Creato da liberemanuele il 26/01/2009

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La "difficoltà" di essere italiano.

Post n°29 pubblicato il 27 Aprile 2009 da liberemanuele
 

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Pur essendo italiano, ho sempre pensato che la mia individualità non dovesse essere ridotta ad alcun insieme, tanto meno alla nazionalità.  Non sento l'appartenenza ad una bandiera, né nutro alcun sentimento, che sia patrio o istituzionale, che sconfini la mia razionalità. Il tricolore, a cui non nego il rispetto dovuto, non mi fa tremare il cuore, né mi inorgoglisce di alcun valore proprio della retorica nazionale.

"Patria, famiglia e Iddio", o la triade libertà, eguaglianza e solidarietà, cuore valoriale della nostra Costituzione, non mi scaldano il cuore, né sono disposto a riconoscerli - nell' accezione costituzionale - come caratteri del mio essere [italiano].

La storia, quella più recente, che possiamo definire "contemporanea", non mi ha dato molto di cui andare fiero, a parte che nel "Risorgimento" - che per lo meno ad un occhiata superficiale, è l'unico periodo decoroso, fatto di grandi statisti e personaggi: da Cavour (il mio statista "italiano" preferito), a Garibaldi, finendo con Vittorio Emanuele II; anche se approfondendo, non è privo delle sue ombre.

La nostra "Costituzione" è l'insieme di norme che ha dato vita ad un moderno Leviatano in cui l'individuo, la sua iniziativa, la sua proprietà sono sacrificati in nome della collettività.

La nostra Repubblica non si fonda sul diritto dell'uomo, sulla libertà, né uguaglianza; insomma non su quei principi che l'umanesimo ha riconosciuto come propri della società aperta, ma sul lavoro.

Dove anche riconosce i diritti dell'uomo, definisce però che esso deve far fronte al "l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale". Il lavoro deve essere inquadrato nel "dovere di svolgere [...] un'attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società"

L'articolo 33 prescrive che l'esercizio professionale è autorizzato solo dopo esame statale; l'articolo 41 sancisce invece che l'iniziativa privata "non può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale"; la proprietà privata è riconosciuta e garantita dalla legge (badate bene: è riconosciuta, è un fatto, non un diritto; lo Stato può sempre violarla in nome dell'utilità sociale)  che ne "determina i limiti allo scopo di assicurarne la funzione sociale".

Il virus che sta alla base è il metabolizzato e diffuso giacobinismo: "I rivoluzionari del 1789 hanno commesso l'errore di credere che le libertà dei governati sarebbero state meglio garantite aumentando il potere dei governanti attraverso la cessione di gran parte dei diritti individuali al titolare del monopolio della forza legittima, lo Stato". Piero Ostellino 

Il Fascismo è stato un movimento giacobino; i partigiani sono stato una forza giacobina; la Costituzione è il precipitato.

L'unico liberale che ha avuto una qualche rilevanza in Italia, Benedetto Croce, professava un liberalismo completamente compromesso con l'hegelismo: "la libertà" è una categoria dello spirito; "le libertà" pratiche sono una mera categoria della realtà, nemmeno troppo essenziali. Per Croce lo Stato è le sue istituzioni sono la sede dei valori etico-politici, che trascendono l'individuo, e che realizzano la libertà.

Non amo il mio paese; amo le campagne umbre, i bellissimi paesaggi che si scorgono passando per le autostrade d'Italia, i paesini, le città, le bellissime persone che si incontrano. Ma non amo gli italiani e non credo sia così semplice parlarne; per me non esistono gli insiemi: le generazioni, le razze, i meridionali o i settentrionali. L'uguaglianza è il dato di fatto che avvalora, rende irriducibile e libero l'individuo. La presenza di alcune regolarità non ci deve indurre nella tentazione di sentirci parte di qualcosa, di migliore o peggiore. Siamo unici, con la responsabilità che ne consegue:  che è grande, immensa.

Ciò che spesso si associa all'idea di italiano non lo onora, a volte è l'alibi per lo stesso italiano per non migliorare, per non pretendere i suoi diritti e quindi accettare lo stato delle cose così com'è.

La letteratura montanelliana è piena di tirate di orecchia agli italiani, che mal celava un profondo amore, un romanticismo amaro e sofferto, di un sogno perduto. Ignorava o quasi le cause strutturali e istituzionali, ed è così nato il fenomeno dell'anti-italiano: colui che è convinto che lo Stato non vada bene perché guidato da disonesti e incapaci, che non si occupano del famigerato "interesse generale". Non si indica il "nesso causale": il rapporto tra causa (cultura e natura dello Stato) e conseguenza (sprechi, inefficienze e privilegi).

La mia invece è la presa di coscienza di un paese - di cui per fortuna o purtroppo faccio parte - che non ama la libertà.

" .... 'Stato canaglia' che attraverso i rappresentanti del popolo al governo, quale ne sia il colore, utilizza l'eccesso di potere di cui dispone per estorcere quanta più ricchezza può al popolo. E distribuirla, sottoforma di benefici personali (pur sempre la parte minore), alla classe politica di governo e degli enti locali, nonché agli alti dirigenti della pubblica amministrazione; e, per la parte maggiore, sottoforma di facilitazioni - dalle tariffe dei servizi pubblicidati in concessione ai sussidi più o meno occulti - alle corporazioni con le quali è collusa; nonché in fine, sottoforma di assistenzialismo, alla fetta della popolazione della quale chi governa può garantirsi il consenso". Piero Ostellino "Lo Stato canaglia"

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Commenti al Post:
ITALIANOinATTESA
ITALIANOinATTESA il 28/04/09 alle 00:01 via WEB
Ritengo sia un buona iniziativa che tende ad analizzare un sentimento che ritrovo presente in molti giovani che trovano difficoltà a riconoscersi nelle attuali formazioni politiche sia di dx che di sx.
 
 
liberemanuele
liberemanuele il 28/04/09 alle 09:59 via WEB
Grazie per la "buona iniziativa", è bello veder apprezzate le proprie osservazioni. La mia non è tanto la difficoltà a riconoscermi nella politica, di cui non sento la necessità (per lo meno in senso stretto), ma è il sentirmi avverso a molta della cultura politica e sociale italiana. Insomma di sentirmi straniero verso la struttura culturale ed istituzionale del mio paese. Perché l'Italia è il mio paese. Ma da liberale - questo è chiaro credo - ho difficoltà a trovare riferimenti in Italia: nemmeno Benedetto Croce, capostipite del liberalismo italiano, può essere considerato un difensore della libertà. Luigi Einaudi, Bruno Leoni, per certi versi Prezzolini, Sergio Ricossa, sono la parte buona, ma tenuta a margine, della nostra cultura. La Costituzione, che capisco quanto rappresenti la svolta dell'Italia anti-fascista, è però un' arma contro la libertà. Sono stato lungo, tortuoso, e non ho nemmeno detto tutto, me ne scuso, ma ci tenevo a questo post. Grazie della pazienza.
 
to_revive
to_revive il 28/04/09 alle 14:47 via WEB
Quando mi proposero, dopo l'Accademia, di servire il mio Paese in Italia, io accettai a malincuore. Vedevo questo stato con una sorta di sospetto. Eppure mi sono ricreduta; l'educazione dei siculi a Sigonella, il carattere gioviale dei Pugliesi a Gioia del Colle, il saper vivere la vita dei Vicentini, la laboriosità dei friulani ad Aviano..insomma un'Italia che giorno dopo giorno mi accarezzava il cuore e mi arricchiva. Per contro ho ben conosciuto la politica di questo Paese e mi ci sono anche scontrata. Avete però una cosa voi italiani che vi invidia il mondo intero; siete davvero liberi di parlare e dire cosa che in altri stati non è..peccato non ve ne accorgiate! (esclusi i presenti ovvio)
 
 
liberemanuele
liberemanuele il 28/04/09 alle 17:54 via WEB
Devo essere sincero, mi aspettavo una tirata di orecchia da te, visto che ho scritto che "Non amo il mio paese"... Ma hai capito il senso. Invero ho scritto che si incontrano bellissime persone e l'Italia è un bellissimo paese. Questo è innegabile. Tu lo sai meglio di me: hai viaggiato più, hai avuto modo di viverla e conoscerla. Ma proprio quell'Italia politica, gli italiani che si sentono tali solo davanti alla partita e alle camicie monocolore, quelli che svendono la propria dignità e libertà al potere e ai potenti, molta cultura (quella politicizzata a destra e sinistra) e la tanta ignoranza, dipingono il quadro di degrado e marciume che espongono al mondo e che, credo, abbia una qualche parentela col tuo iniziale "sospetto"...
 
   
to_revive
to_revive il 28/04/09 alle 20:52 via WEB
Parole sante! Lungi da me il "tirarti le orecchie" dato che leggo sempre con attenzione ciò che una persona scrive trascinata dal suo cuore. Del resto come potrei non darti ragione? Ed ora mi odierai per ciò che sto per dire; dopo solo 9 mesi che mi ero trasferita in Umbria sono letteralmente fuggita. E' stata la peggior esperienza della mia vita, ho incontrato delle persone così corrotte e colluse da voler fuggire da quella regione che volevo divenisse la mia terra. Per contro ho anche incontrato una persona (una sola) umbra da generazioni di Tuoro che è ancora oggi un caro e disinteressato amico. Tu sei il secondo umbro civile che incrocio sul mio cammino ma spero di aver modo di raccontarti fin dove si può spingere la corruzione più aberrante di alcuni personaggi della tua terra.
 
     
liberemanuele
liberemanuele il 29/04/09 alle 09:49 via WEB
Non credo che ti odierò, ma anzi penso, data l'esperienza, che puoi capire il mio sentirmi apolide nella "mia" terra. La mia ricerca è iniziata proprio perché stavo per avvicinarmi alla politica (sono pur sempre un ex studente di "Scienze Politiche") e ne sono rimasto male. La gente qui è "animale sociale", ma nella peggiore accezione che gli si può dare a questa espressione: sociale = politica. Tutte le mie riflessioni, la mia fissazione per la libertà (che mi ha portato a conoscere ed avvicinarmi alle posizioni dei libertari americani) è frutto di questo disagio. Il parassitismo, i "pesci cani" direbbe Ayn Rand, qua la fanno da padroni e sono la figura che attira le persone, ancor peggio i giovani, in politica. Spero di poter conoscere le tue vicende umbre!
 
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