo film.

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Altman riceve l'Orso d'Oro a Berlino nel 2002



UNA LUNGA CARRIERA
Figlio di un assicuratore, prima di diventare regista aveva frequentato l'accademia militare di Wentworth e si era arruolato nel 1945 nell'aereonautica come co-pilota. Aveva esordito dietro la macchina da presa nei primi anni Cinquanta.

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Il regista ritira l'oscar alla carriera



Aveva iniziato a scrivere per la radio e in seguito realizzato documentari e film industriali per la Calvin Company. Il primo film, "The Delinquents", lo aveva scritto, diretto e prodotto nel 1953.

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Il regista con Vittorio Gassman e Michéle Morgan a Venezia nel 1996
Dal 1957 al 1966 aveva lavorato per varie serie tv tra cui "Alfred Hitchcock Presents" e "Bonanza", ma spesso era stato allontanato dai set per la sua scarsa predisposizione a sottostare alle direttive della rete televisiva e alle sue pretese per inserire nei lavori contenuti politici e antimilitaristi. "M*A*S*H", oltre a fruttargli la Palma d'Oro a Cannes, gli era valso sei nomination all'Oscar. Nel 1975 ne aveva ottenute altre sei per "Nashville" (1975).
Dopo il flop del film-musical "Popeye" (1980), aveva deciso di vendere la Lion's Gate - la società di produzione da lui fondata malgrado i debiti di gioco - e di dedicarsi al teatro, formando la Sandcastle 5 Productions e dirigendo alcuni lavori teatrali.

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Il regista al lavoro

 
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