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07 novembre 2014
ROMA - "Il governo è sensibile al tema. Anche in Parlamento la discussione è aperta. E tutte le autorità di garanzia del Paese hanno piena coscienza di quanto sia importante intervenire". Maurizio Costa, dal primo luglio presidente degli editori di giornali della Fieg, considera ormai maturi i tempi perché l'Italia vari una "legge Google" come la Spagna solo 7 giorni fa. 

Chi naviga vede Google come un qualcosa di utile, di familiare. E Google News come una comoda vetrina sulle notizie del giorno. Dov'è il problema, allora?
"Una premessa, a scanso di equivoci. Noi siamo del tutto favorevoli allo sviluppo della Rete e del digitale. E non ci arrocchiamo certo su posizioni conservative, a difesa del bel tempo andato". 

E allora perché penalizzare Google?
"Anche qui: nessuno spirito di rivalsa. Chiediamo solo che paghi il giusto chi utilizza contenuti editoriali di proprietà di altri. È ora che questo gigante, come qualsiasi aggregatore di notizie di Internet, riconosca il diritto d'autore per gli articoli, le foto, i video linkabili da Google News". 

In Francia Google ha accettato di pagare una una tantum, che ha chiuso ogni contenzioso con gli editori. 
"Gli editori francesi si sono poi pentiti della soluzione. A noi l'idea di questa una tantum, di un condono tombale non piace. Chiediamo si paghi in modo trasparente e con continuità". 

La pagina di Google News, in ogni caso, non ha pubblicità.
"Questa specifica pagina è senza banner. Ma Google raccoglie in Italia, nelle stime di alcuni centri studi, oltre un miliardo di pubblicità all'anno. Che è quanto fattura l'intero settore della carta stampata, quotidiana e periodica. Ecco: mi farebbe piacere intanto che le ipotesi sulla raccolta di Google venissero confermate in via ufficiale". 

Più trasparenza, dunque.
"E non solo. Questa società dovrebbe pagare le tasse per la quota di profitti che realizza in Italia, come fa ogni imprenditore. Invece ha stabilito la sua sede legale in Irlanda e si permette un'elusione fiscale molto ingente". 

L'accusa che rivolgono alla Fieg è di volere per il proprio settore le tasse che Google verserà in Italia.
"E' un sospetto che respingo. Di questi soldi non chiediamo un euro. La mia proposta, semmai, è di destinare il gettito fiscale al miglioramento delle infrastrutture tecnologiche del Paese. Penso al wi-fi, che non è ancora diffuso come vorremmo. E alla banda larga, che pure stenta. Un'ultima sottolineatura". 

Su Google? Quale?
"Il motore genera una classifica dei contenuti oggetto della ricerca. L'algoritmo che determina la classificazione è più segreto della formula della Coca-Cola. E questo posso anche capirlo. Ma andrebbe chiarito come mai un articolo è primo nella ricerca di Google, un altro secondo, un altro ancora ultimo. I criteri di scelta, insomma, quali sono? Ci troviamo di fronte a un paradosso: la Rete, il regno della trasparenza dichiarata, diventa il terreno dell'opacità praticata". 

I soldi non arriveranno forse dalla Google Tax ma c'è chi vede l'editoria come un settore assistito.
"Sostenere che il nostro sia un settore assistito è una pesante forzatura. Su 7000 testate giornalistiche, solo 200 ricevono finanziamenti pubblici. Questi non vanno ai giornali in quanto tali, ma premiano i valori o le specifiche funzioni che le testate incarnano. Sono risorse destinate al pluralismo informativo: alle minoranze linguistiche, ai partiti politici, alla editoria di scopo. Il tutto peraltro per un ammontare inferiore a 50 milioni. Un quarto rispetto solo a pochi anni fa". 

Questo governo, con il decreto Lotti, finanzia però le ristrutturazioni dei giornali. Ci saranno decine di prepensionamenti...
"... ma anche decine di assunzioni di giovani, spesso nativi digitali, nuova linfa alle redazioni. Abbiamo trovato sensibilità nell'esecutivo. Noi peraltro non abbiamo mai chiesto aiuti a pioggia, semmai un sostegno alla trasformazione in senso evolutivo del nostro settore. Guardiamo avanti, con coraggio". 

Crede che i giornalisti pensionati debbano conservare una collaborazione con le loro testate? Il decreto Lotti scoraggia al massimo questa possibilità.
"Sul piano formale, il problema è risolto dalla legge dell'agosto 2014. A titolo personale, penso tuttavia che qualcuno di questi cronisti dovrebbe restare in partita, per preservare la qualità e l'identità delle testate". 

Presidente, cosa risponde a chi dice che i giornali si estingueranno?
"Per anni, le cassandre hanno previsto la fine di quotidiani e periodici indicando addirittura l'anno del decesso. La cosa non è avvenuta e non avverrà. Oltre 20 milioni di persone ogni giorno si informano sulla stampa. E a questo riguardo lavoriamo a una modernizzazione del sistema distributivo e delle edicole in Italia, per garantire ai lettori il miglior servizio". 

Che futuro vede per la carta stampata nel 2014?
"La carta stampata continuerà a svolgere una funzione chiave. È la bussola della nostra società. L'editoria, fatta da bravi editori e giornalisti qualificati, conserva un ruolo decisivo nell'era dell'informazione indifferenziata che viviamo. Oggi vincono i contenuti affidabili, accurati, di qualità, a prescindere dal contenitore che poi li ospiterà: la carta, il tablet, la Rete".
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