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Giovanni Negus d'Abissinia 1879 »

Massaua 1464

Post n°1 pubblicato il 15 Settembre 2010 da slvnccl
 
Foto di slvnccl

ALCUNENOTE SULL’ANTICA MAZUA (Massawa)

GianCarlo Stella, 10-6-04

 

Laposizione geografica di Massaua venne calcolata scientificamente nel1890/91 (partendo dallo spigolo S. E. del palazzo del Comando aTaulud) in base alle osservazioni della R. Cannoniera “Scilla” edel R. Osservatorio meteorologico con  latitudine: Nord. 15°,36’, 41”; e  longitudine Est (da Greenwich), in arco 39°,28’, 9”, con fuso orario rispetto Greenwich corrispondente a 2h,37m, 52s, 606.[1]

Alcunistudiosi hanno ipotizzato che l’antico nome di Massaua fosse Badi’,ma Salvatore Tedeschi, probabilmente l’unico studioso che sidocumentò sull’origine del nome Massaua, identificò questa anticacittà nell’attuale isola sudanese di Ryh. Il nome “Massaua”,scrisse il Tedeschi, non sembra anteriore al XIII o XIV secolo. Laprima citazione oggi nota è presente in un testo del XV secolo,contenuta in una raccolta etiope di notizie di cronaca locale, gli“Annali di Addi-Neammin”, dove è scritto che nell’anno 17della Misericordia (ovvero il 1464-65 dell’era volgare),nell’ambito della sua politica antislamica, il negus Zar’a-Yā’qob(1434-1468) fece saccheggiare tanto Massaua quanto Dahlak[2].

Secondol’etiopista Carlo Conti Rossini: “poco o nulla di certo siconosce sull’origine di Massaua. Strabone e Tolomeo pongono inluogo di Massàua un paese chiamato Sabat, a cui si riferivano alcunerovine visibili fino a qualche anno fa sulla penisola di Abdel-Càder. IMusulmani, che avevano occupato le isole Dàhalac, creandovi unfiorente piccolo regno, conquistarono ben presto la costa, tentandodi espandersi verso l’interno. L’abitato fu allora trasferitosull’isola di Massaua, come più facilmente difendibile, e collascomparsa di Aduli ne prese la funzione di sbocco del retroterraetiopico”.[3]

Lastoria dello sviluppo storico di questa città non è facilmentepercorribile, venendo a mancare quei documenti di origine arabo-turcache dovrebbero, se esistono, far luce sulla questione.

Nellefonti occidentali, la prima volta che appare il nome di Massaua, sideve al religioso (“Prete da Messa”) Francesco Alvarez,portoghese, che la citò nella sua pubblicazione riferita al viaggioin Etiopia che fece nel 1520 in qualità di cancelliere del reEmanuele del Portogallo[4].

L’Alvareznarra, ed ulteriori informazioni si hanno attraverso una relazioneanonima stampata in Lisbona nel 1521[5],che la città di Massaua (chiamata “Mazua”), dove si pose allafonda la flotta portoghese guidata da Lopesde Sequierail 16 aprile 1520, venne trovata disabitata, perché i “Mori”alla vista delle navi erano fuggiti verso l’interno. I legniattraccarono nella Baia di Arkiko (“Ercoco”), dove furono benaccolti dai pochi cristiani presenti. Padrone di quelle terre era inquel periodo il “Barnagasso”[6]Dori, potente signore dipendente dal re d’Abissinia.

Questaè la prima volta che appare in un documento l’isola di Massaua,sebbene quella costa del Mar Rosso fosse stata percorsa anche neitempi precedenti da numerosi europei, che però non citarono maiquest’isola.

Nullainfatti ci dice il viaggiatore veneziano Paolo Trevisano, che moltoprobabilmente visitò quel mare nella seconda metà del XV secolo[7];nulla il padre Francesco Suriano circa i viaggi compiuti in Etiopiadall’imolese Giovanni Battista Brocchi da Imola[8];nulla il bolognese Ludovico De Vartema, che fu da quella parti versoil 1505-1506[9].

Edanche nelle antiche carte geografiche, si veda il preziosissimomappamondo di Fra Mauro, e soprattutto negli “itinerari”, veritesori di cognizioni geografiche, non appare mai prima del XVI secoloil nome di Massaua[10].

Dovremmoquindi ritenere che sino a quel secolo l’isola non fosse abitata,oppure, più probabilmente, che non rivestiva un significativo valorepolitico, sociale od economico.

Laprova potrebbe essere l’assenza di materiale archeologico mairinvenuto nelle isolette di Massaua e Taulud[11].Quindi è solo dall’inizio del XVI secolo, secondo le fonti“occidentali”, che Massaua “prende vita”.

Ventianni dopo l'Alvarez, nel 1540, quegli stessi portoghesi tornarono aMassaua, e come primo atto di guerra contro i “Mori”, scannaronotutti i musulmani che qui trovarono. La testa del governatore diArkiko, Nur Eddin, venne spiccata dal busto ed inviata alla corte delNegus, come è raccontato copiosamente nella relazione delBermudez[12].

Anchein questa occasione Massaua non venne occupata stabilmente daiportoghesi, che, sebbene vi lasciassero una guarnigione a guardia deimori che potevano attaccare dal mare, l’abbandonarono dopo quelleprime operazioni di guerra e dopo aver trasformato la locale Moscheain una chiesa dedicata alla SS. Vergine.

IlPortogallo avrebbe potuto mantenere l’occupazione con la forzadelle armi, anche perché ciò gli era stato concesso, assieme ad unterzo di tutto il territorio etiopico, dallo stesso negus David, incambio del soccorso armato ricevuto.

Sappiamo,sempre attraverso la relazione del medico, poi patriarca, Bermudez,che Massaua viveva in virtù dell’acqua che si portava con barcheda Arkiko, località dove risiedeva il governatore dell’isola.

Lesuccessive missioni religiose in Etiopia, penetrarono in Etiopia nongià dalla ormai nota isola di Massaua, ma ancora da Arkiko e daaltre località rivierasche tra cui Zula, Beilul e Zeila.

L’isoladi Massaua sembra abbia conosciuto, prima del 1520, e posteriormente,una occupazione militare abissina, e lo si evince dal titolo etiopicodi Barnagasc, ovvero del “Re del Mare”. Essere più precisi inmerito non è oggi possibile.

Dopola spedizione di soccorso al negus di Cristoforo Da Gama, l’isoladi Massaua, ed in pratica tutto il Mar Rosso, venne a trovarsi sottolo stretto dominio dei turchi, che in quel periodo raggiunsero lamassima estensione territoriale in quel mare. Massaua venne occupatasotto Solimano II nel 1557.

Nessuneuropeo, se non con la forza delle armi, avrebbe potuto navigare inquelle acque, né svolgere attività commerciali o tantomenoreligiose.

Anchein piena guerra tra “mori” e “infedeli”, viaggiatori,commercianti e religiosi poterono spostarsi quasi a loro piacimentosu quel mare, pagando però una sorta di “tassa” al governatoreod al capo locale.

Infatti,secondo la “Relazione del Martirio di P. Agatangelo da Vendôme edi P. Cassiano Da Nantes Cappuccini”, della prima metà del XVIIsecolo, è scritto che l’ingresso nel Mar Rosso e lo spostamentodegli “infedeli” era possibile perché “I Pascià non vifrappongono verun serio ostacolo, sia perchè codesti ladri [dellecarovane] pagano a loro, secretamente un certo tributo, sia perchèsono occasione che si formino delle carovane, le quali rendono grandientrate agli Officiali Turchi”[13].

Purei discendenti dei militari portoghesi rimasti in Abissinia furonoperiodicamente soccorsi con danaro attraverso il Mar Rosso[14].

Esistein merito una letteratura assai vasta che qui non è il caso diripercorrere.

Dallaseconda metà del XVI secolo Massaua conobbe grandi trasformazioni invirtù dell’occupazione turca, che la sistemarono a difesa per levoci “più volte corse negli anni passati, del prossimo arrivo deiPortoghesi”[15].

Nell’isola,o per meglio dire nelle due isole, i turchi posero alcuni pezzi diartiglieria, demandando la difesa di Massaua al paese di Arkiko,distante appena “un colpo di moschetto”[16].In Arkiko eressero infatti delle fortificazioni in muratura, conguarnigione fissa, dove viveva anche il comandante o governatore.

Testimoniail Barradas nella sua relazione: “Dalla parte che resta adoccidente dell’isola si va allungando la baia fino al villaggio diArchico per lo spazio di oltre due leghe, dove i Turchi a difesa deipozzi d’acqua, che ivi si trovano, recentemente hanno fatto unafortezza quadrata munita di quattro baluardi. A vederla sembra che imuri siano costrutti in pietra e calce, perciò all’esterno sonointonacati in realtà però sono di pietra e fango, ed io lo seppiquando si fabbricava. Quando io vi passai la prima volta nel 1624,non v’era vestigio di tale fortezza, ma soltanto un muro assaidebole e in parte rovinato, dell’altezza di dieci o al più dodicipalmi, circondava tutto il villaggio e certe case al un piano delChecheà o governatore, che ancora oggi vi sono”[17].

Massauainfatti viveva attraverso l’acqua che era fornita giornalmente daArkiko, portata da sambuchi[18],non potendo le cisterne di Massaua soddisfare le esigenze idrichedella città se non per pochi giorni.

Arkikoquindi risultava fondamentale per la sopravvivenza di Massaua,oltrechè essere vera porta di accesso verso l’Etiopia, con ottimoclima, rigogliosa vegetazione ed acqua abbondante.

Infattil’ingresso in Etiopia, sebbene Massaua stesse assurgendo a vera epropria città, avveniva ancora da Arkiko; nel 1638 i citatimissionari cappuccini francesi PP. Agatangelo e Cassiano, da qui siinoltrarono verso l’interno senza toccare Massaua[19].

Dallafine del XVI al XVII secolo Massaua rivestì un ruolo importante peri commerci delle due sponde del Mar Rosso e per l’Abissinia, veroemporio di merci che qui transitavano provenienti anche dall’estremoOriente.

Perquesta condizione estremamente propizia, si tentò di stimolare il redel Portogallo ad occuparla stabilmente. Traccia di questa proposta ènella relazione del gesuita Emanuele Barradas del 1641[20];“il possesso di Massaua dal punto di vista dei traffici sarebbeutilissimo alla corona di Portogallo, essendo Massaua, come si èdetto, l’unico sbocco del commercio etiopico e delle regioniconfinanti. Inoltre, fatto che avessero i Portoghesi di Massaua unapiazza forte, potrebbero senza grande sforzo rendersi padroni ditutto lo stretto e, cacciati i Turchi, ora già molto indeboliti perle ultime sconfitte ricevute dagli Arabi, dalle poche piazze che lororimangono nella costa d’Arabia, fare affluire a Massaua tutte lenavi dell’India, che ora commerciano nel Mar Rosso. Per tal modo ilPortogallo potrebbe compensare la diminuzione del commercio collaPersia avvenuta in seguito alla perdita della piazza d’Ormuz”.

Ciòche probabilmente non convinse la corona portoghese ad occuparlastabilmente fu che comunque Massaua sarebbe rimasta un’isolaattorniata dai turchi o dagli arabi, quindi difficilmente gestibilesoprattutto militarmente.

Massauacomunque visse la sua vita tipica di città araba, dedicandosi alcommercio. L’Etiopia, e di riflesso i Paesi a lei confinanti,infatti viveva anche di prodotti che le giungevano via mareattraverso quell’isola, come risulta dall’efficace descrizionesecentesca fornitaci ancora dal gesuita Barradas, che ci offre unavisione rilevante sulla sua importanza commerciale: “bisogno diprovvedersi dal di fuori [dell’Etiopia] di moltissime cose che lànon si fabbricano, specialmente armi e tessuti. Delle armi già hoparlato di sopra; dei tessuti ... tappeti d’ogni sorte, tantoordinari che di prezzo; … Tutte queste mercanzie, e anche altre,specialmente utensili di uso domestico, tanto di vetro che diporcellana, vengono durante grande parte dell’anno le carovanedall’interno a comperare a Massaua e le pagano coll’oro chetraggono dal Nareà e dai paesi vicini. E si può dire che tuttol’oro che si trova in Etiopia va a finire a Massaua, donde passanell’Indie e nell’Arabia. Quando però i mercanti trasportanoessi stessi le merci nel Tigrè, in cambio di queste accettano anchebestiame o altre merci, che le carovane abissine sogliono portare aMassaua pel traffico. Le mercanzie che si trovano in copia a Massauae vengono a cercare i mercanti arabi ed indiani sono (oltre ilbestiame, come buoi, capre, cavalli) l’avorio, il muschio, lepelli, tanto vaccine che caprine, molta cera, moltissimo miele eburro in tale abbondanza che Massaua sola basta a rifornire Suachin etutta l’Arabia. Non parlo di viveri, come granaglie, erbaggi,legumi e simili, perchè di questi, che pure in abbondanza sonotrasportati dalle carovane abissine a Massaua, non si sogliono farescambi co’ mercanti stranieri, ma la massima parte viene consumataa Massaua ed Archico, che difettano di ogni cosa. Tuttavia i Turchiper provvedersene sono costretti ad attendere le navi dell’Indieche portino i tessuti, perchè solo in cambio di questi gli Abissinivendono i prodotti delle loro terre. Quando io vi giunsi, Massauaprovava una grandissima carestia di viveri, ma non appena si sparsela voce ch’era giunta una nave dall’India, che tosto accorseronumerose carovane e la città si rifornì in abbondanza. … Aggiungoche si potrebbe fare altresì buon commercio colla madreperla, chetrovasi in abbondanza intorno all’isola di Dalek e alle altre tuttein vicinanza di Massaua. Al presente la pesca rende poco, tanto perla mancanza di pescatori, quanto perchè quei pochi che si danno atale industria non si spingono al di là di sette braccia di fondo.Che se i pescatori fossero più numerosi e si spingessero a maggioreprofondità non solo si caverebbe grandissima quantità dimadreperla, ma è probabile che si troverebbero le stesse perle”[21].

Talestato commerciale di Massaua rimase invariato nel corso dei secolisuccessivi, sin quando, secondo gli scritti delvescovo Guglielmo Massaja, iTurchi affidarono il controllo della città alcapo dei Belau, tribù di Habab[22].

Questi,investito del titolo arabo-turco di Naib (principe), aveva residenzaad Arkiko e fu il legittimo Signore di Massaua fino alla dominazioneegiziana[23].

Lefonti consultate per tracciare un sufficiente profilo della città diMassaua sono costituite dagli scritti di alcuni viaggiatori estudiosi che ebbero modo di visitarla durante la seconda metà delXIX secolo.

Traquesti, il missionario Massaja[24],i consoli Russel[25],Raffray[26]e Rohlf[27],i viaggiatori italiani Antinori[28],Issel[29],Matteucci[30],Vigoni[31],Pennazzi[32]e  Bucci[33],del governatore civile della neo Colonia Eritrea FerdinandoMartini[34]e degli studiosi Alamanni[35]e G.B. Beccari[36].

Sempresecondo la relazione citata del Massaja, sembra che nel1847 il Governatore di Massaua avesse distrutto Arkiko e, dopo averallontanato il Naib, vi abbia costruire un forte per custodirel’acqua destinata a Massaua.

L’ufficialedi marina francese Stanislao Russel, in visita in quei luoghi comeambasciatore di Napoleone III, nei suoi scritti[37]non fece menzione del forte di Arkiko, confermando però il passaggiopolitico descritto dal Massaja. Aggiunse che l’anno seguente, 1848,il Governatore ottomano, con il beneplacito dell’Inghilterra, presedi fatto possesso di Arkiko, riportando il Naib al potere.

Nel1865, in seguito a un Trattato, la Porta[38]cedette Massaua al khedivè d’Egitto, incompenso di un aumento nel tributo[39].L’Egitto laoccupò nel 1872, ponendovi come Governatore lo svizzero WernerMunzinger.[40]

L’isoladi Massaua venne unita alla terraferma dallo  stesso Munzingermediante due dighe; la prima, della lunghezza di circa 420 metri,congiungeva quest’isola con Taulud e, la seconda, di circa 1.030metri[41],univa Taulud alla costa.

AMunzinger subentrò Alì el Din[42],come ricorda nel 1880 il console tedesco Gherard Rolhfs. Ad Alì elDin successe nel 1884 Mason bey, sostituito poi da Izzet bey, che nelfebbraio 1885 si trovò a ricevere ed a “sbrigare”, suo malgrado,l’occupazione italiana dell’isola.

Gliitaliani governarono la città attraverso un condomino con l’Egitto,concluso con un atto di forza nel dicembre del 1885 che espulse gliultimi funzionari khediviali.

Daquell’anno, il possedimento italiano accompagnò la storiadell’Italia in quel lembo d’Africa. Con la nascita della coloniaEritrea (1° gennaio 1890), ne rimase la capitale sino al 1897,sostituita da Asmara.








 
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