Creato da liberemanuele il 26/01/2009

Catallaxy

ordine spontaneo vs ingegneria sociale

 

 

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Sul lavoro.

Post n°30 pubblicato il 02 Maggio 2009 da liberemanuele
 

Lavoro da qualche anno. Mi faccio le mie ore, spesso più, meno mai - se ne faccio più non mi pagano, se ne faccio meno pago io con le ore della busta paga. Riporto il mio stipendio che difficilmente decolla sopra le tre cifre e sono un precario. Non mi sento un discriminato, ma tanto meno mi sento realizzato!

Ieri è stato il primo maggio. Lo studio era chiuso, quindi mi sono alzato con comodo alle nove - lusso che, dato la rigidità dell'orario, di solito non mi posso permettere -, ho fatto un abbondante colazione e mi sono immerso nelle mie letture. Una giornata di relax, coronata da una cenetta al ristorante messicano (alla faccia dell'epidemia) con la mia morosa e un concertino in centro niente male.

Festeggiato? In pratica si, ma non sposo la causa del dogma "lavoro". In primis per me lavorare non è una scelta o uno stile di vita: è la vita. Grazie alla ricchezza della nostra società, abbiamo il lusso di poter dedicare meno tempo dei nostri nonni e comunque decisamente meno di ere precedenti alla nostra, al lavoro. La vita personale ha quindi acquisito una dimensione tutta sua e prevalente nella nostra esistenza. Ma in principio lavorare, procacciarsi la sussistenza, era attività totalizzante. Oggi, diciamolo con chiarezza, il "capitalismo", l'accumulo e l'investimento di valori, ci ha dato un sistema razionale con cui creare ricchezza e quindi permettere a tutti un vita più agiata. Molti operai oggi, hanno privilegi sconosciuti a molta aristocrazia dei secoli scorsi.

In Italia, l'articolo 1 della nostra Costituzione recita: "L'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro". Che vuol dire? Che centra il lavoro con il sistema istituzionale? Niente, se non seminare il principio di una delle più importanti religioni civili: il lavoro.

Personalmente io non voglio essere "dipendente" da nessuno, non voglio legare il mio destino alla responsabilità di un altro, voglio essere io responsabile di me stesso! Cosa c'è di bello nel festeggiare il "lavoro dipendente"? I morti sul lavoro sono qualcosa di tragico; ferirsi, menomarsi, è purtroppo il rischio del "fare". Ma non si può delegare a poche persone la responsabilità di molti. Tutti dobbiamo essere responsabili per noi stessi e bisogna rispondere in prima persona quando le regole non vengono rispettate. Allora alleggeriamo il carico fiscale per il lavoro che appesantisce, direttamente l'imprenditore, indirettamente la nostra busta paga, e riserviamoci le risorse per tutelarci! Caschetti, tute, conoscere ciò che andremo a toccare: non deleghiamo nessuno, facciamoci partecipi in prima persona dei rischi legati al nostro lavoro.

Solo prendendoci il carico delle proprie responsabilità, mettendo in gioco se stessi e le proprie capacità, insomma diventando imprenditori della propria persona, smettendo di far rappresentare i propri bisogni e le proprie prospettive dal sindacato (legato a doppio filo col potere), si potrà pretendere ciò che ci spetta. Facendoci pagare profumatamente per il nostro lavoro, creando le condizione che ci aggradano, pretendendo di essere considerati per quello che siamo! Uguali! Senza reverenziali verso datori, capi o che so io, ma semplicemente istaurando rapporti tra persone libere che vogliono creare, produrre e offrire servizi.

Insomma, io credo che non sia tanto il lavoro, ma quella " fonte meravigliosa" che ci permette di realizzarci e dar forma alla natura secondo la nostra idea, a dover essere celebrata. 

Ecco cosa volevo dire sul "lavoro". 

 

 

 
Rispondi al commento:
liberemanuele
liberemanuele il 07/05/09 alle 15:21 via WEB
Ti ringrazio, diciamo che mi reputo un buon osservatore. Mi manca l'esperienza, ma quella arriverà non ho fretta, l'importante è costruirsi un' "idea" su cui basare la propria vita. In Italia per casta "casta" si associa anche la figura dell'imprenditore e del professionista - questo perché è un buon modo per riversare l'invidia che accumulano i tanti. Ti dirò, alcune ragioni - o alcuni professionisti e imprenditori - ci sono. Due nomi su tutti: Agnelli e Mattei, su cui tanta letteratura italiana ha costruito un mito, erano due che con la sana figura dell'imprenditore avevano poco a che spartire. Il primo era un aristocratico (figura per cui non nutro alcuna simpatia), l'altro, usando le parole di Giovannino Guareschi, un "furibondo statalista ... il più spietato nemico della iniziativa privata che vorrebbe schiacciare con l’iniziativa di Stato". I professionisti poi sono diventati (e lavoro su uno studio professionale) una corporazione chiusa, che sembra sia a servizio, più che del cliente, dello Stato italiano. Io coltivo un certo romanticismo per la figura dell'imprenditore e del capitalista, per tanti motivi. Uno su tutti perché, come dici tu, rappresenta una figura di pura "responsabilità" e non intendo verso i "suoi" dipendenti, ma verso se stesso. Perché se siamo liberi, ogni lavoratore non deve (dipendere) delegare la propria vita a nessuno. Sul resto siamo in perfetta sintonia non ti preoccupare! Anzi, dato che ne ho ben pochi di esempi come il tuo - e quel poco che so mi basta - , sei un modello da seguire!
 
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