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Andrea Liponi

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UNA MATTINA DI OTTOBRE

Post n°134 pubblicato il 19 Febbraio 2016 da livio203
 

VIRGINIA BAILY, UNA MATTINA DI OTTOBRE, ED NORD, 2016

Ci sono romanzi che raccontano vicende lontane dal tuo mondo, ma che si intrecciano intimamente con il tuo essere dentro, con quell'insieme di esperienze sofferenze piaceri e sentimenti che fanno parte della tua permanenza in vita.

"Una mattina di ottobre" ha un titolo piuttosto anodino, poco significativo del suo reale contenuto. Perché, se è vero che in una (non tanto qualunque) mattina di ottobre (del '43!) la protagonista si ritrova improvvisamente tra le braccia un bambino (ebreo) che determinerà il resto della sua vita, è vero che la vicenda, con tutto il suo corredo di indugi descrittivi più o meno necessari, raccontata a sprazzi, con salti continui dal presente al passato, va molto al di là di questa mera e generica definizione temporale, comprendendo esperienze diverse, passioni e sentimenti contrastanti, presenze e assenze, intrecci inattesi di vite vissute a distanza.

In breve, durante il rastrellamento del ghetto di Roma, una madre riesce ad affidare il proprio figlio più piccolo, di sette anni, Daniele, ad una giovane sconosciuta, perché lo salvi dalla persecuzione nazista.  La donna, Chiara, che vive sola con una sorella malata, perché i genitori e il suo fidanzato sono morti, da quel momento decide che la sua missione principale è salvare il bambino, nutrirlo, dargli l'affetto che gli manca.  Diventa allora secondaria l'altra missione, quella di salvare la sorella, che, infatti, morirà senza di lei, procurandole il rimorso di averla abbandonata.

Ma la missione risulta più ardua che mai.  Il bambino sembra refrattario alle sue cure, chiuso nel dolore permanente del distacco dalla madre e dalla sua famiglia.   E se, per un po', sembra sfogarsi assimilandosi appena possibile alla natura o attraverso la creazione di letterine per la madre, da imbucare negli anfratti più improbabili, quando comincia l'età della ragione e viene a sapere che tutta la sua famiglia è stata distrutta, incomincia ad imboccare la strada della tossicodipendenza, fino a portare la propria madre adottiva alla rovina emotiva ed economica.  Un prete, amico della protagonista, decide allora di aiutarla, allontanando il ragazzo da casa e promettendo di prendersene cura, ma impedendo qualunque contatto tra i due. 

Sono passati così dieci anni, in cui Chiara sembra aver dimenticato il proprio figliastro ed essersi rifatta una vita tranquilla, finché non le arriva una telefonata di Maria, la figlia inglese (gallese) di Daniele,  che ha appena saputo di essere stata concepita dalla madre durante una vacanza in Italia e vuole, quindi, venire a Roma per recuperare le proprie radici e, magari, sapere qualcosa di più del proprio padre naturale.

Inizia così la nuova avventura di Chiara: conoscere e, pian piano, amare la finora sconosciuta nipote sedicenne;  e ricominciare con lei a sperare di ritrovare anche il suo ragazzo, che temeva ormai potesse essere morto.   

Una vicenda che parla di assenze (dei genitori, poi della sorella, infine dell'amato figlio adottivo), di nostalgici ricordi e di incontri inaspettati, come quello tra Chiara e Simone, l'ex amante del padre, (prima odiata a distanza, poi amica inseparabile); e, infine, di scoperte e ritorni inaspettati.

Un libro che a me riporta in mente la scomparsa di mio figlio Andrea e la speranza mai sopita di rivederlo e la triste convinzione ormai sempre più solida che non lo rivedremo più.

 

 

 
 
 
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