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Falce e coltello, ovvero una piccola, grassa storia della Camucia novecentesca in dondolo tra comunismo e clericalismo.

Post n°40 pubblicato il 30 Aprile 2011 da greppjo
 
Foto di greppjo

E’ uscito il quarto romanzo di Ferruccio Fabilli

Falce e coltello, ovvero una piccola, grassa  storia della  Camucia novecentesca in dondolo tra comunismo  e clericalismo.

di Ivo Camerini

Nei giorni di Pasqua ho letto tutto d’un fiato  il nuovo romanzo di Ferruccio Fabilli: “Falce e coltello”, Albatros,aprile 2011. E’ stata una lettura piacevole, ma a certi tratti un po’ faticosa da interpretare in alcune pagine dedicate all’eros camuciese novecentesco, narrato senza veli letterari e prendendo a prestito quel particolare verismo che dominava, proprio nel secolo scorso, nelle botteghe dei nostri barbieri e che oggi è assurto a moda nazionale con l’attuale presidente del Consiglio, icasticamente stigmatizzato nel film “Cettola qualunquemente” di Albanese.

Il mio amico Ferruccio me ne aveva fatto dono  in un breve incontro d’auguri pasquali svoltosi al bar Agip di Camucia e, a dire il vero, alla presenza di Edi e Laura,le due belle e simpatiche bariste che li lavorano, mi aveva fraternamente avvertito della sua scelta di spingere la sua ricerca letteraria oltre il modello Jean Keruac del suo primo romanzo.

Un modello non abbandonato del tutto in quanto in questo quarto romanzo Ferru D’Effe, pur abbeverandosi sempre al grande canale maestro della Valdichiana, scende volutamente nella melma del canaletto Esse, che bagna Camucia, la sua Brevia di Sotto,per ritrovare nella sua acqua, spesso melmosa e puzzolente, una storia, ma  forse è meglio dire alcune storie, di un popolo contadino, povero e rude, che attraverso la politica si è fatto grasso e cinicamente borghese.

Qui sta , secondo me, la chiave di lettura di questo quarto romanzo che rileggendo letterariamente, attraverso uno schema diaristico, il delitto di Donello Gorgai, avvenuto negli anni settanta del Novecento, ci offre la possibilità di riflettere sull’ipocrisia di un partito politico che, facendosi chiesa e setta, promosse sì sviluppo e benessere anche nel nostro territorio, ma manipolò anche, con le lenti dell’ideologia, gente sana e candida, che si era votata a quella causa per costruire il proprio sacrosanto diritto al  riscatto sociale ed economico da una subalternità secolare in cui la nostra borghesia terriera, alleata con la clericalità cortonese, l’aveva troppo a lungo confinata.

E’ da qui che bisogna partire per leggere e godersi tutt’intero il Falce e coltello, pubblicato da Albatros editore di Roma agli inizi di aprile.

Soprattutto per non cadere nel facile rischio di apprezzarne il solo capitolo delle very strong pagine 82-90 (dove il Fabilli ci offre uno spaccato, da ritratto quasi neorealista, dei noti personaggi camuciesi del secolo scorso: dal Bruggiamanne al Mecana, dal Ghjogolo al Pittiri) e scartare via tutto il resto. Un tutto il resto che solo apparentemente  e, forse, solo per via della scelta di abbandonare il modello keruaquano  per quel minimalismo letterario portato al successo mondiale dalla Frances Mayes, potrebbe disturbare quei lettori in cui, purtroppo anche da noi, il moralismo si traveste  da morale.

Un tutto il resto, che si snoda, essenzialmente, attorno al  tragico delitto di un giovane  camuciese, tale Graziano. Un universitario di belle speranze e impegnato politicamente nei giovani comunisti, che in una notte d’estate, viene ucciso sotto casa sua, dall’amico Fausto, giovane comunista anche lui. Un delitto avvenuto per una questione di corna o giù di lì, come si scoprirà qualche settimana dopo, quando abbandonata l’ipotesi di una pista politica dell’omicidio,  imboccata con l’avallo del partito, che aveva indicato nei neofascisti cortonesi l’ambiente in cui indagare. Tutto però, grazie all’impegno investigativo dei nostri carabinieri, ritorna nel giusto alveo della cronaca nera. Una cronaca che a Brevia di Sotto vede all’opera un simpaticissimo professore-giornalista, tale Romano, di cui il Fabilli ci regala un eccezionale, preciso ritratto, che ci permette di riconoscervi il comune e compianto amico Romano Santucci.

Un tutto il resto, rispetto al delitto, comunque, che Fabilli ( alias Ferrù D'Effe) ci narra in continuo, aperto dondolio tra due realtà forti novecentesche quali furono appunto nel nostro territorio il comunismo e il clericalismo cortonesi.

Ivo Camerini

 
 
 
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