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(Gianfranco Fini)

 
 

 

 
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Il solito razzista...

Post n°156 pubblicato il 01 Giugno 2009 da Verginello_71

Problema nomadi. La mia visione verrà considerata razzista, pazienza: correrò questo rischio. Il fatto è che, consapevole della mia ignoranza in materia, ci sono cose che non capisco. E vorrei che qualcuno me le spiegasse affrontando il problema in termini pratici, oltre che etici. Partiamo dal significato della parola nomade. Cioè colui che non ha fissa dimora, che si sposta continuamente per motivi lavorativi, sociali, culturali. Il punto è proprio quel "si sposta". Non so come funzioni negli altri Stati, ma da noi il nomade arriva PER RESTARE. Non si spostano, non seguono flussi migratori/lavorativi. Si fermano in forma stabile. E già qui, in termini puramente pratici, lo status di nomade riconosciuto dalla carte internazionali, decade di botto. Altra cosa che non capisco: forse prima della caduta del muro, poteva sussistere un problema di migrazione di massa dovuta dalla situazione politica interna. La fuga da regimi o pseudoregimi comunisti poteva (doveva) giustificare l'ingresso di queste persone. Ma ora? Alcuni di quei paese sono nella Comunità Europea, altri vi entreranno col tempo. Alcuni di questi paesi stanno lentamente equiparandosi agli standard economici (e quindi di vita) di tutti gli altri paesi membri. Quindi non mi spiego perchè mai una persona decida di spostarsi dal proprio paese (che non sarà certo "l'America" ma è altrettanto certo che non è più "la Russia") per venire in Italia (o in un qualsiasi altro paese) per vivere sotto un ponte, tra baracche, sporcizia, malattie, povertà, indegenza. Se devo tirare in ballo l'etica e coniugarvi la pratica, mi viene naturale pensare a tante altre persone (di altri popoli) che fuggono da paesi dove guerra e fame sono realtà inconfutabili. E che a questi - si! - occorrerebbe dare precedenza e prestare aiuti. Spendendo/investendo soldi e forze (dell'ordine e non) per garantire i requisiti minimi della dignità umana. Piuttosto che spendere soldi per ruspe che demoliscano le baracche, o spendano (non aggiungo investano, non lo considero un investimento, mi spiace) fondi comuni per creare casette prefabbricate o piccoli villaggi creati ad hoc per qualcuno che potrebbe (dovrebbe), in virtù della sua non più vocazione nomade, tornare al suo paese d'origine, dove - nella peggiore delle ipotesi - non vivrebbero peggio, poichè già da noi "vivono" in condizioni disumane. Razzismo? Può darsi, lo metto in conto. Io penso più ad un discorso di oggettive priorità, non necessariamente dettate dal nazionalismo o dal campanilismo. Il discorso poi diventerebbe assai lungo, visto che entrerebbe in gioco il discorso sulla clandestinità, sul suo significato, sui mezzi usati per combatterla o per trasformarla in libera circolazione di merci e esseri umani. Ma se penso che potrebbero esserci campi nomadi regolari, funzionali, vivibili, puliti, attrezzati (come dice di voler fare Maroni a Milano) PRIMA dei centri di accoglienza per i rifugiati politici o PRIMA delle case per i terremotati dell'Abruzzo....

 
 
 
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