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L’ Associazione Secolare “Missionari Francescani del Rosario” si è riunita per la prima volta nel 2009 presso l’ospedale civile di Caserta. Si desiderava dar vita ad un’associazione di laici che vivesse nel mondo la missionarietà propria che scaturisce dal Battesimo, nella semplicità francescana, evangelizzando attraverso la preghiera del Rosario. Primo assistente spirituale dell'associazione è fra Rosario Perucatti ofmcap, ex cappellano dello stesso ospedale. Fra Rosario ha riunito intorno a sé volontarie e volontari ai quali ha dato mandato di recitare il santo Rosario della Madonna di Pompei insieme agli ammalati e ai loro familiari nella sala di attesa della rianimazione e nei vari reparti dell’Ospedale. Lo stesso fra Rosario ha poi dato vita ad una catechesi mariana, attraverso la Lettera Apostolica di Giovanni Paolo II, “Rosarium Virginis Mariae”, cui tutti erano chiamati a partecipare per acquisire una maggiore conoscenza del Rosario. Alla Missionaria dell’Immacolata Padre Kolbe Lucia Corcella, poi, è stata affidata una ulteriore catechesi sul valore ed il significato della missionarietà. È nata, infine, la tradizione di Solennizzare la festa della Madonna del Rosario il 7 ottobre: durante la Celebrazione Eucaristica, viene consegnato il mandato missionario a coloro che entrano a tutti gli effetti nell’Associazione. Oggi, l'“Associazione Secolare missionari francescani del Rosario”, nata dallo spontaneo desiderio di portare la parola di Dio ai fratelli, ha raggiunto una sua forma statutaria e continua ad operare anche al di fuori dell’ospedale e si offre a quanti sentono il desiderio di pregare.
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Post n°1714 pubblicato il 05 Gennaio 2017 da mfr_caserta
Dal Vangelo secondo Giovanni 1,43-51 In quel tempo, Gesù volle partire per la Galilea; trovò Filippo e gli disse: «Seguimi!». Filippo era di Betsàida, la città di Andrea e di Pietro. Parola del Signore
Commento su Giovanni 1,43-51 Il Dio che si fa uomo cerca collaboratori. E non li cerca fra i dottori della legge o tra i pii farisei: non vuole creare una èlite di devoti, un gruppo di migliori. Vuole uomini veri, fragili, diversi, come noi siamo veri, fragili, diversi. Persone dal carattere impetuoso come Natananele, pieno di pregiudizi religiosi e di cui Gesù vede nel cuore l'onestà intellettuale. Uomini che si riveleranno fondamentali come Simone, che pure, nel racconto di Giovanni, non apre bocca e di cui viene sottolineata solo la cocciutaggine. Stranieri come Filippo, che grande ruolo avrà per far uscire la cerchia dei dodici dal recinto angusto di Israele. Uomini come Saulo lo zelota, omicida in nome di Dio diventato apostolo appassionato... Uomini diversi, insomma, clamorosamente impreparati e indegni, stupendamente rappresentanti della verità del mondo che Dio ama. Una pagina che mette in crisi una visione "migliorista" della Chiesa, troppo diffusa, che restringe i recinti invece di andare a cercare la pecora smarrita, che pone condizioni (che Dio non pone!) per diventare credenti. Impariamo dalla disarmante logica di Dio ad accogliere ogni cercatore di bene, a vedere in ogni Natanaele il lato buono, in ogni straniero un apostolo...
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Post n°1713 pubblicato il 04 Gennaio 2017 da mfr_caserta
Dal Vangelo secondo Giovanni 1,35-42 In quel tempo, Giovanni stava con due dei suoi discepoli e, fissando lo sguardo su Gesù che passava, disse: «Ecco l'agnello di Dio!». E i suoi due discepoli, sentendolo parlare così, seguirono Gesù. Parola del Signore
Commento su Giovanni 1,35-42 Gesù passa e il Battista lo indica ai suoi due discepoli, probabilmente Giovanni e Andrea di Cafarnao. Sa di avere finito il suo compito, di avere adempiuto alla propria missione. Ora deve diminuire e lasciare che sia lo sposo a prendere la scena. Mi intenerisce meditare su questo gesto così libero, così adulto, così profondo. La tentazione di diventare dei guru è sempre molto presente nei movimenti religiosi, e anche nella nostra Chiesa. Approfittare di un carisma, di una capacità, di un dono, per legare a sé stessi gli altri. Il mondo è pieno di maestri, spesso cattivi maestri, più attenti al proprio ruolo che al proprio mandato. Giovanni no, non è così. Ha dovuto cambiare completamente la sua prospettiva: ha vissuto tutta la sua vita predicando la venuta di un Messia che, quando viene, è completamente diverso da come l'aveva descritto. Invece di arroccarsi nelle proprie posizioni, invece di insistere sulla propria prospettiva aspettando un altro Messia, ha saputo piegarsi al potente soffio dello Spirito. Ora lascia andare i suoi discepoli, ora sa che il suo compito è finito.
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Post n°1712 pubblicato il 03 Gennaio 2017 da mfr_caserta
Dal Vangelo secondo Giovanni 1,29-34 In quel tempo, Giovanni, vedendo Gesù venire verso di lui, disse: «Ecco l'agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo! Egli è colui del quale ho detto: "Dopo di me viene un uomo che è avanti a me, perché era prima di me". Io non lo conoscevo, ma sono venuto a battezzare nell'acqua, perché egli fosse manifestato a Israele». Parola del Signore Commento su Giovanni 1,29-34 Per due volte Giovanni Battista afferma di non conoscere Gesù. Il più grande profeta di Israele dopo una vita passata a cercare Dio, consumato dal desiderio della sua presenza, vivendo nel deserto nella preghiera e nell'ascesi, ammette candidamente di non avere conosciuto Dio fino a quel momento! È stordito, confuso: si aspettava la venuta di un Messia energico e possente, pronto a fustigare il lassismo e l'inedia del popolo, un Messia pronto a tagliare con l'ascia l'albero improduttivo, un nuovo, focosissimo Elia, ed invece si ritrova Gesù in fila con i penitenti... Lo Spirito lo illumina: Giovanni capisce che Gesù non sferza i peccatori, ma condivide con loro la strada per riportarli all'ovile. Anzi: intuisce che Gesù, come l'agnello ucciso la sera di Pasqua, è disposto a versare il proprio sangue per far uscire Israele dalla propria condizione di schiavitù interiore. Ci vuole tutta la vita per scoprire il vero volto di Dio, ci vuole mansuetudine e intelligenza per restare aperti e disponibili alle continue sorprese che ci riserva lo Spirito. Restiamo vigilanti, senza mai presumere di avere capito chi è Dio.
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Post n°1711 pubblicato il 02 Gennaio 2017 da mfr_caserta
Dal Vangelo secondo Giovanni 1,19-28 Questa è la testimonianza di Giovanni, quando i Giudei gli inviarono da Gerusalemme sacerdoti e levìti a interrogarlo: «Tu, chi sei?». Egli confessò e non negò. Confessò: «Io non sono il Cristo». Allora gli chiesero: «Chi sei, dunque? Sei tu Elìa?». «Non lo sono», disse. «Sei tu il profeta?». «No», rispose. Gli dissero allora: «Chi sei? Perché possiamo dare una risposta a coloro che ci hanno mandato. Che cosa dici di te stesso?». Rispose: «Io sono voce di uno che grida nel deserto: Rendete diritta la via del Signore, come disse il profeta Isaìa». Parola del Signore
Commento su Giovanni 1,19-28 Non ci possiamo accorgere del sorriso di Dio se il nostro cuore è pieno di noi stessi. Se la nostra unica preoccupazione è quella di apparire, se la nostra ansia di essere accettati, accolti, applauditi ci strangola e monopolizza ogni nostro pensiero, ogni nostra azione. Non possiamo fare spazio a Dio se diventiamo "dio" per noi stessi. Questo ci insegna, oggi, la splendida pagina di Giovanni che vede protagonista il Battista. Sono venuti da lontano per interrogarlo, la gente accorre da tutto Israele per ascoltare la sua predicazione e per farsi battezzare. Tutti pensano, in cuor loro, che sia lui il Messia: ne ha le qualità e la forza. Potrebbe prendersi per Dio, ma non lo fa. Vive con verità ed umiltà il suo ministero, la sua missione. Molti pensano che per essere credenti occorra dimenticare se stessi. Il vangelo, invece, pone al discepolo la domanda cruciale: che dici di te stesso? Giovanni Battista non si prende per Dio e, alla luce della Parola, pieno dell'esperienza di Dio, dice di essere solo una voce. Il più grande uomo mai nato sulla terra sa dire di se stesso che è una voce imprestata alla Parola di Dio. E noi, cosa diciamo di noi stessi?
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Post n°1710 pubblicato il 02 Gennaio 2017 da mfr_caserta
Dal Vangelo secondo Giovanni 1,19-28 Questa è la testimonianza di Giovanni, quando i Giudei gli inviarono da Gerusalemme sacerdoti e levìti a interrogarlo: «Tu, chi sei?». Egli confessò e non negò. Confessò: «Io non sono il Cristo». Allora gli chiesero: «Chi sei, dunque? Sei tu Elìa?». «Non lo sono», disse. «Sei tu il profeta?». «No», rispose. Gli dissero allora: «Chi sei? Perché possiamo dare una risposta a coloro che ci hanno mandato. Che cosa dici di te stesso?». Rispose: «Io sono voce di uno che grida nel deserto: Rendete diritta la via del Signore, come disse il profeta Isaìa». Parola del Signore
Non ci possiamo accorgere del sorriso di Dio se il nostro cuore è pieno di noi stessi. Se la nostra unica preoccupazione è quella di apparire, se la nostra ansia di essere accettati, accolti, applauditi ci strangola e monopolizza ogni nostro pensiero, ogni nostra azione. Non possiamo fare spazio a Dio se diventiamo "dio" per noi stessi. Questo ci insegna, oggi, la splendida pagina di Giovanni che vede protagonista il Battista. Sono venuti da lontano per interrogarlo, la gente accorre da tutto Israele per ascoltare la sua predicazione e per farsi battezzare. Tutti pensano, in cuor loro, che sia lui il Messia: ne ha le qualità e la forza. Potrebbe prendersi per Dio, ma non lo fa. Vive con verità ed umiltà il suo ministero, la sua missione. Molti pensano che per essere credenti occorra dimenticare se stessi. Il vangelo, invece, pone al discepolo la domanda cruciale: che dici di te stesso? Giovanni Battista non si prende per Dio e, alla luce della Parola, pieno dell'esperienza di Dio, dice di essere solo una voce. Il più grande uomo mai nato sulla terra sa dire di se stesso che è una voce imprestata alla Parola di Dio. E noi, cosa diciamo di noi stessi?
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Inviato da: desaix62
il 01/09/2016 alle 10:52
Inviato da: comelunadinonsolopol
il 25/08/2016 alle 11:48
Inviato da: desaix62
il 27/07/2016 alle 09:34
Inviato da: generazioneottanta
il 15/07/2016 alle 14:05
Inviato da: gesu_risortoannunz1
il 20/04/2016 alle 18:45