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Illustrazione Popolare n 34 1890

Post n°26 pubblicato il 13 Ottobre 2010 da slvnccl
 
Foto di slvnccl

RACHELE

(scene dal campo d'Africa).

(A C. D'O.).

Signori, vi presento Rachele e ve neracconto le modeste avventure. È una graziosa capretta assaortina,comprata in una circostanza piuttosto curiosa dal mio amico Gioli.

Eravamo ai pozzi di Uà una seracalda di febbraio. La sterilità che regna per tutto l'anno sullacosta dell'Eritrea, si lascia in inverno sostituire da un po' divegetazione, che ad Uà diventa abbastanza rigogliosa. Per ciò lenostre tende situate sopra un pogetto restavano nascoste tra lepiante. Alcuni basci-buzuk silenziosi pregavano. Tutto eracalmo, ma nella valle altri basci-buzuk galoppavano pazzamentecon i lunghi sciemma svolazzanti, mentre conducevano iquadrupedi all'abbeveratoio. I monti risuonavano delle loro gridaselvaggie, e dall'alto d'una roccia, su cui faceva gazzarra, unbranco di scimmie rispondeva con urli frequenti. I profili di queiquadrumani si disegnavano fantasticamente agitati negli ultimibagliori d'un tramonto teatrale.

I basci-buzuk tacquero quandodalla parte di Arkico spuntò una povera carovana dell'Assaorta.S'avvicinò silenziosa, e con un leggero brusio si distese come unamacchia grigio oscura attorno ai pozzi.

Poco dopo, dalla valle dell'Alighordéapparve una carovana Abissina, più lunga, più rumorosa, a colorivivaci. Alcuni cavalieri armati giunsero al galoppo ai pozzi. Tostogli Assaortini sgombrarono il terreno, ed allineatisi lungo un latodella strada, in ginocchio, in atteggiamento di vittime, offerseroquanto possedevano alla carovana abissina che incominciava a sfilare.

Era uno splendido, esempio deldiritto della forza, che, in quei paesi, è imperioso nella lotta perl'esistenza. Gli Assaortini non potendo difendere la loro proprietà,l'offrivano agli Abissini, fidando solo nella loro generosità.

- Ecco il momento d'intervenire, -disse Gioli, e discese verso i pozzi. Io lo seguii con qualchebasci-buzuk. Non appena gli Assaortini ci videro sirialzarono, e riunitisi in circolo assunsero un atteggiamentodignitoso. Gli Abissini fecero circolo dall'altra parte dei pozzi.

Gioli fece chiamare i capi, es'ingolfò con essi in un diavolìo di chiacchiere in italiano, inarabo, in amarico, dopo le quali si riuscì a ripartire i pozzi frale due carovane.

 

- 531 -

Mentre duravano le trattative s'erafatto oscuro. Una ragazza assaortina era discesa in un pozzo adabbeverarvi una capretta. Un abissino seguitala voleva impadronirsidella capretta; la ragazza strillava, l'altro inveiva, le due partistavano complicando l'incidente, sicchè s'intervenne noi.

Dopo altri lunghissimi ragionamentisi decise che noi avremmo comperata la capretta. Non ho mai capito ilperchè di questa decisione, ma ricordo che era l'unica a cui le dueparti volessero adattarsi.

E così restò al mio amico una bellacapretta, ardita, intelligente, dall'occhio di gazzella.

*

* *

Tornati ad Arkico, nella RidottaGaribaldi, la capretta fu legata vicino alla baracca ufficiali;ma il primo giorno durante il riposo meridiano, annoiata dallasolitudine e dal silenzio, si era messa a belare con tanta insistenzache tra le varie camere separate da tavole si animò una vibrataconversazione.

- Ma non potrebbe finire questamusica?

- Cosa c'è? - Una capra?

- Tutti i giorni una novità!

- Possibile che non ci siano altriposti da attaccarti!

Questo scambio di domande e diosservazioni, fatte nel tuono deciso di chi trova inutile lacontinuazione della seccatura, indusse il mio amico a cambiardomicilio alla capretta, ed a mandarla sotto le palme della noria.

Quel bel gruppo di palme adum,dai lunghi rami elegantemente arcati, era il parasole del pozzo,della noria e di un orticello che vi si stendeva intorno. Lacapretta si trovava a suo agio in quella specie d'oasi, che le sispecchiava negli occhi, e rammentava quei paesaggi orientali dipintidentro a certi ferma-carte di cristallo. Godeva poi dell'utilecompagnia di due soldati dei cacciatori, che, essendo ortolani,potevano disporre di qualche foglia di cavolo e d'insalata.

Quelle palme, quel pozzo, avevanorievocato le reminiscenze bibliche del mio amico Gioli, il qualetrovava qualche punto di contatto tra la vaga fanciulla, che avevadissetato Giacobbe al pozzo, e la sua capretta. Perciò l'avevachiamata Rachele, nome che del resto pareva un'eco dei belati diquesta bestiola.

Rachele diventò popolare nelbattaglione della Ridotta. Aveva preso l'abitudine d'aspettare ognisera l'arrivo del carretto della Decauville che portava gliufficiali dal Circolo alla Ridotta. Il suo padrone le dava unzuccherino, ed essa se ne tornava alle palme saltellando.

Il povero amico mio morì nei primiconati contro l'Abissinia, e Rachele le prime volte che all'arrivodel carretto non vide il suo padrone, parve meravigliata, macontinuò a venire. Guardava con attenzione tutti gli ufficiali chel'accarezzavano, poi tornava tristamente alla noria.


Dopo l'occupazione dell'Asmara, lastrada da Saati a Ghinda era continuamente percorsa da lunghecarovane di cammelli, muli, asini, da portatori indigeni. Tutti sifermavano alle Acque basse di Sabarguma, unico punto dalla strada incui si potesse trovare un po' d'acqua, grazie al lavoro del nostropiccolo riparto di truppa che vi era accampato. Rachele era con noi!

Le file interminabili d'uomini e diquadrupedi che portavano viveri e munizioni all'Asmara, dilagavanonei piani vicini alle Acque basse, con una confusione artistica chedava l'idea della valle di Giosafatt. Attraverso a questa massavivente, s'insinuava e serpeggiava continuamente una corrente diAbissini.

Discendevano dal Tigré sfiniti dalcaldo, dalla fame, dalla fatica, dalla miseria secolare accumulatasiattraverso parecchie generazioni sulla generazione attuale. Verepopolazioni di scheletri, dalle braccia, dalle gambe stecchite,lunghe, con i ginocchi ed i gomiti sporgenti. Correvano a Massauadagli Italiani come ad una terra promessa.

- Tendono a diventare trampolieri, -si diceva; e credo che non fosse possibile trovare una frase, cheindicasse meglio il deperimento fisico della razza.

Durante una giornata rovente diagosto, il movimento di Abissini era stato grandissimo. S'eranosoccorsi alcuni morenti di fame. A pochi chilometri da Sabarguma,sulla via di Ghinda, si era trovata una donna, semi-divorata dalleiene.

Alla giornata rovente era succedutauna notte calma, caldissima, una vera notte da colpi di calore.La pattuglia della sera aveva ricoverato nella baracca dei soldatiuna donna morente ed un bambino. I soccorsi alla donna furonoinutili: - poco dopo morì. Il bambino, di pochi mesi, scarno,patito, coricato sopra una giubba, succhiava avidamente latte daGhinda, la cagna d'un sergente, in seguito alla proposta d'un soldatoveneto. La cagna tranquilla lo leccava amorosamente.

- El ghe n'ha proprio bisogno,povaro putelo, - diceva il soldato veneto, senza spiegare se ilputelo aveva bisogno di latte o d'esser leccato.

Il giorno dopo la morta fu seppellitada alcuni Abissini su d'un monticello, ed il tumulo fu ricoperto dipietre bianche.

Si pensò di far sostituire Ghinda daRachele.

Dopo qualche reticenza, dopo qualcherifiuto, la capretta disimpegnò bene la sua nuova missione.

In una delle prime prove alcunisoldati stavano attenti che tutto andasse bene. Un Sardo, nero comeun Sudanese, teneva alzata una gamba a Rachele perché con qualchemovimento brusco non facesse male al bambino, e guardava il piccoloAbissino così attentamente che il Veneto gli disse:

- Ciò! el par che ti lo g'abbifatto ti!...

Un po' succhiando da Rachele che glistava sempre attorno, un po' dalle mogli dei basci-buzuk chepassavano di là, il bambino s'era rimesso abbastanza in carne; madopo qualche pratica, una donna della Missione di Monkullo venne aprenderselo.

Rachele ci piantò tutti e se n'andòa Monkullo con la donna e col bambino, e quando la Missione vollerestituircela noi la si regalò al bambino come dote.

Ed ora, signori miei, Rachele è unadelle prime balie di Monkullo.

ENRICO CAVIGLIA

(Tenented'artiglieria).


 
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