Creato da maringolarosario il 13/05/2010
Di tutto un po'
|
Post n°74 pubblicato il 05 Novembre 2014 da maringolarosario
martedì 4 novembre 2014 1500 euro a famiglia Rom per le vacanze di Natale: Una regione italiana regala soldi ai nomadi C’è pure l’imbarazzo della scelta: duecento euro per il biglietto aereo di sola andata, oppure 500 euro a testa (con un massimo di 1500 Euro per nucleo familiare) per tornare a casa; per chi vuole restare invece, c’è il sostegno sulle quote d’affitto di un alloggio. Fa discutere il piano stanziato dalla Regione Toscana per incentivare i rom a lasciare il paese, soprattutto nei termini e nelle agevolazioni concesse. Il rimpatrio assistito pagato da Società della salute e Croce Rossa ha un ché di “paradossale – come nota il capogruppo di Fratelli d’Italia in Consiglio regionale Giovanni Donzelli – e va ben oltre i limiti del ridicolo se pensiamo che la Regione Toscana offre a 130 rom una vacanza strapagata”. Vacanze di Natale – Come nota Donzelli infatti, nulla vieterebbe ai rom rimpatriati di ritornare in Italia: le misure stanziate dalla Giunta guidata dal presidente Enrico Rossi, come scrive ilgiornale.it, prevedono il volo di sola andata e 200 euro a testa oppure 500 euro a persona, e alla lunga “il beneficiario potrebbe tranquillamente andare in vacanza a trovare i parenti, incassare i 500 euro e spenderne 100 per tornare in Toscana con il primo pulmino”. In questo modo le misure adottate dalla giunta si trasformerebbero in una sorta di vacanza premio, che con l’avvicinarsi delle vacanze di Natale hanno il sapore della beffa per i milioni di italiani che invece faticano ad arrivare a fine mese. Il precedente – La perseverante Giunta toscana, già nel 2011, a Quaracchi (periferia fiorentina), stanziò 400mila euro per incentivare 120 nomadi accampati in una zona piena di amianto, a tornarsene in Romania: peccato che la maggior parte di questi, intascati i soldi ben si guardò dal lasciare il paese, e rimase al contrario, in Italia. |
Post n°73 pubblicato il 05 Novembre 2014 da maringolarosario
De Magistris: su Bagnoli Renzi ha tradito Napoli NAPOLI - Il sindaco di Napoli Luigi de Magistris parteciperà alla mobilitazione contro lo Sblocca Italia e il decreto su Bagnoli organizzata dai comitati civici dell'area occidentale. La manifestazione è prevista per venerdì 7 novembre, giorno in cui dovrebbe essere in città il presidente del Consiglio Matteo Renzi, anche se al momento la visita non è confermata. «Il presidente Renzi - ha affermato de Magistris - ha tradito Napoli». De Magistris, che ha parlato a margine delle celebrazioni per le Forze Armate, sostiene che «il presidente Renzi ha tradito Napoli dal punto di vista istituzionale, ha tradito la città e il suo sindaco che lo scorso 14 agosto aveva firmato un accordo che il presidente si è rimangiato». Secondo il primo cittadino di Napoli, tuttavia, c'è ancora tempo «per rimediare». Lo Sblocca Italia, infatti, va in aula per la conversione in legge l'11 novembre. «Se il decreto venisse convertito così com'è - ha dichiarato de Magistris - si creerebbe una rottura istituzionale fortissima con conseguenze che ci porterebbero a mettere in campo azioni giudiziarie e di lotta popolare fino a quando non verrà tolto il commissariamento perchè Bagnoli e Napoli non si commissariano». «Siccome considero quello del Presidente del Consiglio un tradimento istituzionale, se non ci sarà il ritiro della norma su Bagnoli entro l'11 novembre, che è la data di conversione, noi non ci sentiamo più vincolati formalmente a quella firma e allora come sindaco di Napoli ritiro la firma che è stata messa a Città della scienza il 14 agosto». Lo ha annunciato il sindaco Luigi de Magistris nel corso di un'assemblea pubblica a Bagnoli contro il decreto Sblocca Italia. Gli attivisti. Il corteo di protesta contro il decreto «Sblocca Italia» a Bagnoli, il prossimo 7 novembre, ci sarà anche se, come si rincorre la voce in queste ore, il premier Matteo Renzi quel giorno non sarà a Napoli, così come era stato annunciato. «Renzi non viene? Vuol dire che questo Governo non è così forte come sembra, è di carta, è possibile combattere le politiche di massacro e di rapina sociale di questo Governo, non è altro che un stimolo un più per costruire la mobilitazione e rafforzarla», sostengono gli attivisti che nel pomeriggio si sono riuniti in un'assemblea pubblica, nel cuore di Bagnoli. «Se Renzi non verrà è la dimostrazione che solo uniti si può vincere - spiega Eddi, del comitato che sta organizzando il corteo - è la dimostrazione che questi signori li possiamo mandare di nuovo nei loro palazzi di potere dove pensano di poter decidere sulla testa nostra e sui nostri territori. Sui nostri territori da oggi decideremo noi». martedì 4 novembre 2014- 14:42 Ultimo agg.: |
Post n°72 pubblicato il 05 Novembre 2014 da maringolarosario
L'America boccia Obama: Camera e Senato ai repubblicani Dopo le elezioni di midterm il presidente si trova contro tutto il Congresso. Per lui due anni in salita commenti 0 06:4205 Nov I repubblicani cavalcano il malcontento e la sfiducia verso la Casa Bianca e si prendono il controllo delle due camere. Per improssimi due anni Obama sarà un'anatra zoppa. L'Empire State building di New York si tinge di rosso |
Post n°71 pubblicato il 04 Novembre 2014 da maringolarosario
v
|
Post n°70 pubblicato il 04 Novembre 2014 da maringolarosario
Mps, colonia democratica: in dieci anni 700 nomine Collegi sindacali e cda in mano al Pd: dentro anche Cgil e uomini di Renzi. Un elenco che si incrocia con le strategie del gruppo di potere Mussari-Ceccuzzi Nomi e nomine gradite al «gruppo della birra» del duo Mussari-Ceccuzzi. Dall'informativa dei carabinieri dimenticata in un'inchiesta «minore» su ristoranti e immobili a Siena relativa all'esistenza di un presunto gruppo di potere capitanato dall'ex presidente di Mps e dall'ex sindaco pd (da poco indagato per l'affaire pastificio-Amato) si fa riferimento, per l'appunto, alle «poltrone» al Monte dei Paschi gestite da un ristretto giro di persone, che poi sarebbero le stesse che a detta degli inquirenti si sarebbero date un gran da fare per le «discutibili nomine nei consigli di amministrazione delle controllate della banca Mps». L'ex presidente del Monte dei Paschi di Siena Giuseppe Mussari entra in Procura Lo spunto, ai carabinieri, viene inizialmente offerto da una «gola profonda» a conoscenza di molti segreti che invita a dare un'occhiata a un articolo postato su un blog (mercatoliberosiena.blogspot.it) molto cliccato. Da qui l'interesse a scavare nelle nomine. Chi l'ha fatto, nel Pdl di Siena, ha ricostruito un documento con un elenco di centinaia e centinaia di nomi: «Sono circa 700 nomine effettuate dal gruppo Mps nel corso degli ultimi dieci anni, tra cda e collegi sindacali di controllate o partecipate. Di queste nomine, addirittura 7 o 8, dicono, sarebbero riferibili al Pdl» commenta ironico Massimo Parisi, coordinatore del Pdl toscano. Ecco un po' di nomi. Il primo, citato nell'informativa, è quello di Fabio Carlesi. Nel 1989, entra in Mps, dove siede tuttora. In rapporti con i figli del fantino Andrea Degortes, detto Aceto: tra questi Antonio, socio del figlio del fantino Aceto, Alberto Degortes, «già consigliere in Banca Mps Belgio - scrivono i carabinieri - su proposta di Mussari consigliere Mps Francia e vicepresidente Mps Leasing&Factoring Spa». L'elenco stilato da fonti di livello, interne alla banca, e rielaborato dal Pdl. Ovviamente è di parte, ma estremamente significativo. Ecco alcuni esempi. Fabio Borghi, presidente di Mps Gestione crediti, è stato segretario della Cgil senese, iscritto ai Ds e molto vicino all'ex sindaco Cenni. Aldighiero Fini, presidente di Mps capital service, ex presidente di Banca Toscana, risulta negli elenchi pubblici dei finanziatori ai Ds e al Pd.Marco Spinelli, membro della direzione regionale del Pd, è stato nella Fondazione Mps, ma anche nelle partecipate Sansedoni Spa, Banca agricola mantovana e Mps Leasing&Factoring. Claudio Vigni, membro del cda di Mps capital service, ex segretario della Cgil senese. Riccardo Margheriti, già presidente di «Monte dei Paschi Banca Verde», è un ex senatore del Pci e «benefattore» del Pd per la somma di 133mila euro. Giuseppe Cattuti, dal 2001 ai vertici di società del gruppo Mps, ex esponente della Margherita e poi del Pd. Saverio Carpinelli, ex assessore alla cultura del Comune di Siena, presidente di Mps Capital service, ha versato 176mila euro al Pd senese. Massimo Bernazzi, presidente Mps leasing e facturing per due mandati, ex sindaco di Monteroni d'Arbia, recentemente schieratosi con Renzi. Aldo Berlinguer, ex consigliere e vicepresidente di Banca Antonveneta, figlio di Luigi Berlinguer, rettore dell'Università di Siena, ministro nel governo Prodi, e decenni fa consigliere di Mps. Ex consigliere dell'aeroporto di Ampugnano, Mussari presidente, da cui poi si dimette. Graziano Battisti, iscritto al Pd di San Gimignano, consigliere Banca Toscana e quindi Mps capital service dal 2011.Alberto Bianchi, recentemente nominato presidente dei sindaci revisori del Consorzio operativo Mps, è presidente della Fondazione Big Bang espressione di Matteo Renzi e fratello del commissario del Maggio Musicale fiorentino. Marco Carrai, consigliere comunale a Firenze per la Margherita, uomo di fiducia di Renzi, nel 2009 è stato nominato alla presidenza di Firenze Parcheggi su indicazione del socio Mps. Fabio Ceccherini, dal 2011 vicepresidente di Mps capital service, già dirigente comunale e provinciale dei Ds, sindaco di Poggibonsi e presidente della Provincia. Massimo Della Giovanpaola, dipendente di una società partecipata senese, sindaco di Montepulciano dal 2004 al 2009, poi vicepresidente di una partecipata della galassia Mps. Moreno Periccioli, nel cda di Antonveneta e Mps leasing, già consigliere provinciale a Siena per il Pci e poi Ds. Ernesto Rabizzi, dipendente di Mps, entra nella deputazione della banca nel 2001, nel 2004 passa alla vicepresidenza della Provincia, per poi tornare nel 2006 in banca: prima nel cda del Monte, poi vicepresidente, e presidente di altre società del gruppo. Nel 2011 è nominato presidente di Antonveneta. Lucia Cocchieri, già membro del cda della banca Mps, è stata capogruppo di Sinistra Democratica in Comune. Una poltrona per tutti |
Post n°69 pubblicato il 04 Novembre 2014 da maringolarosario
Maxiofferta per Mps: holding di Hong Kong vuole dare 10 miliardi La Nit Holdings vuole investire a Siena. Ma la banca italiana smentisce l'offerta Mps diventa cinese? Il fondo di Hong Konh Nit Holdings avrebbe infatti offerto al cda dell'istituto di credito senese ben 10 miliardi di euro per la ristrutturazione completa del capitale dopo gli stress test effettuati dalla Banca centrale europea. Rocca Salimberni, storica sede della banca senese L'offerta - effettuata "in un’ottica di alleanza sinergica nel lungo periodo" - sarebbe stata già notificata anche a Bce e Bankitalia in vista del cda di Montepaschi del 5 novembre. La notizia è stata smentita da un portavoce della banca italiana secondo cui Mps non ha ricevuto alcuna proposta di investimento. Nit Holdings è una holding internazionale di investimenti e partecipazioni, con sede a Hong Kong e con operatività globale. La società è specializzata nella gestione di portafogli e nell’offerta di servizi finanziari indipendenti a clienti e partner internazionali, tra cui soggetti governativi, Paesi in via di sviluppo, fondazioni, Trusts, Ultra High Net Worth Individual e industrie private. |
Post n°68 pubblicato il 01 Novembre 2014 da maringolarosario
*******LA TESTIMONIANZA****************************************************************************CORTE DI ASSISE DI PALERMO - CORTE D'ASSISE* |
Post n°67 pubblicato il 31 Ottobre 2014 da maringolarosario
31-ott-2014 21.07 S-T-U-N-N-I-N-G (03026) Da:Democrats 2014 (dccc@dccc.org) But you know what? We kept fighting. ...Altro... |
Post n°66 pubblicato il 30 Ottobre 2014 da maringolarosario
Assalto al Colle: la triste fine di Re Giorgio Giorgio Napolitano è stato costretto a rispondere ai criminali attraverso i loro legali: 40 tra pm e avvocati al Quirinale per interrogarlo sulla presunta trattativa Stato-mafia Ha accettato che lo santificassero e adesso marcia verso il martirio. Giorgio Napolitano appartiene a un mondo giurassico ormai scomparso ma caparbiamente agisce come se quel mondo esistesse ancora. I più giovani non lo sanno, ma quell'uomo eternamente sfottuto come un (finto) rampollo di casa Savoia a causa della sua somiglianza con Umberto il «re di Maggio», è stato da un certo momento in poi un difensore convinto del sistema occidentale ed ha rappresentato nel Partito comunista italiano una corrente molto audace, perché doveva contrapporsi all'altra corrente composta dagli uomini cari al Kgb sovietico. CONTENUTI CORRELATI Non a caso Henry Kissinger - suo coetaneo ed ex Segretario di Stato sotto Nixon - diceva di lui che era l'unico comunista per cui provasse amicizia. Personalmente mi spingo più in là: il Pci alla caduta dell'impero sovietico era diviso ormai fra filoamericani benvoluti dalla Cia e filorussi benvoluti dal Kgb. Non parlo di agenti o di spie, ma di quegli intellettuali che nell'apparato non visibile preparano le svolte politiche. Io me ne accorsi quando la comparsa del «Dossier Mitrokhin» nel 1999 scatenò una guerra interna al Partito comunista in cui i filoamericani trattavano i filorussi con disprezzo accusandoli di spionaggio interno e di lì cominciò la dissoluzione del partito di Togliatti, che si sta completando con la cacciata di fatto di tutti i comunisti dal partito dei Ds. Napolitano ha partecipato dietro le quinte a questo processo, trincerato dietro i suoi discorsi ufficiali di scoraggiante prevedibilità, come devono essere in genere i discorsi di chi abita al Quirinale. Certo, qualcuno ricorderà che Napolitano faceva parte di quel gruppo dirigente stalinista (dopo Stalin) che impose a Nikita Krusciov la sciagurata repressione nel sangue degli studenti e degli operai di Budapest nel 1956, ma su questa storia e molte altre lo stesso Napolitano ha riconosciuto gli errori con onestà. Esiste una sua splendida intervista a un giornalista americano, in proposito, che non ricordo di aver letto in italiano. Ma sta di fatto che l'allora giovane dirigente del Pci (che come tutti a quell'epoca aveva un passato fascista) si mise a studiare l'inglese, lingua che parla con scolastica padronanza e che gli ha aperto più d'una porta. Che cosa sta succedendo oggi a quest'uomo vergognosamente costretto a rispondere a due fra i più grandi criminali della storia italiana, sia pure attraverso i loro avvocati? Io credo che la risposta sia semplice: Napolitano paga oggi (da qualche anno ormai) il suo passato e le sue scelte a favore dell'Occidente e degli Stati Uniti. La memoria dell'acqua, che solo in apparenza passa e se ne va, è invece eterna. Che Napolitano possa essere accusato di aver fatto, o tutelato una trattativa fra Stato e mafiosi per evitare altre perdite di vite umane e devastazioni, è ridicolo. Come scriveva ieri il direttore di questo giornale, visto che lo Stato non ha perso nulla e che i mafiosi hanno perso tutto, andrebbe fatto un monumento a coloro che hanno messo nel sacco la mafia. Ma in molti pensano, e io fra loro, che il tentativo di incastrare il Capo dello Stato con l'umiliazione di un interrogatorio a domicilio condotto dai criminali, abbia lo scopo di completare il «character assassination», l'uccisione della figura pubblica di un uomo che da molti anni è garante di equilibri che vanno di traverso alla sinistra. Certo, non dimentichiamo tutto ciò che è accaduto nel momento dell'espulsione di Berlusconi dall'ultimo governo votato dal popolo con una serie di trame di palazzo guidate, o eseguite proprio da Napolitano. L'uomo non è esente da pecche anche gravi. Ma oggi va difeso sia perché le accuse nei suoi confronti appaiono grottesche, macchinose e persecutorie; sia perché i suoi nemici di oggi sono molto vicini ai nemici di ieri. Certo, Napolitano non è vittima di un «complotto comunista» ma è vittima di un complotto ordito alla maniera dei comunisti, con un apparato derisorio stalinista, cioè del genere che fu poi diligentemente copiato dai nazionalsocialisti: insudiciare la vittima e poi sottoporla alla gogna di un processo di per sé umiliante. Pur di far perdere Napolitano, non si esita a far vincere Riina. Che poi sarebbe l'esatto opposto di quanto l'ipotizzata trattativa fece davvero, dal momento che Riina con tutti i suoi è chiuso nelle patrie galere e dunque era un perdente, come era giusto che fosse. E dunque, se vincesse il partito che oggi lo vuole alla gogna, vincerebbe lo sgretolamento dell'istituzione repubblicana, come accadde quando fu la volta di Francesco Cossiga, un altro che aveva scelto la libertà e la pagò carissima. Noi speriamo che Napolitano regga botta, che dia fondo alle sue qualità più solide: una calma invidiabile, la capacità di sgretolare i macigni riducendoli in sabbia e una forte fiducia in se stesso ma anche di chi sta al suo fianco perché sa riconoscere una montatura ideologica da un'accusa giudiziaria. |
Post n°65 pubblicato il 30 Ottobre 2014 da maringolarosario
per voli russi sui cieli Ue "Attività aeree insolite" Molti non sono individuabili dal controllo aereo civile. Quattro intercettazioni in pochi giorni Nato: intercettati aerei russi sui cieli d'Europa. "Rischi per i voli civili"Molti non sono individuabili dal controllo aereo civile. Quattro intercettazioni in pochi giorni Secondo una nota pubblicata dalla Nato almeno 26 caccia russi sono stati intercettati nello spazio aereo europeo. Un T-50 russo in volo durante il Moscow International Aviation and Space Salon Gli aerei sorvolavano il Mar Baltico, il Mar Nero, il Mare del Nord e l'Oceano Atlantico e "rappresentano un insolito livello di attività aerea per i cieli dell'Europa". La nota dell'Alleanza mette in guardia, specificando che molti dei voli rilevanti rappresentano un rischio per l'aviazione civili, perché "non hanno piani di volo o non usano trasponder, quindi il controllo aereo civile non può vederli né assicurare che non interferiscano". La Nato ha dichiarato che negli ultimi giorni ha effettuato almeno quattro missioni di intercettazione aerea, nei confronti di gruppi composti da modelli Tu-95 Bear H, MiG-31 e da altri velivoli. In volo aerei dell'aviazione norvegese, inglese, portoghese, tedesca e turca. Nonostante non siano stati segnalati incidenti, Il portavoce Jay Janzen ha parlato di un numero insolitamente alto di voli russi. Sempre secondo quanto riferisce la Nato, aerei di paesi della Nato sono decollati da quattro località diverse in missione di intercettazione dei caccia russi tra ieri e oggi, precisando che si è trattato di aerei portoghesi, turchi tedeschi, britannici e norvegesi. Le manovre degli aerei russi rilevate dalla Nato nei cieli d’Europa "sono attività che non interessano lo spazio aereo italiano", ha fatto sapere l’Enav, aggiungendo che "non c’è un’allerta" in Italia. |
Post n°64 pubblicato il 29 Ottobre 2014 da maringolarosario
De Gregorio: "Da me e Berlusconi strategia della 'guerriglia urbana' contro Prodi" "Proposi a Mestella di fare il premier di un governo di transizione", rivela l'ex senatore, chiamato a testimoniare a Napoli nel processo sulla compravendita di senatori che portò alla caduta del governo di centrosinistra NAPOLI - "Con Berlusconi avevamo adottato una strategia di 'guerriglia urbana' per devastare la coalizione dell'Unione", ovvero la maggioranza che sosteneva il secondo governo Prodi nel 2006. Lo ha spiegato l'ex senatore Sergio De Gregorio, sentito come testimone al processo per la presunta compravendita di senatori in cui sono imputati Silvio Berlusconi e l'ex direttore dell'Avanti Valter Lavitola. Leggi/DE GREGORIO: "COSI' NACQUE L'OPERAZIONE LIBERTÀ" di D. Del Porto e C. Sannino Nella deposizione De Gregorio ha ammesso di aver preso parte all"Operazione Libertà", termine che sarebbe stato coniato dallo stesso Berlusconi per delineare l'insieme delle azioni messe in campo per portare alla caduta del secondo governo Prodi, che poteva contare su pochi voti di maggioranza al Senato. L'ex senatore ha rivelato di aver proposto a Clemente Mastella di diventare premier di un governo di transizione per il dopo Prodi. "Organizzai un pranzo con Mastella e un capocentro della Cia - ha raccontato De Gregorio - il quale disse al ministro della Giustizia che gli interessi degli Stati Uniti non erano tutelati da questa coalizione, da un governo che non voleva il completamento delle basi militari in Italia". Sergio De Gregorio è stato chiamato a testimoniare dalla Procura di Napoli ed è il grande accusatore dell'ex Cavaliere. L'ex senatore, che nel 2006 passòdall'Italia dei Valori al Pdl, con le sue dichiarazioni accusatorie e autoaccusatorie diede il via all'inchiesta dei pm Vincenzo Piscitelli ed Henry John Woodcock. De Gregorio affermò di aver ricevuto da Berlusconi tre milioni di euro per passare dal centrosinistra al centrodestra e contribuire alla caduta del governo Prodi. E' uscito dal processo patteggiando venti mesi di reclusione. L'ex senatore ha affermato che, in un incontro a Palazzo Grazioli poco dopo la sua elezione, il Cavaliere espresse rammarico per la sua elezione nelle fila del centrosinistra e gli chiese di "tornare a casa". De Gregorio gli spiegò di essersi fortemente indebitato per fare campagne elettorali al termine delle quali non era stato candidato, e l'ex premier si offrì di ripianare i suoi debiti. All'incontro era presente Lavitola, "uno davanti al quale i parlamentari di Forza Italia si mettevano sull'attenti. L'unico che entrava a Palazzo Grazioli senza appuntamento, uno dei pochi, se non l'unico, che si permetteva di alzare la voce con Berlusconi" ha aggiunto l'ex parlamentare. Infine De Gregorio ha affermato che Berlusconi accettò di dargli tre milioni in cambio del passaggio al centrodestra: un milione come sovvenzione al movimento "Italiani nel mondo" e due milioni in contanti in varie tranche tramite Lavitola. Tags
|
Post n°63 pubblicato il 29 Ottobre 2014 da maringolarosario
We know we can seem a bit all over the place with the emails…
Thank you SO MUCH for all you’ve done. Now, it’s time to knock some doors, make some phone calls, and go win this election! Watch President Obama’s video -- then sign-up to the volunteer for the final week of this election. Thanks for all you do -- we’ll see you out in the field!
This message was sent to: maringolarosario@libero.it | If you'd like to sign up for emails in a different account, click here. We believe that emails are a crucial way for our campaign to stay in touch with supporters. However, if you'd rather not receive emails about this particular campaign, clickhere. If you'd just like to receive fewer emails, you can click here. Our campaign to defeat Tea Party Republicans is powered by supporters like you. 99% of our contributions come from grassroots donations, with an average gift of $22. If you'd like to unsubscribe from DCCC emails, click here. If you'd like to make an online donation, click here. Thanks for your support of Democrats! |
Post n°62 pubblicato il 29 Ottobre 2014 da maringolarosario
Napolitano: "Sì, nel '93 la mafia ricattò lo Stato ma non ho mai saputo di accordi con i clan" Il Presidente ascoltato come testimone dai giudici del processo di Palermo Ha risposto per tre ore a tutte le domande Poi la richiesta: "Rendete subito pubblica la mia deposizione" ROMA - Nella sala dei Capi di Stato, il testimone presidente Giorgio Napolitano giura di dire tutta la verità davanti alla corte d'assise di Palermo. Al suo fianco, c'è la bandiera italiana. Di fronte, gli otto giudici della corte d'assise arrivati dalla Sicilia, che stanno cercando di svelare i misteri sulla trattativa fra pezzi dello Stato e uomini della mafia. Misteri ancora profondi sul 1992-1993, la stagione delle bombe fra la Sicilia e Firenze, fra Roma e Milano. Il testimone presidente scruta uno per uno i volti di questi giudici e racconta cosa furono per lui quegli anni. "La notte fra il 27 e il 28 luglio 1993 - è il passaggio più drammatico, più decisivo della sua deposizione - fu subito chiaro che quelle bombe erano un ulteriore sussulto della strategia stragista portata avanti dalla fazione più violenta di Cosa nostra, per porre i poteri dello Stato di fronte a un aut aut. O per ottenere benefici sulla carcerazione, o per destabilizzare lo Stato". Questo spiega, senza giri di parole, il presidente quando il pubblico ministero Nino Di Matteo gli chiede "quale fu il convincimento delle più alte cariche dello Stato nei momenti in cui scoppiavano le bombe a Milano e Roma". Il magistrato chiede ancora: "Ebbe la sensazione che quelle bombe fossero un ricatto?". Il presidente non esita un attimo. E dice: "Sì". Così, nella sala del Quirinale trasformata in un'aula di giustizia, emerge un frammento di verità importante grazie al racconto del testimone Giorgio Napolitano, all'epoca presidente della Camera. In quei giorni di angoscia e di strazio, i vertici dello Stato compresero chiaramente qual era il messaggio che portavano le bombe di mafia. Napolitano spiega, rievoca le analisi di quelle ore "condivise con le più alte cariche", il presidente della Repubblica Scalfaro e quello del Senato Spadolini. "Assistemmo a una successione in evoluzione logica e schiacciante delle bombe", ricorda. E per tre ore e dieci risponde a tutte le domande che gli vengono rivolte, prima dai pubblici ministeri di Palermo, poi anche dal legale di Totò Riina, l'avvocato Luca Cianferoni. Non solo sulla stagione del 1992-1993, ma anche sulla lettera che due anni fa gli inviò il suo consigliere giuridico Loris D'Ambrosio, messaggio in cui esprimeva i suoi "timori" sugli "indicibili accordi" che potrebbero aver attraversato un pezzo delle istituzioni in quegli anni. Napolitano dice di non aver ricevuto alcuna confidenza particolare al proposito da D'Ambrosio. E ribadisce quanto aveva già scritto ai giudici di Palermo. Lui non ha mai saputo di "indicibili accordi " nel cuore dello Stato. La lettera del consigliere. Inizia proprio con la lettera di D'Ambrosio la prima domanda del procuratore aggiunto Vittorio Teresi. Alle 10,05. Mentre il palazzo del Quirinale è blindato più che mai e un centinaio di giornalisti aspettano all'ingresso, in una piazza chiusa da un imponente cordone di sicurezza. Prima che cominci l'audizione, Napolitano viene ringraziato pubblicamente dal presidente della corte, Alfredo Montalto, "per la disponibilità e l'ospitalità". Poi, il capo dei pm di Palermo, il procuratore reggente Leonardo Agueci tiene a sottolineare che la sua presenza è "un atto di rispetto per la persona del presidente della Repubblica, per l'atto che sta per compiere e per la verità che stiamo cercando". L'atmosfera è distesa, di grande serenità. Ma il momento resta solenne, anche perché Napolitano continua ad esercitare le sue funzioni di capo dello Stato in quelle ore in cui è chiuso nella sala del Bronzino. E accanto al testimone c'è il vice segretario generale della presidenza della repubblica. Un'eccezione speciale per questa audizione. Il giudice Montalto ne dà atto e "autorizza" la presenza accanto al testimone "per assicurare la continuità della funzione presidenziale". Iniziano le domande. I procuratori di Palermo sono tutti lì. Accanto ad Agueci c'è l'aggiunto Teresi, ci sono Nino Di Matteo, Francesco Del Bene e Roberto Tartaglia. Tutti seguono attenti la sequenza delle domande, 37 ne hanno preparate. Repubblica ha ricostruito le risposte del presidente Napolitano attraverso i racconti di tre diverse fonti, che hanno assistito all'audizione. Teresi chiede al testimone di ripercorrere gli incarichi istituzionali svolti. Poi, subito, si apre il capitolo D'Ambrosio. Il capo dello Stato spiega di averlo conosciuto nel maggio 1996: "Fu il ministro della Giustizia Flick a presentarmelo". Ricorda le sue doti morali e la sua "grande cultura e preparazione giuridica". Tiene a precisare che con lui aveva un rapporto di "stima e affetto", seppur sempre un "rapporto di lavoro". Quella lettera - una lettera di dimissioni dopo le polemiche seguite alle intercettazioni di D'Ambrosio con Mancino - arrivò senza alcun preannuncio sul tavolo di Napolitano, fu un "fulmine a ciel sereno". Il giallo ne libro. Il procuratore Teresi legge alcuni passi di quella lettera, i più drammatici sulla stagione del 1989-1993. Napolitano ricorda lo "stato di esasperazione" del suo consigliere giuridico, per il caso Mancino: "Era sconvolto per la campagna mediatica di quei giorni". Ma precisa di non aver mai saputo nulla di più da Loris D'Ambrosio sui timori che ipotizzava. Precisa di non aver mai parlato con D'Ambrosio degli spaventosi anni del 1989-1993, quelli citati nella lettera. E lo di- ce precisando che vuole rispettare la "riservatezza " che copre i colloqui di un presidente, ma gli sta a cuore la trasparenza della sua deposizione. Napolitano evoca le guarentigie del capo dello Stato "che la sentenza della Corte Costituzionale ha efficacemente sintetizzato", ma non si tira indietro. Vuole chiarire tutti gli interrogativi che risuonano nell'aula, anche quando il presidente della corte non ammette qualche domanda del legale di Riina, ad esempio sul "non ci sto" di Scalfaro. Teresi chiede ancora dei timori di D'Ambrosio, ricorda che nella lettera si fa cenno a uno scritto del consigliere consegnato alla sorella di Falcone per un libro sul 23 maggio 1992. Napolitano ammette la "drammaticità" di quelle parole, ma anche lui si stupisce del fatto che nel testo in ricordo di Falcone non si trovi alcun riferimento agli "indicibili accordi". Così le parole di Napolitano confermano quello che è un altro grande interrogativo dei pm attorno alla lettera di D'Ambrosio. Il presidente tiene però a precisare che se il suo consigliere avesse avuto indicazioni importanti, e non solo sospetti, "si sarebbe rivolto alla magistratura". La confidenza di Violante. Si torna ai misteri del 1992-1993. Di Matteo chiede se è a conoscenza di "dubbi" di qualcuno al vertice delle istituzioni sulla posizione da adottare sul carcere duro. È il cuore del processo. Napolitano ricostruisce la fase politica dell'epoca, ma spiega di non conoscere retroscena. Il pm chiede ancora se seppe mai della richiesta di Vito Ciancimino, per i pm uno dei protagonisti della trattativa, di essere sentito dalla commissione antimafia. È un altro dei passaggi chiave dell'audizione. Perché Napolitano dice di averlo appreso all'epoca dal presidente della commissione antimafia, Luciano Violante. Alla fine dell'udienza anche il presidente Montalto gli chiederà un approfondimento, per capire se Violante gli parlò dei contatti fra Ciancimino e il Ros. Napolitano risponde di no. L'allerta del Sismi. Ora si parla delle minacce di attentato nei confronti del presidente rilevate dai servizi segreti nel 1993. Il testimone conferma che fu Parisi ad avvertirlo, "alla vigilia di una partenza per la Francia". E in quei giorni Napolitano fu scortato dalle teste di cuoio dei Nocs. L'audizione del presidente della Repubblica è adesso in un file, che i giudici hanno già consegnato a un perito trascrittore. Già domani potrebbe arrivare il verbale con tutta la deposizione. |
Post n°61 pubblicato il 28 Ottobre 2014 da maringolarosario
USA elezioni di medio termine: le 10 gare chiave da tenere d'occhio Non hanno seguito le elezioni di medio termine degli Stati Uniti da vicino? Ecco una carrellata dei più notevoli - e famigerato - gare
KENTUCKY SENATO Esecuzione In carica Mitch McConnell (repubblicano) v Alison Lundergan Grimes (democratico) Snapshot Non ci sono singoli candidati democratici vorrebbero staccare più di McConnell, la loro nemesi del Senato, che è così vicino a diventare leader della maggioranza può sentirne l'odore. E se qualche democratico può rompere Kentucky, può essere Grimes, un 35-year-old segretario rock-star di stato. Polling Una media di proiezioni ha McConnell vincente di 4 punti. IOWA SENATOEsecuzione di Joni Ernst (R) contro Bruce Braley (D) Istantanea Un annuncio della campagna presto per Ernst, un comandante in stato di guardia nazionale, descritto il suo cavallo in pelle sul suo Harley al suo club di pistola. Braley, un membro del Congresso ed ex avvocato di prova, è famosa per matto al suo vicino di casa dei suoi polli che corrono sciolto nel suo cortile. Un classico Cliffhanger Iowa. Polling Una media di proiezioni è Ernst vincente di 2 punti. NORTH CAROLINA SENATOEsecuzione uscente Kay Hagan (D) v Thom Tillis (R) Istantanea Una gara incredibilmente negativo. Lo stato visto 10.800 spot televisivi negativi nella terza settimana del solo mese di ottobre, secondo uno studio. Questo è più di un annuncio TV negativo ogni minuto - per una settimana. Polling Una media di proiezioni è Hagan vincente di 3 punti. GEORGIA SENATOEsecuzione di Michelle Nunn (D) contro David Perdue (R) Istantanea Uno studio nel modo in cui i dati demografici potrebbero cambiare la politica nazionale degli Stati Uniti. Il profondo sud è territorio repubblicano affidabile da Nixon. (Le eccezioni - Carter Clinton - sono ragazzi locali fatti bene). Ma le grandi popolazioni Latino afro-americani e fiorente della Georgia potrebbe cambiare la situazione. Oddsmakers presidenziali stanno osservando attentamente se Nunn, una figlia della sovranità politica locale, in grado di tirare fuori. Polling Anche. La distanza media che separa i candidati sono meno di un punto. KANSAS SENATOEsecuzione uscente Pat Roberts (R) contro Greg Orman (Indipendente) Snapshot Il mese scorso i democratici hanno preso l'insolita mossa di citare per rimuovere il nome del loro candidato dalla scheda elettorale.Questo perché hanno visto che l'ingresso indipendente, Orman, ha avuto l'unico vero colpo a battere Roberts, 78 anni, che si è accovacciato al Congresso per 34 anni. Polling Anche. La distanza media che separa i candidati sono meno di un punto. NEW HAMPSHIRE SENATOFotografia: Harry Hamburg / Associated PressEsecuzione uscente Jeanne Shaheen (D) v Scott Brown (R) Snapshot Brown è un ape nel cofano dei democratici. Lui in camicia sede di Ted Kennedy in Massachusetts dopo il leone liberal è morto.Ora ha attraversato il confine per assumere Shaheen, la prima donna eletta sia governatore e senatore del New Hampshire. Poscritto: nel 1982, Brown ha vinto Cosmopolitan concorso di uomo più sexy d'America della rivista. Google, forse. Polling Una media di proiezioni è Shaheen vincente di 2 punti. CALIFORNIA collegio elettorale 52Esecuzione uscente Scott Peters (D) contro Carl DeMaio (R) Snapshot DeMaio, un ex consigliere comunale, ha fermamente negato le accuse di un collega che ha catturato DeMaio masturbarsi in città bagni sala - due volte. DeMaio allo stesso modo ha negato un conto separato da una persona diversa che ha detto che camminava sul DeMaio si masturba nel suo ufficio. Ancora - Peters non è accusato di masturbarsi. Polling Chiamato anche, ma una carenza di polling. NEW YORK collegio elettorale 11Esecuzione uscente Michael Grimm (R) v Domenic Recchia (D) Snapshot mai stato a Staten Island? Grimm è famosa per aver minacciato - sulla macchina fotografica - per gettare un giornalista fuori di un ufficio del Congresso balcone e "rompere [lui] a metà" dopo che il giornalista lo ha interrogato su accuse di corruzione. Poi Grimm è stato accusato di frode federale, l'evasione fiscale e falsa testimonianza. Sta in corsa per la rielezione in ogni caso - e solo potrebbe vincere. Polling Chiamato anche, con una carenza di polling. Florida GovernorFotografia: Will Dickey / APEsecuzione uscente Rick Scott (R) contro Charlie Crist (D) Istantanea Il catch-all gara. Florida è uno stato di oscillazione; Crist è un candidato altalena, avendo già identificato come repubblicano (come governatore, non meno). Rielezione di Scott, invece, è un referendum sulla legge sanitaria del presidente, le parti di cui Scott ha cercato di adottare contro la volontà del suo partito. Bonus: questi signori bronzato sembrano odiare veramente l'un l'altro. Polling Anche. La distanza media che separa i candidati sono meno di un punto. Il governatore del TexasEsecuzione di Greg Abbott (R) contro Wendy Davis (D) Snapshot Davis ha vinto enorme sostegno dopo che lei ha parlato al Senato dello stato lo scorso anno senza sosta per 11 ore per bloccare una legge anti-aborto (che indossava un catetere). Lei sta perdendo male, però, di Abbott, un avvocato generale dello Stato che è diventato paraplegico quando un albero è caduto su di lui nel 1984 mentre stava facendo jogging. Se Abbott vince, la moglie, un messicano-americano, sarà il primo di Latina first lady del Texas. Polling Una media di proiezioni ha Abbott vincendo di 14 punti.
|
Post n°60 pubblicato il 28 Ottobre 2014 da maringolarosario
Si è svolta stamattina nel Palazzo del Quirinale l'udienza del processo in corso davanti alla II Sezione della Corte d'Assise di Palermo nella quale il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, che aveva dato la sua disponibilità a testimoniare, ha risposto alle domande senza opporre limiti di riservatezza connessi alle sue prerogative costituzionali né obiezioni riguardo alla stretta pertinenza ai capitoli di prova ammessi dalla Corte stessa. L'udienza è durata circa tre ore. Il Presidente Napolitano ha reso la testimonianza richiesta nel processo in corso davanti alla II Sezione della Corte d’Assise di PalermoSi è svolta stamattina nel Palazzo del Quirinale l'udienza del processo in corso davanti alla II Sezione della Corte d'Assise di Palermo nella quale il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, che aveva dato la sua disponibilità a testimoniare, ha risposto alle domande senza opporre limiti di riservatezza connessi alle sue prerogative costituzionali né obiezioni riguardo alla stretta pertinenza ai capitoli di prova ammessi dalla Corte stessa. Roma, 28 ottobre 2014 |
Post n°59 pubblicato il 28 Ottobre 2014 da maringolarosario
Assunzione della testimonianza del Presidente Napolitano da parte della Corte di Assise di Palermo
Si è svolta stamattina nel Palazzo del Quirinale l'udienza del processo in corso davanti alla II Sezione della Corte d'Assise di Palermo nella quale il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, che aveva dato la sua disponibilità a testimoniare, ha risposto alle domande senza opporre limiti di riservatezza connessi alle sue prerogative costituzionali né obiezioni riguardo alla stretta pertinenza ai capitoli di prova ammessi dalla Corte stessa. La Presidenza della Repubblica auspica che la Cancelleria della Corte assicuri al più presto la trascrizione della registrazione per l'acquisizione agli atti del processo, affinché sia possibile dare tempestivamente notizia agli organi di informazione e all'opinione pubblica delle domande rivolte al teste e delle risposte rese dal Capo dello Stato con la massima trasparenza e serenità. Roma, 28 ottobre 2014 Assunzione della testimonianza del Presidente Napolitano da parte della Corte di Assise di Palermo QUIRINALE.IT|DI SEGRETARIATO GENERALE DELLA PRESIDENZA DELLA REPUBBLICA - SERVIZIO SISTEMI INFORMATICI - REPARTO WEB |
Post n°58 pubblicato il 28 Ottobre 2014 da maringolarosario
"I boss fanno stragi e noi gli togliamo il 41-bis": ecco i verbali segreti dei summit al Viminale Nelle riunioni del Comitato per la sicurezza nel '92-'93 lo scontro sulla revoca del carcere duro
Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Alle sue spalle Loris D'Ambrosio (ansa)PALERMO - In un archivio del ministero dell'Interno è conservata la storia segreta degli anni più drammatici d'Italia, gli anni delle bombe di mafia. È l'archivio che custodisce i verbali dei Comitati nazionali per l'ordine e la sicurezza, il massimo organismo deputato alla protezione della Repubblica e dei suoi cittadini. Nei giorni delle stragi del 1992-1993, si riuniva spesso il Comitato, presieduto dal ministro dell'Interno, dai vertici delle forze dell'ordine e dei servizi di sicurezza. E poi lanciava solenni comunicati stampa per ribadire la linea della fermezza del governo contro i boss. Ma i verbali rimasti per vent'anni in una cassaforte della "segreteria speciale" del gabinetto del Viminale raccontano tutta un'altra storia. Raccontano che nel 1993 un pezzo dello Stato decise all'improvviso di revocare il carcere duro al gotha di Cosa nostra. Senza un'apparente ragione, mentre le bombe continuavano ad esplodere in giro per il paese. E qualcuno protestò con forza. Anche questo scontro ai vertici delle istituzioni raccontano i verbali. Uno scontro che fino ad oggi non era mai emerso. Anzi, l'allora ministro della Giustizia Giovanni Conso ha sempre ripetuto che la decisione di non prorogare 300 decreti di 41 bis fu una sua "scelta personalissima ". Ma adesso i file dei Viminale dicono diversamente. E oggi Repubblica è in grado di ripercorrere questa nuova storia dopo aver letto le 456 pagine che raccolgono la cronaca dettagliata di nove comitati nazionali per la sicurezza. Questi documenti, che risultano declassificati nel 2012, sono ora agli atti al processo per la trattativa Stato-mafia. L'allarme sul 41 bis. Bisogna iniziare dall'ultimo comitato desecretato per capire quale verità sia stata nascosta per vent'anni. È il comitato del 16 dicembre 1993. Il solerte funzionario del ministero incaricato di verbalizzare annota la presenza del ministro dell'Interno Nicola Mancino e prende nota degli interventi. Il capo della polizia Vincenzo Parisi solleva il problema dei blocchi stradali: "Dall'inizio dell'anno ce ne sono stati 192", spiega. Il comandante generale dell'Arma dei carabinieri Luigi Federici è preoccupato invece per i "centri potenziali di disordine legati al settore del lavoro". Sembra che l'emergenza delle bombe non sia più un problema. All'improvviso, prende la parola il procuratore nazionale antimafia Bruno Siclari e dice in modo schietto: "Preoccupa molto il pericolo degli attentati, ma preoccupa anche il regime carcerario, per il rallentamento del rigore nei confronti dei detenuti". È un allarme preciso. Il 41 bis è stato depotenziato. E Siclari è il primo a denunciarlo. "Oltre che sensibilizzare i magistrati di sorveglianza, sarebbe opportuno anche un segnale del governo per delineare una linea più dura". Un'altra denuncia. Così, oggi sappiamo che in quello scorcio di fine 1993 il governo, non solo il ministro Conso, aveva modificato la sua linea antimafia. Dopo Siclari, parla il capo del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, Adalberto Capriotti. Se la prende con i magistrati che "non adottano la linea dura". Ma pure lui deve riconoscere che "questo è dovuto anche agli interventi politici motivati da esigenze di carattere generale". Interventi politici sul 41 bis? Di chi? Non ce n'è traccia nelle pubbliche dichiarazioni di quei giorni. Chiede di parlare il vice direttore del Dap, il magistrato Francesco Di Maggio, che non usa mezzi termini. "L'articolo 41 bis crea molte preoccupazioni - dice - perché su 1232 provvedimenti ben 567 sono per delega del ministro della Giustizia e di questi soltanto 8 sopravvivono, mentre gli altri vengono revocati. I rimanenti 66 provvedimenti, invece, che non sono provvedimenti delegati, sopravvivono in numero maggiore: soltanto 26 vengono revocati dal magistrato". Come dire, il vero problema non sono i giudici, ma il ministero della Giustizia. Nel comitato del 10 agosto, Di Maggio era andato oltre, chiamando in causa il governo. Le sue parole sono a pagina 357 dei file del Viminale: "È opportuno che il governo mantenga ferma la sua posizione sull'articolo 41 bis". L'anonimo verbalizzatore sottolinea la parola "governo". E il ministro Mancino che dice? Cambia argomento. Ammissione di sconfitta. Da quell'archivio del Viminale emerge soprattutto la debolezza dello stato in quei mesi terribili. Il 3 giugno, all'indomani della strage Falcone, il capo della polizia apre il suo intervento dicendo che mancano le auto blindate. Il 24 luglio, cinque giorni dopo l'attentato a Borsellino, ammette che "l'attività informativa non ha funzionato". E siccome il paese protesta, propone anche di fare attività di "controinformazione". Il capo della Dia, il generale Tavormina, suggerisce di trasferire i magistrati a rischio all'Asinara, perché in Sicilia nessuno riesce più a garantire sicurezza. Ma il capo del Dap, Nicolò Amato, avverte che i rischi sono anche sull'isola: "Non è stato rispettato l'impegno di inviare 50 poliziotti e 50 carabinieri ". Parisi risponde che sono già partiti. Amato ribatte che non sono mai arrivati. Il 30 luglio 1993, all'indomani dell'ennesimo attentato di mafia, Parisi dice: "Dobbiamo ammettere che il dispositivo di sicurezza non ha funzionato; esiste al riguardo una responsabilità collegiale". Mentre gli analisti del Viminale brancolano nel buio. E qualcuno si vanta che "tutte le manifestazioni di reato - dagli omicidi alle rapine - sono diminuite del 21,72 per cento".Tags |
Post n°57 pubblicato il 28 Ottobre 2014 da maringolarosario
"I boss fanno stragi e noi gli togliamo il 41-bis": ecco i verbali segreti dei summit al Viminale Nelle riunioni del Comitato per la sicurezza nel '92-'93 lo scontro sulla revoca del carcere duro Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Alle sue spalle Loris D'Ambrosio (ansa)PALERMO - In un archivio del ministero dell'Interno è conservata la storia segreta degli anni più drammatici d'Italia, gli anni delle bombe di mafia. È l'archivio che custodisce i verbali dei Comitati nazionali per l'ordine e la sicurezza, il massimo organismo deputato alla protezione della Repubblica e dei suoi cittadini. Nei giorni delle stragi del 1992-1993, si riuniva spesso il Comitato, presieduto dal ministro dell'Interno, dai vertici delle forze dell'ordine e dei servizi di sicurezza. E poi lanciava solenni comunicati stampa per ribadire la linea della fermezza del governo contro i boss. Ma i verbali rimasti per vent'anni in una cassaforte della "segreteria speciale" del gabinetto del Viminale raccontano tutta un'altra storia. Raccontano che nel 1993 un pezzo dello Stato decise all'improvviso di revocare il carcere duro al gotha di Cosa nostra. Senza un'apparente ragione, mentre le bombe continuavano ad esplodere in giro per il paese. E qualcuno protestò con forza. Anche questo scontro ai vertici delle istituzioni raccontano i verbali. Uno scontro che fino ad oggi non era mai emerso. Anzi, l'allora ministro della Giustizia Giovanni Conso ha sempre ripetuto che la decisione di non prorogare 300 decreti di 41 bis fu una sua "scelta personalissima ". Ma adesso i file dei Viminale dicono diversamente. E oggi Repubblica è in grado di ripercorrere questa nuova storia dopo aver letto le 456 pagine che raccolgono la cronaca dettagliata di nove comitati nazionali per la sicurezza. Questi documenti, che risultano declassificati nel 2012, sono ora agli atti al processo per la trattativa Stato-mafia. L'allarme sul 41 bis. Bisogna iniziare dall'ultimo comitato desecretato per capire quale verità sia stata nascosta per vent'anni. È il comitato del 16 dicembre 1993. Il solerte funzionario del ministero incaricato di verbalizzare annota la presenza del ministro dell'Interno Nicola Mancino e prende nota degli interventi. Il capo della polizia Vincenzo Parisi solleva il problema dei blocchi stradali: "Dall'inizio dell'anno ce ne sono stati 192", spiega. Il comandante generale dell'Arma dei carabinieri Luigi Federici è preoccupato invece per i "centri potenziali di disordine legati al settore del lavoro". Sembra che l'emergenza delle bombe non sia più un problema. All'improvviso, prende la parola il procuratore nazionale antimafia Bruno Siclari e dice in modo schietto: "Preoccupa molto il pericolo degli attentati, ma preoccupa anche il regime carcerario, per il rallentamento del rigore nei confronti dei detenuti". È un allarme preciso. Il 41 bis è stato depotenziato. E Siclari è il primo a denunciarlo. "Oltre che sensibilizzare i magistrati di sorveglianza, sarebbe opportuno anche un segnale del governo per delineare una linea più dura". Un'altra denuncia. Così, oggi sappiamo che in quello scorcio di fine 1993 il governo, non solo il ministro Conso, aveva modificato la sua linea antimafia. Dopo Siclari, parla il capo del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, Adalberto Capriotti. Se la prende con i magistrati che "non adottano la linea dura". Ma pure lui deve riconoscere che "questo è dovuto anche agli interventi politici motivati da esigenze di carattere generale". Interventi politici sul 41 bis? Di chi? Non ce n'è traccia nelle pubbliche dichiarazioni di quei giorni. Chiede di parlare il vice direttore del Dap, il magistrato Francesco Di Maggio, che non usa mezzi termini. "L'articolo 41 bis crea molte preoccupazioni - dice - perché su 1232 provvedimenti ben 567 sono per delega del ministro della Giustizia e di questi soltanto 8 sopravvivono, mentre gli altri vengono revocati. I rimanenti 66 provvedimenti, invece, che non sono provvedimenti delegati, sopravvivono in numero maggiore: soltanto 26 vengono revocati dal magistrato". Come dire, il vero problema non sono i giudici, ma il ministero della Giustizia. Nel comitato del 10 agosto, Di Maggio era andato oltre, chiamando in causa il governo. Le sue parole sono a pagina 357 dei file del Viminale: "È opportuno che il governo mantenga ferma la sua posizione sull'articolo 41 bis". L'anonimo verbalizzatore sottolinea la parola "governo". E il ministro Mancino che dice? Cambia argomento. Ammissione di sconfitta. Da quell'archivio del Viminale emerge soprattutto la debolezza dello stato in quei mesi terribili. Il 3 giugno, all'indomani della strage Falcone, il capo della polizia apre il suo intervento dicendo che mancano le auto blindate. Il 24 luglio, cinque giorni dopo l'attentato a Borsellino, ammette che "l'attività informativa non ha funzionato". E siccome il paese protesta, propone anche di fare attività di "controinformazione". Il capo della Dia, il generale Tavormina, suggerisce di trasferire i magistrati a rischio all'Asinara, perché in Sicilia nessuno riesce più a garantire sicurezza. Ma il capo del Dap, Nicolò Amato, avverte che i rischi sono anche sull'isola: "Non è stato rispettato l'impegno di inviare 50 poliziotti e 50 carabinieri ". Parisi risponde che sono già partiti. Amato ribatte che non sono mai arrivati. Il 30 luglio 1993, all'indomani dell'ennesimo attentato di mafia, Parisi dice: "Dobbiamo ammettere che il dispositivo di sicurezza non ha funzionato; esiste al riguardo una responsabilità collegiale". Mentre gli analisti del Viminale brancolano nel buio. E qualcuno si vanta che "tutte le manifestazioni di reato - dagli omicidi alle rapine - sono diminuite del 21,72 per cento". |
Post n°56 pubblicato il 28 Ottobre 2014 da maringolarosario
Con questo articolo vogliamo semplicemente far capire che Lidl,nonostante è un marchio tedesco utilizza prodotti italiani,cosa molto rara in un discount. Pasta Riso Insaccati Biscotti I croissant alla crema Nastrecce Lidl sono prodotti da FBF Gruppo Bauli Fette biscottate Prodotti solubili Olio Aceto Condimenti Pesto alla genovese marca Baresa, prodotte a Monsummano Terme da Fratelli Polli Il sale fino/grosso Chante Sel è prodotto in Italia da ATISALE S.p.A. Margherita di Savoia (BT) Succhi di frutta Insomma, tutti prodotti che pur avendo un nome che corrisponde ad una sotto marca, sono comunque di buon qualità e forniti da aziende all’avanguardia che commerciano in italia e all’estero. Ma continuando l’elenco, possiamo trovare ancora altri alimenti: Gelato tartufo classico prodotto da Sammontana La Salsa con tartufo “Deluxe” Lidl è prodotta da Nord salse s.r.l. Via Rossana, 7 12026 Piasco (CN) Latte e derivati: Patatine e pop-corn:
(FONTE: http://ioleggoletichetta.it/bancadati/index.php/PRODOTTI_LIDL) |
Post n°55 pubblicato il 27 Ottobre 2014 da maringolarosario
La Polonia sposterà migliaia di soldati al confine con l’Ucraina EUROPA UE, NEWSlunedì, 27, ottobre, 2014
27 ottobre – La Polonia sposterà migliaia di soldati verso i suoi confini orientali a causa del conflitto nella vicina Ucraina. Lo riferisce ad Associated Press il ministro della Difesa della Polonia, Tomasz Siemoniak, spiegando che almeno tre basi militari nell’est del Paese vedranno salire il personale dall’attuale 30% della capacità a circa il 90% entro il 2017 e che in quelle basi sarà anche incrementata la presenza militare. - Attualmente la maggior parte dei 120mila soldati dell’esercito polacco si trova basata lungo i confini occidentali del Paese, eredità questa dell’impostazione in vigore quando la Polonia era membro del blocco sovietico.”La situazione geopolitica è cambiata, abbiamo la più grande crisi della sicurezza dalla Guerra fredda e dobbiamo trarre delle conclusioni da tutto questo”, ha affermato Siemoniak. Non si tratta, ha sottolineato il ministro polacco, di “una mossa nervosa o radicale”. Vista questa “situazione di minaccia”, ha dichiarato, “vorremmo che queste unità nell’est della Polonia fossero più efficaci”. Nelle basi militari polacche nell’est del Paese, come ad esempio in quella dell’aeronautica a Siedlce, il personale è attualmente al 30% delle capacità, in linea con un piano che prevede il 100% delle truppe “soltanto in caso di guerra”. |
Area personale
Cerca in questo Blog
Menu
Ultimi commenti
Inviato da: ziryabb
il 07/11/2014 alle 23:47