Creato da ledormeurduval il 12/05/2006

Le Dormeur Du Val

Sogni tra il Sonno e la Morte

 

 

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Solitudine

Post n°13 pubblicato il 14 Novembre 2006 da ledormeurduval
 
Foto di ledormeurduval

Qualche anno fa, forse era il 1991 complice la lettura di "Vita nei boschi" di Henri David Thoreau, ma soprattutto a causa dell'ennesima disputa con la consorte, trascorsi il mese di febbraio nella sperduta casera Laghetto, in alta Val dei Frassini. Volevo starmene in pace, a contatto con la natura e i miei pensieri. Caricai un sacco di viveri, vino escluso, e mi piazzai nell'accogliente ricovero. La prima notte portò inquietudine. Rimorsi, rimpianti, spingevano alla porta, accompagnati da remote tristezze. La candela dava vita a ombre che ballavano sulle pareti della stanza. Per tutto il mese, ogni notte, un topolino mi tenne compagnia rosicchiando qualcosa sotto le assi dell'impiantito. La stufa funzionava a meraviglia. Avevo tolto il cerchio centrale in modo che la fiamma potesse uscire fuori e tenermi compagnia. Durante il giorno facevo lunghe camminate favorito dal fatto che c'era pochissima neve. Avevo portato con me anche delle sgorbie e, quando non camminavo, scolpivo piccoli folletti, gnomi, spiriti dei boschi e animali che poi appendevo sulle pareti di legno della baita. Di notte, al bagliore della fiamma, quelle figurine prendevano vita e iniziavano a danzare lungo le assi. Un'aquila di pino mugo sembrava battere le ali. Durante la prima settimana il sonno non voleva saperne di arrivare. La testa si caricava di ansie fino al punto di farmi percepire gente nella stanza. Allora, per dissolvere quelle presenze inquietanti, uscivo nella notte e lanciavo grida come quando i pastori richiamano gli armenti. Dopo i primi quattro, cinque giorni difficili, sentii che stavo riappropriandomi dei ritmi naturali che l'uomo ha dentro di sé sin dai tempi della creazione. I giorni iniziarono a trascorrere veloci, l'ansia era scomparsa, di notte dormivo quasi tranquillo. Non prima di aver chiacchierato con i folletti di legno appesi alle pareti. Ogni tanto, soprattutto la Domenica, appariva qualche turista che faceva domande. Allora me ne andavo verso la cima Laste. Vennero a trovarmi anche degli amici, preoccupati per la mia salute che, invece, era ottima. Tra questi una psicologa, a quei tempi praticante. Le raccontai che parlavo con gli spiriti dei boschi. Dopo aver sgranato gli occhi, la dottoressa tentò in tutti i modi di annientare i miei folletti. Chi non è capace di sognare cerca di impedirlo anche agli altri. Poi, con una serie di domande mirate, si mise a cercare nella mia infanzia i motivi che mi avevano spinto a ritirarmi in una baita. Mi stava annoiando. Voleva riportarmi a valle. Allora, con molta dolcezza, le dissi che aveva ragione, che sicuramente avevo delle tare, ma mi piaceva stare a Casera Laghetto e ci sarei rimasto. Poi, gentilmente, la invitai ad andarsene e la questione fu liquidata per sempre. Quel mese da solo fu una bella esperienza. Vissi a contatto con gli elementi, libero come un camoscio. Di giorno giocavo con la natura, di notte ascoltavo gli esseri misteriosi che la popolano. Verso i primi di marzo, a malincuore tornai a casa. Il dovere imponeva la mia presenza. Ma sarei rimasto volentieri lassù. In seguito, dei folletti scolpiti in quel periodo non trovai più traccia. I passanti li avevano trasferiti nelle loro case, con l'illusione di imprigionare gli spiriti dei boschi. Ma hanno collezionato soltanto un pezzetto di legno. I folletti non vivono nelle case degli uomini, stanno bene nei boschi, tra le rocce, nelle vecchie baite, nelle radure. Ed è lì che bisogna cercarli.

Mauro Corona

 
 
 
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