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Missionari francescani del Rosario

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CHI SIAMO

 

L’ Associazione Secolare “Missionari Francescani del Rosario” si è riunita per la prima volta nel 2009 presso l’ospedale civile di Caserta. Si desiderava dar vita ad un’associazione di laici che vivesse nel mondo la missionarietà propria che scaturisce dal Battesimo, nella semplicità francescana, evangelizzando attraverso la preghiera del Rosario. Primo assistente spirituale dell'associazione è fra Rosario Perucatti ofmcap, ex cappellano dello stesso ospedale. Fra Rosario ha riunito intorno a sé volontarie e volontari ai quali ha dato mandato di recitare il santo Rosario della Madonna di Pompei insieme agli ammalati e ai loro familiari nella sala di attesa della rianimazione e nei vari reparti dell’Ospedale. Lo stesso fra Rosario ha poi dato vita ad una catechesi mariana, attraverso la Lettera Apostolica di Giovanni Paolo II, “Rosarium Virginis Mariae”, cui tutti erano chiamati a partecipare per acquisire una maggiore conoscenza del Rosario. Alla Missionaria dell’Immacolata Padre Kolbe Lucia Corcella, poi, è stata affidata una ulteriore catechesi sul valore ed il significato della missionarietà. È nata, infine, la tradizione di Solennizzare la festa della Madonna del Rosario il 7 ottobre: durante la Celebrazione Eucaristica, viene consegnato il mandato missionario a coloro che entrano a tutti gli effetti nell’Associazione. Oggi, l'“Associazione Secolare missionari francescani del Rosario”, nata dallo spontaneo desiderio di portare la parola di Dio ai fratelli, ha raggiunto una sua forma statutaria e continua ad operare anche al di fuori dell’ospedale e si offre a quanti sentono il desiderio di pregare.

 

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Il Vangelo

Post n°1724 pubblicato il 07 Febbraio 2017 da mfr_caserta

Dal Vangelo secondo Marco 7,1-13

In quel tempo, si riunirono attorno a Gesù i farisei e alcuni degli scribi, venuti da Gerusalemme.
Avendo visto che alcuni dei suoi discepoli prendevano cibo con mani impure, cioè non lavate - i farisei infatti e tutti i Giudei non mangiano se non si sono lavati accuratamente le mani, attenendosi alla tradizione degli antichi e, tornando dal mercato, non mangiano senza aver fatto le abluzioni, e osservano molte altre cose per tradizione, come lavature di bicchieri, di stoviglie, di oggetti di rame e di letti -, quei farisei e scribi lo interrogarono: «Perché i tuoi discepoli non si comportano secondo la tradizione degli antichi, ma prendono cibo con mani impure?».
Ed egli rispose loro: «Bene ha profetato Isaìa di voi, ipocriti, come sta scritto: "Questo popolo mi onora con le labbra, ma il suo cuore è lontano da me. Invano mi rendono culto, insegnando dottrine che sono precetti di uomini".
Trascurando il comandamento di Dio, voi osservate la tradizione degli uomini».
E diceva loro: «Siete veramente abili nel rifiutare il comandamento di Dio per osservare la vostra tradizione. Mosè infatti disse: "Onora tuo padre e tua madre", e: "Chi maledice il padre o la madre sia messo a morte". Voi invece dite: "Se uno dichiara al padre o alla madre: Ciò con cui dovrei aiutarti è korbàn, cioè offerta a Dio", non gli consentite di fare più nulla per il padre o la madre. Così annullate la parola di Dio con la tradizione che avete tramandato voi. E di cose simili ne fate molte».

Parola del Signore

 


Commento su Marco 7,1-13

Gesù si schiera chiaramente contro l'osservanza pedissequa della Legge orale. Le famose dieci parole date al popolo attraverso Mosè non erano sufficienti ad aiutare il fedele ad osservare l'alleanza e, così, già diversi secoli prima di Cristo i rabbini avevano chiesto di erigere una siepe a protezione della Torah. Al tempo di Gesù i precetti erano diventati 613, di cui 365 negativi, uno per ogni giorno dell'anno, e i restanti positivi, secondo il numero delle ossa che formavano il corpo umano. E, tanto per farli gradire, i nuovi precetti erano stati attribuiti a Mosè, cosa del tutto fasulla. Gesù non contesta la Legge ma l'interpretazione restrittiva che ne fanno i farisei, giungendo al paradosso, come nel caso citato oggi, in cui si preferisce finanziare le casse del tempio piuttosto che sostenere i proprio genitori anziani! Stiamo attenti anche noi, cattolici praticanti, che a volte filtriamo il moscerino e ingoiamo il cammello. Gesù è venuto a liberarci da una visione di Dio piccina, fatta di regole e di minuzie, per darci una prospettiva ampia, adulta, liberante. Che la libertà acquistataci a caro prezzo, direbbe san Paolo, non venga vanificata da nuove regole inventate dagli uomini, anche se devoti!

 

 
 
 

Il Vangelo

Post n°1723 pubblicato il 06 Febbraio 2017 da mfr_caserta

Dal Vangelo secondo Marco 6,53-56

In quel tempo, Gesù e i suoi discepoli, compiuta la traversata fino a terra, giunsero a Gennèsaret e approdarono.
Scesi dalla barca, la gente subito lo riconobbe e, accorrendo da tutta quella regione, cominciarono a portargli sulle barelle i malati, dovunque udivano che egli si trovasse.
E là dove giungeva, in villaggi o città o campagne, deponevano i malati nelle piazze e lo supplicavano di poter toccare almeno il lembo del suo mantello; e quanti lo toccavano venivano salvati.

Parola del Signore


Commento su Marco 6,53-56

Il mantello del Signore. Chi lo sfiora guarisce, dice Marco. La folla fa ressa attorno a Gesù per poterlo vedere, ascoltare, per guarire. Alcuni lo scambiano per un santone guaritore, uno dei molti che calcano le strade degli uomini, di tanto in tanto. Ma a lui va bene anche così: richiama le persone all'essenziale, non spettacolarizza ma fa della guarigione il segno della venuta del Regno in mezzo a noi. Anch'io sono stato sfiorato dal mantello del Signore. Più volte. Anche tu, amico lettore. Durante una messa che ci ha aperto il cuore, di fronte ad una parola del Vangelo che ci ha scossi, durante un tramonto al mare e in montagna in cui abbiamo misurato il limite delle nostre pretese, davanti ad gesto di amore puro che ci ha commosso nell'intimo. Continua a passare, il Signore, e ci sfiora col suo mantello, ci guarisce nel profondo, ci rende uomini e donne nuovi. E anche noi possiamo diventare mantello del Signore che sfiora gli ammalati e gli scoraggiati, con le nostre parole, con la nostra pazienza, col nostro bene. Non ci è dato di incontrare il Signore Gesù se non attraverso dei segni, sempre eloquenti, spesso intensi e anche noi siamo chiamati a diventare sacramento dell'attenzione di Dio, oggi.

 

 
 
 

Il Vangelo

Post n°1722 pubblicato il 02 Febbraio 2017 da mfr_caserta

Dal Vangelo secondo Luca 2,22-40

Quando furono compiuti i giorni della loro purificazione rituale, secondo la legge di Mosè, Maria e Giuseppe portarono il bambino a Gerusalemme per presentarlo al Signore - come è scritto nella legge del Signore: «Ogni maschio primogenito sarà sacro al Signore» - e per offrire in sacrificio una coppia di tortore o due giovani colombi, come prescrive la legge del Signore.
Ora a Gerusalemme c'era un uomo di nome Simeone, uomo giusto e pio, che aspettava la consolazione d'Israele, e lo Spirito Santo era su di lui. Lo Spirito Santo gli aveva preannunciato che non avrebbe visto la morte senza prima aver veduto il Cristo del Signore.
Mosso dallo Spirito, si recò al tempio e, mentre i genitori vi portavano il bambino Gesù per fare ciò che la Legge prescriveva a suo riguardo, anch'egli lo accolse tra le braccia e benedisse Dio, dicendo:
«Ora puoi lasciare, o Signore, che il tuo servo vada in pace, secondo la tua parola, perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza, preparata da te davanti a tutti i popoli: luce per rivelarti alle genti e gloria del tuo popolo, Israele».
Il padre e la madre di Gesù si stupivano delle cose che si dicevano di lui. Simeone li benedisse e a Maria, sua madre, disse: «Ecco, egli è qui per la caduta e la risurrezione di molti in Israele e come segno di contraddizione - e anche a te una spada trafiggerà l'anima -, affinché siano svelati i pensieri di molti cuori».
C'era anche una profetessa, Anna, figlia di Fanuèle, della tribù di Aser. Era molto avanzata in età, aveva vissuto con il marito sette anni dopo il suo matrimonio, era poi rimasta vedova e ora aveva ottantaquattro anni. Non si allontanava mai dal tempio, servendo Dio notte e giorno con digiuni e preghiere. Sopraggiunta in quel momento, si mise anche lei a lodare Dio e parlava del bambino a quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme.
Quando ebbero adempiuto ogni cosa secondo la legge del Signore, fecero ritorno in Galilea, alla loro città di Nàzaret. Il bambino cresceva e si fortificava, pieno di sapienza, e la grazia di Dio era su di lui.

Parola del Signore.

 

Commento su Lc 2,22-40

Quella di oggi una festa preziosa nella tradizione della vita consacrata: come Gesù è "presentato" al cospetto di Dio, così i religiosi vogliono consegnare la loro vita alla tenerezza di Dio e a servizio del Regno.
Fa tenerezza immaginare la coppia di Nazareth incedere timidamente negli ampi spazi del ricostruito tempio, in mezzo ad un viavai di gente indaffarata, alle preghiere pronunciate ad alta voce, all'odore acre dell'incenso mischiato alla carne bruciata... Sono lì ad assolvere un gesto di obbedienza secondo la Legge mosaica: un'offerta da compiere per riscattare il primogenito, un rito che ricorda che la vita appartiene a Dio e a lui ne va riconosciuto il dono. Gesù obbedisce alla Legge, Dio si sottomette alle tradizioni degli uomini. Nell'obbedienza vuole cambiare le regole, nel solco della tradizione vuole ridare vitalità e senso ai gesti del suo popolo. Gesù è offerto al Padre, è donato da subito e quel gesto si ripeterà infinite volte nella sua luminosa vita. Gesù è e resta dono, diventa dono al Padre che ne fa dono all'umanità. E in questa logica del dono, oggi, desideriamo fortemente fare della nostra piccola vita un'offerta a Dio. Da lui l'abbiamo ricevuta, a lui vogliamo donarla: ciò che siamo sia utile alla realizzazione del Regno, ci aiuti a fare di ogni gesto, di ogni giorno, un atto consapevole di amore verso Dio e il suo progetto di salvezza..

 

 
 
 

Il Vangelo

Post n°1721 pubblicato il 01 Febbraio 2017 da mfr_caserta

Dal Vangelo secondo Marco 6,1-6

In quel tempo, Gesù venne nella sua patria e i suoi discepoli lo seguirono.
Giunto il sabato, si mise a insegnare nella sinagoga. E molti, ascoltando, rimanevano stupiti e dicevano: «Da dove gli vengono queste cose? E che sapienza è quella che gli è stata data? E i prodigi come quelli compiuti dalle sue mani? Non è costui il falegname, il figlio di Maria, il fratello di Giacomo, di Ioses, di Giuda e di Simone? E le sue sorelle, non stanno qui da noi?». Ed era per loro motivo di scandalo.
Ma Gesù disse loro: «Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria, tra i suoi parenti e in casa sua». E lì non poteva compiere nessun prodigio, ma solo impose le mani a pochi malati e li guarì. E si meravigliava della loro incredulità.
Gesù percorreva i villaggi d'intorno, insegnando.

Parola del Signore


Commento su Marco 6,1-6

È un rincorrersi di meraviglie e di stupori il vangelo di oggi. Si meraviglia la folla per l'eloquenza di Gesù. Si meravigliano alcuni concittadini perché Gesù, il figlio di Giuseppe, fa il predicatore senza avere il patentino. Si meraviglia il Signore della loro incredulità. Nella vita ci possiamo stupire per cose positive, per eventi che ci cambiano l'orizzonte, per alcune scoperte, come la fede, che ci mettono letteralmente le ali. Ma, purtroppo, ci possiamo anche stupire per le cose negative, infarciti dai nostri pregiudizi religiosi. Gesù non è sufficientemente qualificato per dire le cose che stupiscono! E invece di guardare la luna, gli sciocchi di sempre guardano il dito che la indica. Anche noi, purtroppo, a volte ci fermiamo all'apparenza della Chiesa e di chi parla del vangelo. Invece di ascoltare con stupore la buona notizia, ci lasciamo turbare dalle inevitabili incoerenze che talora accompagnano l'annuncio. Stupiamoci, oggi, per le tante cose belle che ci circondano e che riconosciamo come immenso segno della bontà di Dio. E che Dio non abbia a stupirsi, oggi, della nostra incredulità, della nostra poca fede. Perché Dio non è quasi mai come ce lo immaginiamo.

 

 
 
 

Il Vangelo

Post n°1720 pubblicato il 31 Gennaio 2017 da mfr_caserta

Dal Vangelo secondo Marco 5,21-43

In quel tempo, essendo Gesù passato di nuovo in barca all'altra riva, gli si radunò attorno molta folla ed egli stava lungo il mare. E venne uno dei capi della sinagoga, di nome Giàiro, il quale, come lo vide, gli si gettò ai piedi e lo supplicò con insistenza: «La mia figlioletta sta morendo: vieni a imporle le mani, perché sia salvata e viva». Andò con lui. Molta folla lo seguiva e gli si stringeva intorno.
Ora una donna, che aveva perdite di sangue da dodici anni e aveva molto sofferto per opera di molti medici, spendendo tutti i suoi averi senza alcun vantaggio, anzi piuttosto peggiorando, udito parlare di Gesù, venne tra la folla e da dietro toccò il suo mantello. Diceva infatti: «Se riuscirò anche solo a toccare le sue vesti, sarò salvata». E subito le si fermò il flusso di sangue e sentì nel suo corpo che era guarita dal male.
E subito Gesù, essendosi reso conto della forza che era uscita da lui, si voltò alla folla dicendo: «Chi ha toccato le mie vesti?». I suoi discepoli gli dissero: «Tu vedi la folla che si stringe intorno a te e dici: "Chi mi ha toccato?"». Egli guardava attorno, per vedere colei che aveva fatto questo. E la donna, impaurita e tremante, sapendo ciò che le era accaduto, venne, gli si gettò davanti e gli disse tutta la verità. Ed egli le disse: «Figlia, la tua fede ti ha salvata. Va' in pace e sii guarita dal tuo male».
Stava ancora parlando, quando dalla casa del capo della sinagoga vennero a dire: «Tua figlia è morta. Perché disturbi ancora il Maestro?». Ma Gesù, udito quanto dicevano, disse al capo della sinagoga: «Non temere, soltanto abbi fede!». E non permise a nessuno di seguirlo, fuorché a Pietro, Giacomo e Giovanni, fratello di Giacomo.
Giunsero alla casa del capo della sinagoga ed egli vide trambusto e gente che piangeva e urlava forte. Entrato, disse loro: «Perché vi agitate e piangete? La bambina non è morta, ma dorme». E lo deridevano. Ma egli, cacciati tutti fuori, prese con sé il padre e la madre della bambina e quelli che erano con lui ed entrò dove era la bambina. Prese la mano della bambina e le disse: «Talità kum», che significa: «Fanciulla, io ti dico: àlzati!». E subito la fanciulla si alzò e camminava; aveva infatti dodici anni. Essi furono presi da grande stupore. E raccomandò loro con insistenza che nessuno venisse a saperlo e disse di darle da mangiare.

Parola del Signore

 

Commento su Marco 5,21-43

Due dolori incrociano oggi i passi del Maestro Gesù: la disperazione di Giairo che sta perdendo la figlia adolescente e la paura della donna emorroissa che da anni cerca di guarire dalle sue perdite. Due dolori diversi si sovrappongono: il dolore di chi viene investito dalla durezza della vita e dal mistero della morte e il dolore di chi è vittima del pregiudizio culturale e religioso. A causa di una primitiva concezione della natura, si pensava che il principio vitale fosse contenuto nel sangue, perciò si evitava di entrare a contatto col sangue. Una donna era impura durante il suo ciclo mestruale: la donna in questione da dodici anni ha delle perdite. Dodici anni senza contatto fisico, senza un abbraccio, nulla. Se tocca Gesù vìola una precisa norma. Ma lo fa. Gesù si accorge che qualcosa è accaduto, chiede spiegazione ai suoi discepoli scettici. Possiamo avvicinarci a Gesù mille volte, ma solo se abbiamo fede ne usciamo cambiati. Così la figlia di Giairo ritorna in vita ed è restituita alla gioia della sua famiglia. Chiediamo al Signore, oggi, di guarirci da ogni malattia, di risvegliare in noi l'adolescente entusiasta e affidiamogli chi è nel dolore del lutto, nella fatica della malattia.

 

 
 
 
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