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Alèxandros-Lesabbie di Amon(riassunto)

Post n°9 pubblicato il 15 Aprile 2009 da ilan94

 

Alexandros, nella città d’Ilio, fa di sua proprietà l’armatura d’Achille durante la guerra con la città. Intanto stava liberando dai persiani le città greche della penisola anatomica, senza aver ancora combattuto, ma al Granico si scontrarono i due grandi eserciti ma anche due grandi persone: Memnone, mercenario greco al servizio della Persia, e Alexandros. Al Granico, un fiume con sponde impervie si scontrarono i due eserciti, ma il primo ad attaccare fu quello macedone, con in prima fila, il re, alle luci dell’alba, l’esercito attaccò con la cavalleria, mentre i nemici erano ancora assonnati e poi gli eserciti si scontrarono in campo aperto e, per bravura del Nero, un compagno d’Alexandros, il re fu salvato dalla morte. Intanto Memnone, che era ferito, raggiunse la sua villa, dove fu curato, ma si dovette rifugiare perché ricercato dai macedoni su comando del re, infatti, Memnone era un uomo astuto che poteva dare problemi ad Alexandros. Dopo questa vittoria Alexandros e il suo esercito continuano ad avanzare ma si scontrerà di nuovo, con i persiani a Mileto, che prima si consegnò nelle mani dei macedoni, ma con l’arrivo della flotta persiana ritrasse la sua affermazione. Anche per questa battaglia ebbe la meglio Alexandros, che bloccò i rifornimenti e gli scambi tra la città e la flotta persiana e così la flotta se ne dovette andare per cercare cibo e dopo la decisione Mileto si arrese. Intanto arrivò all’accampamento, da Alexandros, la regina di Caria che voleva adottare Alexandros e che lui beneficiasse di tutti i suoi beni. L’esercito macedone arrivo ad Alicarnasso dove li attendeva il nemico con a capo Memnone. Il re macedone fece scaricare dalle navi della flotta greca le macchine da guerra e le posizionarono davanti le mura della città ma in una notte buia i nemici macedoni d’Alexandros, al comando di Memnone, attaccarono le sentinelle di guardia alle macchine da guerra e n’appiccarono il fuoco, mettendone fuori uso e danneggiandone una. Alexandros capì che dietro all’attacco c’era Memnone. Una notte buia i soldati comandati da Memnone incendiarono le case antistanti le macchine da guerra e dato che vi era vento da sud le fiamme si propagarono fino ad una. La mattina seguente vi fu l’abbandono, da parte dei persiani, della città d’Alicarnasso ma le truppe si erano rifugiate nei forti vicino al porto, tranne Memnone, il satrapo della città, un generale e dei soldati, perché salpati verso la flotta persiana. Intanto Alexandros ricette la visita della madre adottiva che portò con sé biscotti e cibi vari, mentre era riunito con i generali e spiegava loro come andare avanti: Parmenione, con i suoi veterani, e la cavalleria tessala si sarebbero diretti nel centro dall’Anatolia per conquistare le città, mentre il resto dell’esercito si sarebbe diretto ad est seguendo la costa, ma i generali non erano particolarmente convinti perché si trattava di attraversare uno stretto dove il mare in burrasca può causare gravi perdite. Ma gli ariani piantarono dei bastoni con corde dove tenersi quando il mare sarebbe stato in tempesta, ma il fenomeno non successe, infatti, nell’istante che passò il re macedone il mare si calmò. Nel frattempo Memnone era nel porto di Chios, dove aveva reclutato soldati per partire con la sua flotta alla volta dell’Eubea, in Grecia, dove gli Spartani erano pronti ad aiutarli a sconfiggere la Macedonia. Alexandros, un giorno, ebbe un colloquio con un egiziano che sosteneva di venire da parte di Parmenione, il quale aveva intercettato una lettera, indirizzata al cugino del re e arrivata dal Grande Re, che diceva se potesse diventare il sicario d’Alexandros. Egli lo fece mettere agli arresti finche l’esercito non si sarebbe ricomposto, intanto, il re procedeva veloce per incontrare Parmenione a Gordio. Infatti, fu così che l’esercito si riunì a Gordio, dove Alexandros poté interrogare suo cugino Aminta ma non ce la fece per il prigioniero catturato perché morì avvelenato; intanto anche l’egiziano sparì. Intanto, Aristotele era sbarcato in Anatolia per cercare la verità sulla morte di re Filippo, padre d’Alexandros. Sull’altro fronte Memnone, con la flotta, aveva occupato gli stretti cosi facendo bloccò i soldati che dovevano andare in aiuto ad Alexandros. Ma la cosa più importante fu che Memnone si ammalò gravemente e mori dopo che, sceso dalla nave con i suoi fedeli compagni, s’indirizzò verso la corte del Gran Re, per la moglie che incontrò poco dopo. Il grande mercenario venne, secondo il rito greco, bruciato e anche i suoi fedeli, siccome gli avevano giurato di seguirlo ovunque, si uccisero da soli e vennero bruciati. Intanto l’informatore di Alexandros, Eumolpo, fu minacciato dal Gran Re che, dopo che il corriere dell’informatore aveva parlato, lo comandò di mentire sul luogo della battaglia tra i macedoni e i persiani, cosi, l’esercito poté prenderlo di sorpresa alle spalle, come successe, altrimenti Eumolpo sarebbe stato spellato. Mentre l’esercito macedone aveva, ad Isso, lasciato i malati, fu attaccato alle spalle e quindi i due eserciti si dovettero affrontare ma, come sempre, vinse Alexandros e quindi procedette verso Tiro che si barricò nell’isola antistante la città vecchia e Alexandros mandò diverse ambascerie ma furono tutti torturati e crocifissi. Tra questi vi fu anche Leonida, vecchio amico. Dopo Alexandros proseguì con l’avanzata ma incontrò di un’altra città che non intendeva arrendesi, a capo c’era Betis un colosso scuro di pelle, come i suoi compagni. Ad Alexandros vide che un corvo lasciò cadere sulla sua testa un ciuffo d’erba e il corvo si pose sulla città e il veggente spiegò che il re avrebbe preso la città ma, se avesse attaccato subito, sarebbe stato ferito e fu cosi, perché i macedoni e i nemici si scontrarono subito. Filippo che curò il re ma, per calmargli il dolore, gli diede una droga che non si conosceva bene l’effetto, infatti, Alexandros dopo essersi risvegliato da una confusione in testa vide che Betis morto veniva trainato con il carro intorno alla città. L’esercito macedone continuò il suo viaggio e arrivò in Egitto dove Alexandros fece erigere una città in suo nome. Ma intraprese un nuovo viaggio con meta l’oasi di Siwa dove, il re, vuole visitare il tempio del Dio Amon Zeus. Nel tempio conoscerà la verità sul suo vero padre che è proprio Amon Zeus.

 
 
 
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