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Emma Bonino, le regole del gioco e l'astensionismo elettorale

Post n°18 pubblicato il 08 Marzo 2010 da ltedesco1

La leadership radicale, come la base, dopo il decreto legge “salvaliste” approvato in questi giorni, si trova a dover affrontare un nodo che non ha mai sciolto fino in fondo.

Marco Pannella, in particolare, sostiene oramai da moltissimi anni che il regime partitocratico italiano è più illegale di quello fascista, in quanto quest'ultimo era perlomeno capace di rispettare le norme che si dava a differenza del primo.

Eppure, quale debba essere l'atteggiamento in occasione degli appuntamenti elettorali di chi a tale regime partitocratico si oppone, il mondo radicale non lo ho mai definito in termini generali, rischiando di esporsi alla critica, non necessariamente malevola, di chi ritiene che partecipare alle competizioni elettorali di uno Stato antidemocratico, anche da posizioni di alternativa ad esso e non di alternanza all'interno di esso, non possa che sanzionarne la legittimità.

Quella giustificazione teorica, in verità, i radicali l'avevano fornita, come ci ricorda l'utilissimo saggio “La Peste italiana”, dello scorso anno, nelle elezioni politiche del 1983 allorquando adottarono la formula dell' “astensionismo votante” che concepiva la presentazione delle liste elettorali solo in quanto “strumento tecnico-politico pregiudizialmente necessario” per garantire la prosecuzione dell'azione antipartitocratica. Questa iniziativa si sarebbe così tradotta nello “sciopero del voto”, nel “boicottaggio nonviolento” delle elezioni, chiaramente illustrati in un volantino del Partito radicale dove si poteva leggere: “il nostro primo impegno è di ottenere che il massimo numero di cittadini neghi a queste elezioni dignità e legittimità democratiche, con comportamenti capaci di costringere i partiti a cambiare politica: “scheda nulla, scheda bianca, astensione””. Lo stesso volantino, in verità, prospettava, in subordine, un'altra scelta: il voto alle liste radicali, quale unico voto antipartitocratico, “per tutti coloro, invece, che non se la sentiranno di seguirci nel rifiuto, per coloro che non sono del tutto convinti o intendono comunque votare un partito”.

Bisogna aggiungere, peraltro, che coerentemente con questa concezione della partecipazione all'appuntamento elettorale, gli undici deputati e l'unico senatore radicali eletti nella nona legislatura si rifiutarono, cosa mai avvenuta prima, di partecipare alle votazioni in aula.

Ora, però, a detta degli stessi radicali, dopo il 1983 la costruzione di quello che definiscono un regime (neo)totalitario è andata avanti e il collasso dello Stato di Diritto si è aggravato. Non si comprendono allora le ragioni per cui la soluzione dell' “astensionismo votante” non sia divenuta prassi costante nell'agenda politica radicale.

Oggi, poi l'illegalità partitocratica avrebbe assunto una forma inedita, mai sperimentata prima: quella di un decreto in materia elettorale, vietato, come osserva Michele Ainis sulla “Stampa” di sabato 6 marzo, dall'art. 15 della legge n. 400 del 1988, un decreto peraltro non interpretativo, nonostante così esso si presenti formalmente, ma innovativo della norma vigente, approvato a gioco elettorale già iniziato.

Se la violazione delle regole democratiche fa registrare un salto di qualità, allora il “se fosse per me, non giocherei con i bari” urlato da Emma Bonino al Pantheon, dovrebbe tradursi nuovamente nell'invito agli elettori all' “astensionismo votante”, privilegiando semmai la scheda nulla, che quella bianca potrebbe facilmente essere decifrata come espressione di qualunquismo, invito accompagnato dal solenne impegno della candidata radicale alla Presidenza della Regione Lazio, qualora eletta, a dimettersi per permettere il ritorno alle urne, questa volta sperabilmente senza che vengano truccate le regole in corso d'opera ma rispettate quelle, invece, che disciplinano la formazione e la presentazione delle liste.

 

Luca Tedesco

 
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bodyartexperience
bodyartexperience il 08/03/10 alle 17:35 via WEB
W L'ITALIA
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