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SI STANNO DIRADANDO LE NEBBIE SULLA GUERRA CIVILE IN ORTONOVO

Post n°235 pubblicato il 21 Aprile 2013 da eliogente
Foto di eliogente

" Non ho mai creduto nella storia intessuta di "verità rivelate". Ho sempre giudicato la retorica resistenziale un sotto prodotto della storia inventata. Sono i documenti che contano e non gli slogans". Questa frase di Nuto Revelli,  comandante partigiano  della Brigata "C. Rosselli" di Giustizia e libertà ha fatto da sfondo alla manifestazione organizzata dal Circolo "Nicola Nostra" per commemorare  il sacrificio di 161 giovani soldati americani caduti nell'aprile 1945  sulle nostre montagne. Dopo la S. Messa, seguita dalla deposizione di un omaggio floreale sotto la targa dei Caduti e dalla benedizione, sono stati suonati gli inni nazionali degli Stati Uniti e dell'Italia. Nel salone del Circolo, dopo una breve introduzione sul tema: "Ortonovo nella bufera: dai fascisti di Salò ai liberatori americani", si è svolto un interessante dibattito al quale hanno partecipato alcuni che furono testimoni dei  drammatici episodi avvenuti in Ortonovo nei mesi della guerra civile. Sono state evidenziate le responsabilità dei partigiani comunisti che esasperavano il nemico con attentati e  sabotaggi assolutamente inutili ai fini della guerra, al solo scopo di  suscitare sanguinose rappresaglie contro la popolazione indifesa.   Gli ex partigiani rossi, col monopolio della "verità" in tasca,   hanno raccontato in tutte le salse le violenze e le rappresaglie fasciste, ma hanno tenute nascoste le nefandezze commesse da quelli che portavano la stella rossa sul berretto, perché anche la resistenza si è macchiata di orrori, quegli orrori che il Presidente della Repubblica Napolitano ricordava 7 anni fa  nel suo primo messaggio al Parlamento con tre parole: " Zone d'ombra, eccessi, aberrazioni". E aberrazioni in Ortonovo, specie dopo il 25 aprile '45, ve ne furono molte: dalle 18 fucilazioni senza processo di fascisti, o presunti, tali, dalle donne stuprate e uccise, dagli uomini torturati e sepolti vivi,  dalle vecchiette  martoriate e sfondate di botte    prima di essere finite a colpi di mitra, ecc., una catena di orrori tenuti nascosti  per i quali gli infami non sono ma stati perseguiti dalla giustizia, ma che sono stati rievocati nel dibattito per essere consegnati alla  memoria collettiva.  Piaghe mai rimarginate,  dolorose che non possono essere tenute nascoste  solo perché andrebbero a ledere un "mito" resistenziale ormai traballante, costruito da chi, dopo quasi 70 anni, per bassi interessi politici e di potere, non vuole scrivere la parola "pacificazione" che chiuderebbe finalmente un capitolo tragico della nostra storia locale.

 
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