Creato da famigliagiove il 24/11/2008
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L ALBO D ORO

Post n°88 pubblicato il 10 Aprile 2009 da famigliagiove

 

 

 Albo d'Oro
 
 
Campione d'Italia

 1941/42, 1982/83, 2000/2001
 
Coppa Italia

 1963/64, 1968/69, 1979/80, 1980/81, 1983/84, 1985/86, 1990/91, 2006/07, 2007/08
 
Campionato Serie B

 1951/52
 
Coppa Fiere

 1960/61
 


Trofeo Anglo-Italiano

 1971/72
 
Campionato Primavera

 1972/73, 1973/74, 1977/78, 1983/84, 1989/90, 2004/05
 


Coppa Italia Primavera

 1973/74, 1974/75, 1993/94
 
Trofeo di Viareggio

 1981, 1983, 1991
 
Supercoppa Italiana

 2001, 2007

 

 

 
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IL NOSTRO PRESIDENTE CHE RIMARRA NEI CUORI

Post n°87 pubblicato il 10 Aprile 2009 da famigliagiove

GRAZIE FRANCO SENSI

 

GRAZIE FRAANCO SENSI
la sera del 17 agosto e morto il nostro caro presidente Franco Sensi .
Lui che amava la roma e coloro che la tifano
Franco é stato l autore della rinascita romanista,andando molto spesso a superare il baget massimo che poteva cedere alla roma,donando cosi il 3° sospirato scudetto alla squadra giallorossa
E stato un grande uomo che a donato tutto alla sua squadra e la sempre appoggiata percio non lo dimenticheremo mai.
Questi sono alcuni pensieri che ti dedicano alcuni answer di yahoo
luca18: laziale ma cmq voglio rendere omaggio alla sua morte e quindi oltre a dire FORZA LAZIO dico FORZA SENSI!
dadde:GRAZIE DI TUTTO PRESIDENTE.... SARAI SEMPRE NEI NOSTRI CUORI!!!!
Totti capitano x sempre:non dimenticherò x tto quello ke ha fatto alla Roma.
AS ROMA FOREVER:lascio questo ricordo
a un grande presidente nonkè grande uomo ke ha dedicato la sua intera vita alla maglia giallorossa....e ke ha contribuito a far divenire questa squadra ancora pìu magica e bella da vedere un grande abbraccio
DAVIDE V:ranco Sensi ci mancherà perchè era davvero VERACE. Riposa in pace Franco, noi cercheremo di custodire i valori che ci hai insegnato. Forza Roma.
FRANCESCO T:Franco sensi nn ti scorderemo mai xkè oltre ad essere dispiaciuti noi romanisti lo è tutto il mondo del calcio ci mancherai grazie di tutto
STEFANO D:NN TI SCORDEREMO FACILMENTE!!

RICCARDO:Grazie Presidente

ALEX D:n grande presidente , con il quale la Roma ha ritrovato se stessa. un grande uomo , che mancherà a tutti gli sportivi
EDDY 93:o sono juventino per me franco è stato uno dei più grandi presidenti che abbiamo avuto nel calcio italiano ha preso una squadra che era sull'orlo del precipizio e l'ha portata nel giro di pochi anni a dei livelli grandissimi spero che adesso la sua famiglia continui il suo cammino per portare la roma sul tetto d'europa lo spero veramente perchè se lo merita CIAO FRANCO CI MANCHERAI TANTO!!!!!!!!!!!!!!!!!!
SHADOW:addio Maestro... sarà il silenzio a parlare... Grazie di tutto!!!

ora finisco con il mio pensiero

cascorap:ciao caro presidente che ci ai donato il cuore,l emozione,la gioia di dire grazie roma e di vivere con un sogno di avere un presidente che ama la roma come la ami tu e quando in cielo tiferai per la tua squadra noi ti ricorderemo nel nostro cuore per sempre.

grazie presidente

 

 
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BRUNO CONTI

Post n°85 pubblicato il 10 Aprile 2009 da famigliagiove

File:BrunoConti.jpgBruno Conti nasce a Nettuno, in provincia di Roma, il 13 Marzo del 1955. (come si vede nella foto) di bassa statura ma dotata di grande rapidità e di un grande tiro, Bruno esordisce in serie A, con la Roma, all'età di 19 anni, il 10 Febbraio del 1974 in Roma - Torino 0-0. Conti disputa in giallorosso 17 stagioni, intervallate da due annate al Genoa in serie B nel '75-'76 e '78-'79. Con la Roma di Niels Liedolm vince lo storico scudetto dell' 82-83. Ricca di soddisfazione è anche la carriera in Azzurro che conta 47 presenze e 5 gol (2 presenze anche nella squadra B). In Nazionale l'esordio è l'11 Ottobre 1980 in Lussemburgo - Italia 0-2, l'addio è invece 6 anni dopo il 17 Giugno 1986 in Italia - Francia 2-0. Campione del mondo del 1982, viene eletto il miglior giocatore di quella competizione durante la quale segna anche un bellissimo gol nelle fasi eliminatorie contro il Perù. Se l'Argentina aveva Mardona ed il Brasile Zico, l'Italia aveva Marazico. 
Disputa anche il Mondiale di Messico '86 in cui però la Nazionale non brilla, al termine di quella competizione chiude la carriera Azzurra.

Bruno Conti si ritira dal calcio nel 1991 all'età di 36 anni con all'attivo una coppa del Mondo, uno scudetto e quattro coppa Italia.
Le sue 304 presenze in campionato sono inferiori numericamente solo a quelle di altri 4 calciatori: Losi, Santarini, Masetti e Totti.
E' sempre nella Roma che Bruno Conti comincia a svolgere l'attività di allenatore occupandosi delle formazioni giovanili. 
Si aggiudica due campionati Allievi ed uno Giovanissimi. 
A marzo del 2005, dopo tre sconfitte consecutive della Roma, viene chiamato a sostituire Del Neri che viene accantonato. Non avendo ancora il patentino (di prima categoria?) da allenatore, Conti va in panchina assieme ad Ezio Sella, "allenatore ufficiale".

 
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IL GRANDE AGOSTINO DI BARTOLOMEI

Post n°84 pubblicato il 10 Aprile 2009 da famigliagiove

 

Centrocampista forte tecnicamente e fisicamente roccioso, faceva della visione di gioco abbinata alla potenza la sua arma vincente. In possesso di un tiro potentissimo, usava battere punizioni e rigori con una percentuale altissima di realizzazione. Non essendo molto veloce, sostituiva questa sua carenza con il senso della posizione in campo. Regista di assoluta classe, ha guidato in particolare Roma, Milan e Salernitana da assoluto leader di centrocampo.

 

Di Bartolomei nacque in una delle poverissime borgate romane, tra i caseggiati popolari in condizioni di sovraffollamento e miseria.

Crebbe come campione vicino a Tor Marancia, il quartiere nel sud di Roma in cui era nato, nell'Oratorio S. Filippo Neri allaGarbatella. Passò alla Roma giovanissimo, e si fece subito notare per la sua eccellente tecnica di gioco, entrando presto nella prima squadra della Roma, con cui vinse un titolo del campionato Primavera.

Nel 1972 (stagione 72/73), giocò la sua prima partita con la casacca giallorossa. L'anno seguente subì un grave infortunio al ginocchio, che lo mise fuori gioco per qualche tempo, e gli causò dolori lancinanti impedendogli persino di dormire per otto giorni consecutivi.

Nel 1975 andò in prestito al Vicenza, dove fece esperienza pronto a rientrare alla Roma per ricoprire un ruolo primario. Dalla stagione76/77 Agostino Di Bartolomei diventò titolare inamovibile della Roma, formando un team perfetto con il brasiliano Falcao.

Con l'avvento della presidenza di Dino Viola e con il ritorno di Nils Liedholm alla guida dei giallorossi, Di Bartolomei divenne il leader della squadra. Negli anni ottanta raggiunse l'ambito ruolo di capitano della Roma, spesso osannato dal pubblico che, in coro, usava acclamarlo con un ritornello presto diventato mitico: OHOOO Agostino Ago, Ago, Ago, Agostino gol....

Di Bartolomei era un capitano atipico, sempre molto educato e posato nelle sue discussioni con gli arbitri: quando discuteva una decisione o chiedeva chiarimenti, si presentava con le mani raccolte dietro la schiena, con un fare conciliante e mai aggressivo, al contrario di quanto avveniva e avviene per quasi tutti gli altri giocatori.

All'inizio della stagione 1982/83 Liedholm ebbe la strana idea di arretrarlo al ruolo di libero, lasciato vacante dalla partenza diMaurizio Turone. Nonostante le prime perplessità sia da parte del pubblico che dello stesso giocatore ed i primi fallimentari risultati sul campo, col tempo il nuovo ruolo mostrò i suoi esaltanti frutti grazie soprattutto alla presenza di Pietro Vierchowod che suppliva alla carenza di velocità di base dello stesso Agostino, con azioni di recupero difensive mai più viste in un campo di calcio.

Le doti di Di Bartolomei erano decantate da Liedholm, che ne apprezzava i "lanci lunghi e perfetti", la "corsa elegante con la testa sempre alta" e i "tiri tremendi".

Questa stagione lo vide conquistare lo scudetto e segnare 7 gol in campionato su 28 presenze, mentre la seguente, 1983/84, caratterizzata dalla sconfitta contro il Liverpool in finale di Coppa dei Campioni, fu l'ultima in giallorosso.

In totale Ago giocò con la Roma 308 gare (146 da capitano) segnando 66 gol. In 11 stagioni giallorosse conquistò anche tre Coppe Italia.

Tecnicamente parlando e dal punto di vista morale, dell'immagine, della lealtà e della sportività globale Agostino rimane un esempio indiscutibile del calcio italiano come pochi altri, ad esempio Gaetano Scirea.

Nella sua avventura romana ha ricevuto una sola espulsione, nella stagione 1978/79 contro la Juventus (gli venne sventolato il cartellino rosso insieme a Pietro Paolo Virdis), in cui segna però anche la rete della vittoria.

Nel 1984 venne inaspettatamente venduto per risanare le casse della società, complice l'arrivo del nuovo coach Sven Goran Eriksson: un mese dopo la sconfitta contro il Liverpool in finale di Coppa dei Campioni, giocò la sua ultima partita in maglia giallorossa nella finale di Coppa Italia vinta contro il Verona. I tifosi gli dedicarono uno striscione: "Ti hanno tolto la Roma ma non la tua curva". Si vociferò insistentemente di contrasti con Falcao, precipitati dal fatto che quest'ultimo si sarebbe rifiutato di tirare un rigore nella finale per una lesione di cartilagine.

Militò successivamente nelle file del Milan, e durante questo periodo, nel 1985 fu coinvolto nell'unico vero episodio di scorrettezza della sua carriera: l'attaccante romanista Graziani colpì duramente Di Bartolomei in un intervento, e la reazione di quest'ultimo unita alle intemperanze dei compagni (ed ex-compagni) di squadra trasformò la partita in una rissa. Nelle interviste del dopo-partita, l'ex-compagno Bruno Conti disse che Ago giocava "tranquillo, pulito, senza mai uscire dal campo sudato", un'ambiguità che colpì molto i sentimenti del giocatore. Ma evidentemente il giocatore si sentì tradito dal comportamento della sua ex-società. Con il Milan disputa tre ottime stagioni segnando, tra l'altro, un bellissimo gol in un derby indimenticabile per i colori rossoneri.

Nel 1987 il Milan entrò nell'Era Sacchi, e nella squadra del "modulo" sacchiano non c'era più spazio per un regista puro ma lento come Di Bartolomei (ormai trentaduenne). Venne ceduto alCesena; concluse la sua carriera nel 1990, nelle file della Salernitana, dove contribuì al raggiungimento della storica promozione in serie B dopo 24 anni di assenza.

Al termine della sua carriera calcistica, pur essendo stato sempre polemico con la vecchia dirigenza per la sua cessione, aspettò a lungo l'interessamento della Roma nei suoi confronti per iniziare una carriera dirigenziale nella squadra della sua città; interessamento che però non ci fu mai.

Fu anche opinionista per la RAI durante i mondiali di calcio nel 1990. Morì suicida il 30 maggio 1994 a S. Marco di Castellabate, un paesino della costa cilentana dove viveva, dopo essersi sparato un colpo di pistola al cuore a dieci anni esatti dalla finale di Coppa dei Campioni persa dalla Roma contro il Liverpool. Di Bartolomei pulì la sua Smith & Wesson calibro 38 con cura, poi si sparò dritto al cuore alle 10.50 del mattino, sul balcone della sua villa. L'intervento del figliastro che tentò di rianimarlo fu inutile.

I motivi del suicidio inizialmente ignoti - si parlò di alcuni investimenti andati male e l'apertura di una scuola calcio di poco successo - divennero chiari quando venne trovato un biglietto strappato in cui il calciatore spiegava i motivi del gesto: era in crisi economica, gli era appena stato rifiutato un prestito e si sentiva abbandonato dagli ex-compagni: "mi sento chiuso in un buco", scrisse [1].

Recentemente il Comune di Roma gli ha dedicato una strada, all'interno del parco comunale di Villa Lais (zona Appio Latino), insieme a un altro sfortunato giocatore capitolino, il lazialeLuciano Re Cecconi.

A San Marco di Castellabate, dove è morto, è stata fondata una scuola per giovani calciatori che porta il suo nome.

Alla vicenda sportiva e umana di Agostino è liberamente ispirata la storia di uno dei due protagonisti del film L'uomo in più di Paolo Sorrentino.

La canzone "La Leva calcistica del '68" di Francesco De Gregori non è dedicata a Bruno Conti, come alcuni sostengono erroneamente, ma ad Agostino Di Bartolomei.

Inoltre è a lui dedicata (ed è citato insieme a Marco Pantani e Luigi Tenco) la canzone di Antonello Venditti Tradimento e perdono contenuta nell'album Dalla pelle al cuore pubblicato nel 2007.

 

 
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ER CAPITANO ER BIMBO DE ROMA FRANCESCO TOTTI

Post n°10 pubblicato il 24 Novembre 2008 da famigliagiove




Francesco Totti nasce a Roma il 27 settembre 1976. Dimostra sin da piccolo grande confidenza con la sfera di cuoio. La sua prima squadra è la Fortitudo, scelta piccola società del quartiere San Giovanni, dove vive la famiglia. Dalla Fortitudo di Trillò, Francesco passa alla Smit Trastevere, alla corte di Pergolati e Paolucci. Il ruolo occupato in campo è quello di centrocampista, scelta quasi obbligata per i mister che hanno la fortuna di allenarlo, data la classe "pulita" che il giovane esibisce con estrema disinvoltura. Poi, nel 1986, il passaggio alla Lodigiani, primo passo importante verso il calcio che conta. Totti è allenato prima da Mastropietro e poi da Emidio Neroni, due figure importanti dal punto di vista calcistico per il ragazzo. Dopo altre due stagioni, la famiglia Totti viene sottoposta al dilemma: la Lodigiani fa presente che Francesco fa gola sia alla Roma che alla Lazio. Nessuna esitazione per i romanistissimi genitori: il giovane calciatore di Porta Metronia approda a Trigoria nel 1989, iniziando la sua carriera in giallorosso, partendo dalle giovanili. Il talento naturale di Francesco spinge i tecnici di tutte le rappresentative a convocarlo spesso. Nella stessa stagione gli capita di disputare partite con gli Allievi Nazionali e la Primavera (stagione 1991-1992) o addirittura di essere decisivo per la conquista dello scudetto sempre con gli Allievi pur giocando titolare nella Primavera e trovando comunque il modo di esordire in serie A (stagione 1992-1993). Boskov, infatti, lo nota a Trigoria nelle partite durante l' allenamento contro la prima squadra e lo fa esordire in Serie A contro il Brescia nella vittoria per 2-0 del 28 marzo 1993. Da quel momento il rapporto fra Totti e la prima squadra andrà sempre in crescendo, anche se nel frattempo continua l'esperienza anche nelle giovanili azzurre. Anche in Nazionale le soddisfazioni non mancano: fin dall' Under 15 di Corradini passando per le rappresentative allenate da Sergio Vatta, Francesco trova il modo di mettersi in luce, toccando in seguito l'apice della sua carriera in azzurro con la conquista del titolo europeo Under 21 con Cesare Maldini, battendo in finale la Spagna ai calci di rigore (31 maggio 1996). Pochi mesi prima Totti aveva conosciuto il sapore di una convocazione nella Nazionale maggiore: Arrigo Sacchi lo aveva convocato per uno stage alla Borghesiana (febbraio 1996), regalandogli parole di grande stima e considerazione. Tornando alla Roma, nel 1994 a Trigoria arriva Carletto Mazzone, uomo che lancerà definitivamente Francesco sul grande palcoscenico del calcio che conta e che per lui resterà sempre un punto di riferimento importante, un secondo padre a cui chiedere consiglio nei momenti difficili. Il 4 settembre 1994 arriva il suo primo gol con la casacca dei "grandi": all'olimpico, davanti al pubblico del quale fino a pochi anni prima faceva parte, in veste di piccolo tifoso, segna contro il Foggia. Forse è quello il vero inizio della favola dell'attuale numero dieci della Roma, favola che ha conosciuto anche momenti difficili come la scarsa considerazione di Carlos Bianchi, l'allenatore argentino che non lo "vedeva" (che lo stava per cedere alla Sampdoria), ma che ha trovato la sua più splendida continuazione nel biennio-Zeman: proprio il tecnico boemo, altra figura importantissima nella Totti story, valorizza al massimo il bagaglio tecnico del trequartista inserendolo a sinistra nel tridente di attacco. E' il boom: tutti, anche i più scettici, ammettono di trovarsi davanti ad un vero fenomeno del calcio internazionale e lui risponde a suon di gol e di premi vinti per le altissime medie voto mantenute su tutti i quotidiani per tutto l'arco del campionato. Il resto è storia contemporanea. Con l'arrivo di Fabio Capello la Roma ha conosciuto un'annata di transizione che ha coinvolto lo stesso Totti, peraltro vittima di un infortunio ad inizio stagione che ne ha pregiudicato il rendimento per alcuni mesi. Il capitano giallorosso, comunque, ha mantenuto un rendimento ben al di sopra degli standard del resto del campionato, confermandosi uomo assist e leader anche nei momenti più difficili. La convocazione di Dino Zoff per Euro 2000 e la conquista di una maglia da titolare con gli azzurri confermano la stagione comunque positiva di Francesco. E infatti l'europeo giocato in Belgio e Olanda rappresenta per Francesco la definitiva consacrazione internazionale, dopo le splendide prove offerte soprattutto proprio contro il Belgio (suo il gol di testa che spiana la strada alla vittoria azzurra), contro la Romania (altro gol che sblocca il risultato) e in finale contro la Francia di Zidane. Due momenti esaltanti dell'estate scorsa bei Paesi Bassi: il colpo di tacco che ha dato via all'azione per l'illusorio vantaggio azzurro di Delvecchio e soprattutto l'ormai leggendario rigore a cucchiaio tirato contro l'Olanda nella semifinale giocata all'Amsterdam Arena. Un gesto tecnico che ha strabiliato tutto il mondo. La carriera di Francesco continua all'insegna dei successi con la squadra giallorosa: la conquista del terzo scudetto nella stagione 2000/2001 e le prodezze in Champions League. Anche in Nazionale entusiasma i tifosi e indossando la maglia numero 10 è il perno inamovibile dell'attacco azzurro. Per capire quanto sia amato dal popolo giallorosso è sufficiente assistere, allo stadio olimpico di Roma, ad una delle pochissime occasioni in cui viene sostituito. Lo speaker Carlo Zampa ordina: "Popolo giallorosso, in piedi. Esce il capitano". E 70 mila persone compongono una fragorosa standing ovation. Di lui Pele' ha detto: "Totti è uno dei più grandi artisti del calcio moderno". Fidanzato con la nota ex-letterina Ilary Blasi, Francesco è un ragazzo di grande sensibilità ed è spesso impegnato in opere di solidarietà e beneficenza. Un altro personalissimo record è stato quello di vendita (estate 2003) del "suo" libro "Tutte le barzellette su Totti (raccolte da me)", i cui proventi sono stati destinati all'Unicef e al servizio "Teleassistenza e Telesoccorso" del Comune di Roma.

 
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VINCENZO MONTELLA

Post n°9 pubblicato il 24 Novembre 2008 da famigliagiove





Tra i motivi del suo passaggio nella capitale, oltre alla discesa in B della squadra genovese, le allora rinate ambizioni di gloria della Roma che per richiesta di Zeman, con l'ingaggio di Fabio Capello (anche lui nel 1999), vuole togliersi parecchie soddisfazioni iniziando ad ingaggiare grandi campioni.
Nonostante la stagione deludente della Roma, l'Aeroplanino mette a segno 18 reti. L'anno seguente, però, iniziano le incomprensioni con l'allenatore: con il miliardario acquisto di Gabriel Omar Batistuta infatti, la Roma sembra non voler più puntare su Top Gun (si ricorda ancora la polemica per l'assegnazione del numero 9, appartenente a Montella ma fortemente voluto da Batistuta), tanto che per tutto il girone d'andata Vincenzino non colleziona altro che panchine e sostituzioni, poiché Capello non vede di buon occhio il tandem Batistuta-Montella, e a quest'ultimo preferisce il meno offensivo Delvecchio. Nel girone di ritorno Montella è però protagonista e trascinatore della squadra e, nonostante le continue sostituzioni subite, si dimostra una pedina fondamentale nella conquista dello scudetto nel 2001, segnando gol importanti come in (Roma-Milan 1-1, Roma-Parma 3-1 e soprattutto Juventus-Roma 2-2) e arrivando a collezionare un bottino finale di 13 gol.
Nella stagione 2004/2005, nonostante la pessima prestazione della squadra, Montella si è confermato un'autentica macchina da gol, segnando ben 24 reti fra campionato e coppe. Il suo contratto è stato rinnovato fino al 2010.

 
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MARCO DELVECCHIO

Post n°8 pubblicato il 24 Novembre 2008 da famigliagiove



La storia di Marco Delvecchio assomiglia un po' alla favola del brutto anatroccolo.Nato a Milano 28 anni fa e' stato a lungo un girovago del calcio prima di approdare nella capitale. Scaricato dall'Inter senza troppi complimenti, nonostante il gran lavoro e i tanti gol messi a segno con la maglia giallorossa (con la rete realizzata nel derby di ritorno Delvecchio e' il miglior realizzatore giallorosso nella storia del derby), Delvecchio ha faticato non poco per meritarsi la fiducia dei tifosi della SUD, ma oggi, finalmente anche per lui e' arrivata la definitiva consacrazione.Questo scudetto e' in gran parte merito suo e pensare che in estate, dopo l'arrivo di Batistuta e la conferma di Montella sembrava come al solito destinato alla panchina, anzi c'era chi gongolava all'idea di una sua possibile cessione al Chelsea. Per fortuna che Capello lo a convinto a rimanere e cosi' Supermarco ha messo ancora una volta tutti in fila.Seppur a malincuore ha accettato la retrocessione tattica impostagli dal tecnico, ha rinunciato al gol, pane quotidiano di ogni attaccante (in questa stagione per lui solo 8 reti di cui 5 in coppa UEFA) e si e' messo al servizio dei compagni. Per tutta la stagione ha svolto un lavoro oscuro, ma fondamentale. Costretto a girare al largo dall'area di rigore, emarginato sull'out di sinistra avrebbe potuto gettare la spugna, chiedere di essere ceduto e invece Marco ha stretto i denti dimostrando a tutti gli scettici di essere un grande giocatore. Ad ogni pallone recuperato, ad ogni volata sulla fascia, ad ogni cross servito ad un compagno Delvecchio sentiva crescere attorno a se la fiducia dell’ambiente e poco importava se sui maggiori quotidiani i suoi voti non andavano mai oltre una sufficienza risicata. Marco ha sopportato in maniera esemplare sia la pressione esterna che quella interna (il dualismo con Montella) e oggi può finalmente esultare. Questo finale di stagione e' stato davvero magico per lui, oltre al successo conquistato con la Roma infatti è arrivata anche la consacrazione in nazionale.Contro la Georgia Trapattoni lo ha preferito ai vari Chiesa, Montella e Inzaghi e lui per tutta risposta ha contribuito al successo finale mettendo a segno uno splendido gol, il suo secondo in maglia azzurra. Il brutto anatroccolo si e' finalmente trasformato in cigno e chissà che nella formazione della Roma 2001/02, non tocchi ancora a qualcun altro restar fuori.

 
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PLUTO ALDAIR

Post n°7 pubblicato il 24 Novembre 2008 da famigliagiove



Roma, Un altro pezzo della storia giallorossa,ci saluta. Il grande e mitico "Pluto" Aldair, brasiliano con il passo felpato e dinoccolante, ha salutato la platea romanista e l'Italia intera.Tornerà a giocare nel suo paese: il Brasile.In una calda serata di inizio giugno 50.000 tifosi romanisti, si danno appuntamento allo stadio Olimpico per l'ultima partita della stagione 2002-2003. Questa volta, però non c'è in palio la coppa Italia, o la Champions League, ma un caloroso abbraccio ad un grande uomo e professionista che per 13 anni (dal 1990 al 2003) ha indossato la maglia giallorossa con grande senso di responsabilità ed attaccamento ai colori della propria squadra di appartenenza.Il sottoscritto con queste poche righe, deve delle scuse proprio al mitico Pluto Aldair per averlo criticato forse eccessivamente nelle due annate quando in panchina c'era Zdenek Zeman (1997-1998;1998-1999).In quei 2 anni, per lui molto difficili, commise dei gravi errori difensivi dovuti anche al modulo tattico imposto dal Boemo.L'anno successivo, con il cambio in panchina,(Capello al posto di Zeman) Pluto, tornò ai livelli da fuoriclasse con la voglia innata di perseguire l'obiettivo di vincere qualcosa di importante con la Roma. Il premio, finalmente arriva, dopo 11 anni di "onorato servizio in giallorosso" con la vittoria del 3' scudetto della storia romanista (stagione 2000-2001).Questa sera, finalmente,partecipando alla festa di Aldair ho potuto capire che cosa vuol dire essere un calciatore professionista ad alti livelli.La partita per la cronaca è terminata con il risultato di 3-3 con doppietta di Romario ed Elber per la formazione brasiliana; un gol magistralmente calciato su punizione da Francesco Totti ed una doppietta proprio di Aldair per la Roma.Il risultato non contava affatto.La serata inizia con l'annuncio da parte del grande comico romano tifosissimo della Roma Antonio Giuliani,l'entrata in campo di tre generazioni di giocatori romanisti: Bruno Conti, Sebino Nela, Angelo Peruzzi, Abel Balbo, Amedeo Carboni, Giuseppe Giannini, Enrico Annoni, Miki Konsel, Antonio Carlos Zago, Francesco Totti, Emerson, Samuel, Lima, Gianni Guigou.Con tutti questi giocatori in campo, si può carpire il passato ed il presente giallorosso. Indubbiamente, fà un certo effetto veder giocare Brunetto Conti accanto a Totti, con la voglia di un ragazzo sempre pronto a dribblare l'avversario e che avversari stasera: i brasiliani campioni del Mondo del 1994.Terminata la partita, il momento più commovente per i numerosi spettatori presenti allo stadio: le luci dell'Olimpico, magicamente si spengono, e come d'incanto s'innalzano dei fuochi artificiali con il grande Pluto Aldair sulle note di "Roma Roma Roma" ed "Arrivederci Roma", percorre il giro di tutto il campo per salutare e ringraziare tutti i tifosi presenti in questa suggestiva serata romana.La mitica maglia n'6 indossata per tredici anni da Aldair, rimarrà per sempre esposta al centro sportivo di Trigoria.GRAZIE ALDAIR! TORNA PRESTO A ROMA!

 
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GABRIELE BASTISTUTA

Post n°6 pubblicato il 24 Novembre 2008 da famigliagiove



Gabriel Batistuta nasce il 1°febraio 1969 ad Reconquista, un piccolo paese vicino santa fe, in argentina, ma passa la sua infanzia e cresce a reconquista: suo padre, Omar Batistuta, è un macellaio, mentre la madre Gloria una segretaria scolastica, i quali oltre a lui hanno anche tre figlie minori, Alejandra, Elisa e Gabriela.

Nell'estate del 2000 Batistuta passò alla Roma (per l'acquisto del giocatore il presidente giallorosso Franco Sensi sborsò ben 70 miliardi di lire). Al suo passaggio alla Roma, la sua maglia storica, la numero 9, era già di Vincenzo Montella. Dopo una lunga polemica durata tutta l'estate del 2000, alla fine Batistuta decise di prendere il numero 18. I due anni successivi invece utilizzò il 20 (come i gol da lui segnati nella sua prima stagione capitolina) e il 33 (i suoi anni nel 2002).Alla Roma Batistuta disputò una stagione strepitosa, in cui segnò 20 gol,[9] contribuendo in maniera decisiva alla vittoria del terzo scudetto della storia della squadra capitolina, il primo della carriera per l'argentino; ancora nella memoria dei tifosi giallorossi sono la sua doppietta nella partita di andata al Parma, il gol nel derby con la Lazio e all'ultima giornata di campionato sempre contro il Parma. Durante Roma-Fiorentina del 26 novembre del 2000 Batistuta segnò negli ultimi minuti il gol della vittoria per i giallorossi. Nell'occasione non esultò, e anzi scoppiò in lacrime, consolato poi dai compagni di squadra.[10] Il 19 agosto 2001 inoltre l'argentino vinse la sua seconda Supercoppa Italiana. I ben noti problemi alla caviglia cominciarono però a farsi sentire e infatti la stagione successiva non si rivelò brillante come la precedente, poiché Batistuta segnò solo 6 gol

 
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FRANCESCO ROCCA

Post n°5 pubblicato il 24 Novembre 2008 da famigliagiove




Una forza della natura, un talento vero.Fa il suo esordio da giovanissimo, il 25 marzo 1973 nel corso di un Milan-Roma.Precoce l'esordio ma ancora più repentino è il declino e non per suoi demeriti.Il 19 ottobre 1976, a ventidue anni appena compiuti, al centro sportivo delle Tre Fontane, in ritiro con la Nazionale Rocca si infortuna al ginocchio. Da quel momento inizia l'immeritata parabola discendente di 'Kavasaki'. Infortuni a catena che lo costringeranno all'abbandono a soli 28 anni.

Rocca rimane un pezzo della Roma intervista "Scusate se, forse un po' a torto, considero anche miei i successi della Roma. Non voglio sembrare irriverente nè togliere meriti a tutti coloro che hanno fatto grande la squadra giallo rossa ma non riesco a parlare della Roma come se fosse una cosa ormai staccata da me. Non ho fatto nulla per portare in alto i colori romanisti, non ho sudato, non ho lottato con i compagni, non ho diviso con loro ansie e tormenti di ogni vigilia. Non li ho neppure seguiti nelle trasferte, nei ritiri, negli allenamenti. Con un ginocchio a pezzi sono rimasto fermo al palo proprio quando la grande Roma stava prendendo i primi contorni. Come non pensare oggi che soltanto la sfortuna mi ha portato via la gioia più grande? Arrendersi di fronte a un ginocchio a soli ventisette anni è stato un po' come morire: ero nella piena maturità professionale e avevo capito che tanti anni di sacrifici stavano per ottenere giusta ricompensa. Ho lottato mesi, anni contro l'evidenza, ho subìto cinque operazioni, ho smesso e ripreso gli allenamenti un'infinità di volte con il pensiero fisso di farmi trovare puntuale all'appuntamento. Invano. Il grande « salto » c'è stato, la Roma è diventata una « stella » del calcio italiano ed europeo ma Francesco Rocca quell'appuntamento l'ha mancato. Forse per un senso di rivincita mi piace considerare anche « mia » questa Roma e non soltanto perché, a ventotto anni, sono diventato un dirigente giallo rosso. Perdonate dunque il pizzico di prepotenza e parliamo di quello che molti critici si ostinano a chiamare « miracolo Roma ». Quello giallorosso non è un « miracolo » e non è neppure un « sogno ». Sostituendo la parola « lavoro » a « miracolo » e la par.ola « programmazione » a « sogno » e avrete svelato il segreto. Che la Roma sarebbe diventata grande l'ho capito anni fa quando il presidente Viola prese Liedholm strappandolo al Milan che aveva appena vinto il suo decimo scudetto. I miei amici, i compagni di allora lo ricorderanno: « Questi due uomini -dissi -:- porteranno a Roma lo scudetto ». La mente organizzativa del presidente e la competenza tecnica del « barone » svedese, il suo carisma, sono alla base dei successi di una squadra che nessuno meglio di me sa essere stata costruita con pazienza, raziocinio e lungimiranza. Viola ha fatto grande la società, Liedholm ha fatto grande la squadra. Oggi sono una piccola rotella del colossale ingranaggio giallorosso, siedo dietro a una scrivania, viaggio spesso. Il mio cuore e i miei pensieri però continuano a correre sul campo. Una volta alla settimana vado a allenarmi con quelli che considero ancora miei compagni. Il mio ginocchio non mi permette di più. Proprio in queste occasioni, vivendo a stretto contatto con l'ambiente della squadra ho capito che il fenomeno Roma non è passeggero. Credo invece il contrario: l'era giallo rossa è appena cominciata. Si parla da sempre dello « stile Juventus », ora grazie a Viola e Liedholm è nato uno « stile Roma » che durerà negli anni. Non so come si scrive una prefazione. Ho messo giù queste righe cercando di esprimere quello che ho dentro. Sento tuttavia la necessità di ringraziare chi, realizzando questo libro sui personaggi che hanno fatto grande la Roma, ha pensato anche a me. Non avessi avuto tanta sfortuna l'autore di questa pubblicazione avrebbe messo Francesco Rocca nelle pagine seguenti, tra i diciassette giocatori giallorossi. Purtroppo a 28 anni non sono più un calciatore ma essere stato invitato a scrivere queste due pagine mi riempie d'orgoglio e mi permette di partecipare in qualche modo ai successi della Roma con la certezza che i tifosi non mi hanno mai dimenticato".

 
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