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MESTRE CITTA'

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Lo stadio F.Baracca non è un prato

Post n°11 pubblicato il 07 Febbraio 2008 da jurames3

Ci risiamo. le vecchie abitudini, specie quelle brutte, non muoiono mai. 
Per Mestre esiste una sola parola d'ordine: erogare servizi. Non sarebbe sbagliato di per se, ma in questo modo la Città continua a venir trattata da eterna periferia. Da sobborgo, dove l'importante è assicurare ai suoi abitanti solo che le fogne non tracimino (con alterni successi) o che ci siano dei marciapiedi, se rosa o azzurri non importa.
 Mestre sì, ha notevole bisogno di servizi, ma anche di essere riconsiderata. Come Città. E una Città, a differenza di una periferia-dormitorio, ha bisogno anche di altro. 
C'è bisogno di capire, ad esempio, che lo stadio Francesco Baracca, non è un pezzo di prato. Buono da vendere come area edificabile per creare (chissà poi quando) nuove strutture sportive. Lo stadio nasce insieme alla nuova Mestre, all'inizio del secolo scorso, cresce con Mestre e ne è parte integrante. E' uno dei pochissimi "monumenti" di Mestre, non inteso come valore prettamente storico ma come valore culturale e sociale. In una Città dove la storia è stata cancellata. Perché questo è il vero valore dello stadio Baracca, unico vero luogo di aggregazione cittadina insieme a piazza Ferretto. La maggior parte dei mestrini sopra i 30 hanno visto almeno una partita dentro quelle mura, in migliaia si sono appassionati, il migliaia hanno calcato con emozione quel prato. Un pezzo di città che la domenica si ravvivava, con le osterie aperte per l'aperitivo o il cicheto del dopo partita. Uno stadio costruito per far spazio a quella squadra che stupiva l'Italia sportiva, fino alla serie B, con il suo "giuoco" innovativo, fino ad essere chiamata dai giornali sportivi nazionali "Il piccolo Torino". Uno spazio che gli appassionati e i tifosi avevano già conquistato di diritto, portandosi sedie e panchine da casa, montandole sopra i camion e allestendo strutture di fortuna per poter ammirare quell'"undici" con lo scudetto cittadino sul petto. Uno stadio voluto fortemente dalla gente di Mestre. Un campo dove c'è chi ricorda ancora gli allenamenti di Valentino Mazzola, il portamento di Gianni Rivera, il cappello di Paron Rocco, la classe di Falcao fino alla pelata inconfondibile di un Collina alle prime armi. Cancellarlo significa dare l'ennesimo smacco a chi non considera Mestre solo un dormitorio, ma la vive e la sente propria. Abbatterlo sarebbe un'enorme segno di insensibilità e miopia politica. Perché una città si recupera anche con le nuove opere e i servizi, ma non continuando a mortificarne e a cancellarne lo spirito. L'amministrazione dimostri ai mestrini, a coloro che si indignano ma soprattutto ai tanti che assistono impotenti e in silenzio, che il business non è tutto. Che il business si può fare altrove. Perché tutti sappiamo che si può fare altrove. Anche oggi lo stadio è attivo, le cosiddette società minori sono in realtà le maggiori rappresentative cittadine, hanno un discreto seguito domenicale e un importante seguito di simpatia e interesse anche da casa. Coinvolgono ragazzi che sono orgogliosi di portare quelle maglie con il simbolo della torre.
Considerare il Baracca come un pezzo di terra edificabile significa continuare a calpestare la nostra Città, continuare a vederla come una grande periferia. 
Siamo convinti che lo slogan "Mestre bella" coniato del compianto Gaetano Zorzetto, volesse significare anche questo: bella fuori e bella dentro. Non estirpate quel poco di anima rimasta. Mestre non merita questo.

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