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(Gianfranco Fini)

 
 

 

 
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C'era una volta la coerenza...

Post n°130 pubblicato il 30 Ottobre 2008 da Verginello_71

Giorni duri, questi. Dove ho la testa altrove. E non necessariamente in luoghi belli o piacevoli. Rinuncio volutamente alla sintesi visto che, anche in condizioni normali, è una dote che non mi appartiene. E temo, per il motivo citato due righe più su, che dovrò fare a meno anche di un certo filo logico o progressivo. Ma ho bisogno di scrivere. Prendete il tutto per ciò che è.

COERENZA
La mia definizione di coerenza è piuttosto semplice. Matematica oserei dire. "Tutto è soggettivo, relativo". Questa è una frase che uso molto spesso, ma a cui io per primo non credo affatto. Ci sono cose oggettive e cose soggettive. Ci sono modi di affrontare alcune cose che sono meramente soggettivi; cosa diversa invece quando si tratta di dare una definizione univoca, logica. Matematica, appunto. La coerenza è il filo logico (in cui essa esprime sia il modo che l'obiettivo) che lega un pensiero alla successiva azione. Se un dato pensiero esprime "A", la conseguente azione avrà come moto e fine ultimo (o risultato, se preferite) "A". Niente "se", niente "ma", niente orpelli linguistici o mentali. La coerenza è questa. Niente eccezioni (per me le eccezioni non confermano affatto la regola), niente attenuanti. Se penso "A", devo agire per ottenere "A", in funzione di quella "A".

PERSONALE E COLLETTIVA
E' abbastanza ovvio che, prima di tutto, ognuno di noi si deve preoccupare di essere coerente con/verso sè stesso. Ma "nessun uomo è un'isola", l'uomo è e resta un animale sociale. Quindi è inevitabile che, prima o poi, la propria coerenza personale debba confrontarsi/scontrarsi con la coerenza verso gli altri. L'assenza di una delle due esclude automaticamente l'altra. Non ci può essere, quindi, una coerenza piena, se ciò che pensiamo/facciamo ha una logica solo con/verso noi stessi. Come del resto non è piena se si esprime/realizza in un dato modo quando siamo con gli altri, ma cambia quando riguarda solo noi stessi. Oppure il modo non cambia, ma cambia l'obiettivo, quello che si vuole raggiungere oltre il puro pensiero. In sostanza quando "A" non è più uguale a "A" o non mira/aspira più ad "A".

GLOBALE
Come voi gironzolo per i blog. Io non molto, a dire il vero. Per motivi che non ha senso sondare ora. Non so se anche voi avete la strana sensazione di vedere una sorta di filo comune che lega la grande maggioranza dei blog (e qundi, di riflesso, la vita reale). Dove il proprietario del blog racconta e/o analizza la propia vita ma anche quello che lo circonda. E mi pare di notare che moltissimi, analizzino il mondo come se lo guardassero da una posizione privilegiata. Critiche ovunque e comunque, ma senza chiamarsi mai in causa direttamente. C'è sempre un "loro" fanno questo, "gli altri" fanno quello. Non c'è mai un "io". Non c'è mai un "noi". L'"io" compare solo per chiamarsi fuori dalle magagne. "Io non sono così". E' solo una MIA sensazione? E' solo una sensazione? Chi di voi ha letto il mio blog (anche riguardo a post datati) si sarà accorto (se ha un minimo di "occhio" e senso critico) che spesso ho usato termini come "io", "noi". Dove una analisi critica di un dato argomento comporta sempre comunque il farne parte. Non illudetevi, non ho voluto precisare questo per dimostrarvi che sono coerente. Essere coerenti è ben altra cosa...

TOTALE
....appunto. Se volessi mostrarvi quanto mi reputo coerente, migliore, estraneo alle magagne di cui parlavo prima, finirei per contraddirmi inevitabilmente. Passando da accusatore ad accusato: accusatore DI me stesso e accusato DA me stesso. Non so se vi siete mai posti questa domanda: è sufficiente essere coerenti una volta su una/due/tre/quattro per ritenersi coerenti? Basta la famosa "una tantum"? C'è una percentuale ragionevole entro cui ci si possa sentire coerenti? Io mi sono risposto. Con la stessa freddezza logico-matematica che ho usato per definirla. NO, non è sufficiente. La vera coerenza vive nel "per sempre". Io non mi sento nè reputo coerente se riesco ad esserlo il 95% delle volte (percentuale su cui metterei subito la firma!). E nemmeno se quel 95 si tramutasse in 99%. In un gesto di bontà verso me stesso, tutt'al più posso concedermi "sono sulla buona strada per imparare ad esserlo". Oppure "mi sto impegnando per...", "sto facendo del mio meglio per...". Ma finchè la coerenza non diventa un modo proprio di essere, e lo diventa in ogni singola cosa che facciamo, dalla più insignificante alla più complessa, non può essere chiamata tale.

CONCLUSIONE
In virtù di tutto quello che ho scritto fino ad ora, voglio dirvi una sola cosa. Avrei potuto scriverla molto semplicemente. Ma mi piace argomentare ciò che dico, ove e quando possibile. E tutto sommato, mi pare di averlo fatto in maniera non troppo contorta. E' tutto molto semplice: "A" è uguale ad "A", sia che tu sia da solo e sia che tu sia in mezzo agli altri. Avrei potuto scrivere semplicemente, ciò che scriverò tra poco, senza troppi giri di parole. Ma ho voluto spiegarvi - o quanto meno provare a farlo - che quando si tratta di valori oggettivi (e quindi assoluti) divento moooolto mooolto intransigente e severo. Sopratutto e prima di tutto con me stesso. Ecco perchè ci tenevo a dirvi che
IO
NON SONO
COERENTE.

 
 
 
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