Creato da LorenaBianconi il 30/01/2008
Titolo liberamente tratto dall'opera omonima di Claude Lévi-Strauss, che identifica un particolare approccio alla ricerca, un certo modo di guardare l'Altro, l'Altro-da-sé, lontano nel tempo e nello spazio...
 

 

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Un fossile vivente: la piantata bolognese

Post n°7 pubblicato il 03 Marzo 2008 da LorenaBianconi
 

A pochi metri dalla tangenziale che segna l'inizio della periferia di Bologna. Vicino al solito, grande centro commerciale.  A pochi metri da una vecchia casa di “ex-campagna”, abbandonata.  Al centro di un grande quartiere in costruzione, l’ultimo campo, l’ultimo frutteto, e... un miracolo: la piantata bolognese.

Due filari di vite “maritata”, abbracciata cioè a sostegni vivi, olmi, pioppi… La riconosci subito, dalla biforcazione dell’albero suo sposo, a circa due metri e mezzo di altezza. E dai due-tre livelli  lungo i quali corrono i tralci della vite, paralleli od obliqui, tra un albero e l’altro.

Un miracolo: questo tipo di “vigneto” ha caratterizzato per secoli (e sottolineo, per secoli) la fisionomia delle campagne bolognesi, inserito com’era, perfettamente, all’interno dell’economia e della vita dell’azienda mezzadrile. Le foglie come foraggio per gli animali da tiro, la legna delle potature era il combustibile per cucina e riscaldamento. Infine, l’uva, e dall’uva, il vino.

In 100 anni, una rivoluzione. Niente più legna per la cucina moderna, niente più buoi nella stalla del podere, pali di cemento per l’impianto del vigneto.  Risultato: “la vite maritata è una sistemazione inservibile, richiede troppa manutenzione, anzi, è d’intralcio alle manovre dell’aratro meccanico e della falciatrice. Quindi, va tolta”.

I due filari incredibilmente sopravvissuti a due passi dalla tangenziale, sono pezzi da museo, fossili viventi. 

[Guarda tutte le foto sul sito www.webalice.it/bianconil ] 

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Commenti al Post:
PROF.PIER
PROF.PIER il 06/03/08 alle 17:25 via WEB
Cara Lorena anche nelle Marche la vite "maritata" era una coltura usuale fino a 30 anni fa. Oggi è praticamente sparita e tra poco se ne perderà la memoria. Io la ricordo ancora appoggiata su filari di Aceri campestri, che i nostri contadini chiamavano "gli alberi". L'uva aveva un sapore speciale e il paesaggio era "sapiente". Oggi il dio denaro ha cancellato ogni cosa. Grazie per il tuo post.
 
Utente non iscritto alla Community di Libero
Anonimo il 09/03/08 alle 13:16 via WEB
Interessante argomento! Io ho iniziato il mio mestiere di traduttore traducendo documenti di agraria relativi a colture in assenza di suolo. Aveva a che fare con l'agricoltura ma anche con alcuni elementi di alimentazione. Saluti, "etnea"
 
Nikonourumi
Nikonourumi il 21/03/08 alle 10:38 via WEB
Bellissima questa "Vite maritata" da noi si chiama " ad alberata" e loa si usa ancora oggi per un vitigno tipico dell'agro aversano chiamato "Asprigno o Asprinio d'Aversa" conosciuto già ai tempi dei romani e che viene usato in purezza per produrre vino bianco di buon tenore e acidità ed uno spumante in vero estremamente interessante.
 
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