La cosa che più odio al mondo è scoprire di aver avuto ragione. Gli attori in
scena hanno iniziato a recitare la loro parte, come da copione, e credetemi,
speravo davvero di aver torto questa volta.
Nel paese delle meraviglie c'è il gladiatore che regna ormai da due lustri,
che inizia ad elencare con orgoglio i risultati ottenuti durante il suo
impero. Con la sua bella maschera di bronzo continua a far finta di non capire,
che non sono le battaglie vinte che gli vengono contestate, ma il modo in cui
le ha gestite e il rapporto disastroso che ha avuto con la sua gente,
mostrandosi spesso altezzoso, irriconoscente e rancoroso. Si aspetta con ansia
di sapere chi sia il suo successore, ancora non si è capito. Dal monte S.Anna è
pronto a fargli lo sgambetto il Fausto Furioso pronto a vendersi l'anima al
diavolo pur di battere l'eterno rivale. Nell'ultimo lustro non c'era e se c'era
dormiva. Pronto a votar sempre contro per partito preso e dimenticato dai suoi
stessi servitori, che han pensato ad un certo punto che fosse un'entità
astratta, una leggenda, un animale mitologico. Il primo è andato "oltre"
fotocopiando il nome della lista del delfino mancato di Arcore, il secondo ha
tra le sue fila direttamente un candidato alfaniano dell'ultima ora. Una sfida
nazional-europea tascabile tra FI e NCD.
Sullo sfondo ci sono due giovani liste, ognuna con la sua storia politica alle
spalle ma ricca di belle facce (non proprio tutte). Il Principe delle Fogge e
il Gigante Buono. Entrambi sono scesi in campo con l'aria di chi non ha nulla
da perdere e sembrano apparentemente lontani da queste squallide beghe da
palazzo, che ormai puzzano di vecchio. Se riusciranno a giocar bene le loro
carte senza abbassarsi ai livelli dei soliti signorotti di corte si potranno
togliere qualche soddisfazione.
Sono un umile spettatore, seduto nelle ultime file a godermi lo spettacolo.
Mi sia concesso di esprimere un giudizio sul film che stanno proiettando, sperando
davvero di assistere speranzoso a una commedia con un bel finale e non una
tragedia shakespeariana in cui alla fine non vince nessuno, ma a perdere è solo
il paese.