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Prima di andare via, storia di giornalismo e crescita personale con Massimo Maneggio

Post n°1362 pubblicato il 06 Giugno 2018 da massimo.maneggio

Prima di andare via, storia di giornalismo e crescita personale con Massimo Maneggio
Presentato per la prima volta a Lamezia Terme “Prima di andare via”, secondo romanzo di Massimo Maneggio

 

LAMEZIA. Un caldo sabato pomeriggio di maggio e una libreria in centro città hanno accolto la presentazione di Prima di andare via (Falco Editore), romanzo del giornalista Massimo Maneggio. Ad accompagnarlo Ornella Gallo assessore alla Cultura del Comune di Bisignano e Antonio Pagliuso.

L’autore, influenzato da grandi autori quali Verga, Pirandello, Benni, già dalle prime pagine va al punto della questione. Pochi personaggi, chiaramente identificabili, e attualizzazione del linguaggio senza andare troppo di retorica fanno del libro di Maneggio un’opera segnata da uno stile informale che chiaramente predispone il lettore a una lettura piacevole e senza fronzoli.

Quella di Maneggio appare sin da subito come un’opera che risulta essere lo specchio di una parte della società attuale, del mondo del giornalismo con tutti i pro e soprattutto i contro. I contro ci portano mano nella mano in un viaggio, che è poi evoluzione personale, nella vita del protagonista del libro, il giornalista precario Bruno Cerasi.

presentato prima di andare via di Maneggio-LameziaTermeit

Un eroe dei nostri tempi, un personaggio che appare immediatamente altro, l’opposto rispetto alla figura del giornalista glamour. Bruno non vive e non vuole vivere di apparenze, è un solitario che si è dato anima e corpo al proprio lavoro, al giornalismo, e alla sua esasperazione. Un ruolo che gli permette di essere libero e di scrivere quello che gli pare.

Il suo è un malessere generale alla continua ricerca della valorizzazione del talento, di una meritocrazia che spesso perisce sotto i colpi costanti di amicizie, agganci e “spintarelle” tali da poter ricevere una raccomandazione, pur senza meriti effettivi. Nulla di più tristemente attuale, quindi, della precarietà di una generazione che ha una moltitudine di capacità ma poche possibilità di applicarle.

In Prima di andare via l’autore fa un ritratto quasi impietoso di un mondo che non ha un suo spazio, una professione che a volte non viene riconosciuta come tale, sottopagata e che spesso non ti dà l’occasione di una promozione in carriera. Una situazione giornalistica che fa riflettere in un momento in cui a farla da padrone sono tweet, fake news e orrori grammaticali.

presentato prima di andare via di Maneggio-LameziaTermeit

A far da cornice alla vita di Bruno un paese che poi tanto piccolo non è, 25 mila anime che formano la comunità di Frassabatina. Una cittadina che soffre di un isolamento comune anche a tanti altri paesini del centro-sud, carenti di collegamenti, dove il lavoro giornalistico non funziona e in cui spesso chi resta è “condannato” alla vita di paese. È qui che esiste, nonostante tutto, la testata giornalistica per cui Bruno scrive, un giornale il cui nome non compare mai, che rimane lì in sospeso tra le righe del libro di Maneggio.

La svolta della storia e dell’intero libro arriva probabilmente con l’apertura, in un paese che non sa neanche cosa voglia dire turismo, di un nuovo albergo. Bruno sarà il primo ad incuriosirsi finché non arriverà a scoprire che il malaffare si è insinuato nella cittadina apparentemente tranquilla e anonima di Frassabatina. Il giornalista precario e in amor di verità non sarà però appoggiato dai concittadini che preferiranno l’immobilità piuttosto che far sentire la propria voce. Da qui prende il via un’ulteriore fase della vita di Bruno, un moto di ribellione che nella parte iniziale di Prima di andare via non avrebbe avuto. Capisce che deve far qualcosa, non sa cosa, ma deve farlo.

La molla del cambiamento parte da un cagnolino che Bruno raccoglie per strada e che diventa amico, collega, una nota di colore emozionale in una vita piuttosto piatta; una parte fondamentale all’interno della storia che segna la rinascita personale del personaggio. Scoprirà così i veri valori della vita e ciò su cui vale la pena puntare.

Valentina Dattilo



Read more http://www.lameziaterme.it/prima-di-andare-via-giornalismo-crescita-personale-massimo-maneggio/

 
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Juve, i dati di una leggenda

Post n°1361 pubblicato il 06 Giugno 2018 da massimo.maneggio
 

EDITORIALE

 

 

 

Prima che vi distraiate con i Mondiali e con le sirene del calciomercato, lasciate che richiami la vostra attenzione su due punti.

 

Primo punto. La Juventus quest’anno ha realizzato un’impresa mitica: il settimo scudetto consecutivo è una cosa che non ha precedenti nel campionato italiano e che credo non sarà mai superato. Per anni, anzi, per decenni, ci siamo giustamente vantati dei cinque scudetti consecutivi degli anni Trenta. L’anno scorso la Juventus ha superato quel record. Quest’anno lo ha ancora migliorato. Ho l’impressione che molti tifosi juventini non si rendano conto della straordinarietà di questa impresa. Se ne renderanno meglio conto i figli dei nostri figli. Ciò non toglie che noi, già adesso, si possa/si debba godercene la grandezza ed esaltarla in faccia a tutti i tifosi delle altre squadre e squadrette.

 

Oltre tutto questo scudetto è arrivato in una stagione in cui tutti, autorità calcistiche, politici, opinionisti e giornalisti della carta stampata, delle radio e delle TV, hanno tifato Napoli  – o almeno si sono augurati che vincesse il Napoli. Tutti ad esaltare il bel gioco di una squadra che è uscita dalla Champions, che è uscita dall’Europa League, che è uscita dalla Coppa Italia per vincere il Campionato. E lo ha perso. Con questo ritornello del bel gioco ci hanno rotto le scatole per mesi, facendo paragoni ridicoli e in certi casi addirittura irriguardosi (a partire dallo stesso Sarri, pover’uomo, con quel presidente De Lamentiis che gli soffiava sul collo). Tutto serviva per cercare di mettere a disagio parte della tifoseria juventina. E a mettere le mani avanti in caso di vittoria juventina, come si è visto a fine campionato: la Juve ha vinto, vabbé, ma il Napoli ha espresso il gioco più bello. Il gioco più bello NON può essere quello che non ti fa vincere niente.

 

Tutto il sistema mediatico, profondamente antijuventino quasi al completo, a proposito del settimo scudetto consecutivo (e della quarta Coppa Italia consecutiva, altro record) ha dovuto glissare e subito parlare d’altro. Adesso, a partire dal calciomercato, si sta attrezzando per una nuova crociata. E qui veniamo all’altro punto.

 

 

 

Secondo punto. Dai vari rilevamenti sappiamo che circa un terzo degli appassionati di calcio tifa Juventus. Gli altri due terzi (questa è l’anomalia italica, inesistente negli altri paesi) non solo tifano per altre squadre, ma tifano CONTRO la Juventus. E quindi i tifosi juventini sono l’oggetto, quando va bene, del loro astio; il più delle volte del loro odio. Ci sono dei bambini di 12 anni, nati cioè nel 2006, l’anno di farsopoli, che dicono ai loro compagni di classe juventini che “la Juventus ruba”. Ripetono quanto dicono i loro padri, i componenti delle falangi antibianconere.

 

Io ho l’impressione che molti tifosi juventini non si rendano del tutto conto di questo stato di cose. E che abbocchino alle astute trovate giornalistiche mirate a seminare dubbi, perplessità e divisioni. Errore gravissimo. I tifosi juventini sono oggetto di un atteggiamento che possiamo definire di tipo razzistico. Il razzismo è quella cosa per cui una persona, indipendentemente dalla sua intelligenza, dalle sue capacità, dai suoi valori, è considerata un essere inferiore, una bestia che merita soltanto disprezzo.

 

Chi fa parte di una comunità oggetto di razzismo deve innanzitutto rendersi conto che è tutta la sua comunità (anche lui: non ci sono eccezioni per i singoli, come nel caso degli ebrei tedeschi che erano simpatizzanti di Hitler) ad essere oggetto di odio. L’altra cosa di cui deve rendersi conto è che di conseguenza, nel caso nostro, non deve consentire che si determinino divisioni al’interno della propria “comunità”, perché per gli altri non ci sono juventini di un tipo o di un altro tipo: sono tutti juventini, tutti da disprezzare indipendentemente dalle loro eventuali diversità.

 

Si parva licet, è lo stesso discorso che Papa Francesco spesso ha fatto a proposito dei cristiani. Per coloro che li perseguitano e li uccidono non ci sono differenze tra cattolici, protestanti, anglicani, greci ortodossi e via distinguendo. Sono tutti egualmente cristiani e sono tutti egualmente oggetto di odio. Ragion per cui, tornando al nostro miserabile contesto antijuventino, occorre tenere presente che è bene sentirsi tutti parte allo stesso modo di una stessa “comunità”. E comportarsi di conseguenza.

 

Questo non significa che non possano esserci punti di vista diversi (o addirittura opposti) su certi aspetti tecnici, sul valore dei nostri giocatori, sull’operato della società juventina. Ma deve essere chiaro che si tratta di pareri diversi espressi da “compagni di fede juventina”: E che quindi, al di là delle differenze, tutti gli juventini devono sentirsi ed essere fronte comune contro gli “odiatori”.

 

Chiedo scusa per questo ripetermi. La mia attenuante è che non mi sembra così semplice fare accettare questo concetto che a me sembra basilare. Restare fedeli al nostro slogan, “Fino alla fine, Forza Juventus”, non vuol dire soltanto gioire per le vittorie. Vuol dire essere sempre consapevoli di essere componenti della stessa comunità, che insieme festeggia le vittorie e che insieme affronta sia i momenti negativi, sia, soprattutto, le insinuazioni giornalistiche, le calunnie e il disprezzo, se non l’odio, degli altri “tifosi”.

 

 

 

P.S. Vi faccio ancora un esempio. Il mio libro “Solo noi” (regalatelo agli amici bisognosi di rassicurazione) contiene un capitolo dedicato a Farsopoli 2006 e un altro dedicato alla relazione Palazzi in cui l’inter, gravemente colpevole, da mandare subito in B, venne prescritta (cioè dichiarata colpevole, ma graziata dai voluti ritardi). Ebbene, i giornalisti che lo hanno recensito o che mi hanno intervistato in varie TV (con l’ovvia eccezione di Top Planet) non hanno mai fatto una domanda o un’osservazione su quelle due infami porcate. Anche chi è eventualmente ben disposto nei confronti della Juventus non vuole toccare il principale cavallo dei battaglia degli antijuventini.

 

P.P.S. Detto tutto questo, tra i tifosi juventini io una distinzione netta la faccio. E’ quella tra chi, nel 2006, magari per diffidenza nei confronti di Moggi, considerava la Juventus colpevole e la punizione relativamente accettabile. E chi, come tutti noi dell’ANAJ, dichiarava il proprio orgoglio juventino e denunciava il linciaggio di cui era vittima la Juventus, colpevole soltanto di essere la più forte. E quindi da decapitare.

 

 

BAZZECOLE  E  PINZILLACCHERE

 

 

Dice De Lamentiis che Sarri pensava ai soldi. Da che pulpito!!!!

 

 

Dice Fassone che i soldi arriveranno. Di chi? E quando?

 

 

 

Dice Lotito che l’anno scorso aveva rifiutato 110 milioni per Milinkovic (ma va!)

 

 

 

Tutti a parlare di soldi. Soprattutto se non ne hanno.

 

 

 

Paolo Bertinetti

 
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