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Illustrazione Popolare n 36 1890

Post n°27 pubblicato il 18 Ottobre 2010 da slvnccl
 
Foto di slvnccl

KASSALA

In questi giorni fu un continuo dire e disdire che Kassala passeràsotto la protezione incivilitrice dell'Italia.

Mentre scriviamo, lo si afferma di nuovo; e può darsi che, quandouscirà il nostro giornale, Kassala, questo centro d'aspetto triste,ma importantissimo per il commercio, sia già sotto le alidell'Italia.

Intanto lasciamo che ne discorra, col suo brio, un insigneviaggiatore africano, il conte Luigi Pennazzi, il quale nel bel libroDal Po ai due Nili, rivela qual'è veramente quella città, equegli indigeni. Illustriamo le sue pagine interessantissime condisegni fedeli e per noi veramente preziosi.

I due disegni che pubblichiamo, ci furono mandati dal nostrocorrispondente egiziano signor Bonola. Essi furono fatti sul luogodal signor Dimitri Mosconas, viaggiatore nel Sudan, poi interpretedel generale Wood.

Sono una vera curiosità. Ecco ora quanto di Kassala ci dice ilPennazzi:

Kassala è una città - chè altra parola non trovo per definirla,- ove le case sono di terriccio, il suolo di terriccio, l'atmosferadi terriccio, - e si mangia, si beve, si respira, si dorme sulterriccio giallognolo e polveroso, per il quale essa gode fama eriputazione. Non è già quel bel color dorato che prende la polvereallorchè è irradiata dal sole e che la fa comparire come una nubed'oro, ma bensì il color sporco e lucido di chi guarderebbe unmucchio d'immondizie attraverso un vetro giallo. Aggiungete a ciò unvento indiavolato che soffia almeno sedici ore al giorno durantetutto l'anno, che non vi permette di affacciarvi un sol momento allastrada senza riempirvi occhi, bocca, orecchie e collo di un polverìofino fino, impalpabile, che vi soffoca, vi prude e vi accieca.

Non una casa in pietra, non una di quelle svelte e leggierecostruzioni di stile moresco che adornano gli edifizi di Cairo, diAlessandria, di Beyruth ed anche di Djedda, non una di quellemusharabieh (balconi) dagli intagli eleganti, dalle colonnetteslanciate che lo scalpello di un paziente artista ha scavato,arrotondato, accarezzato sul legno; non uno di quegli elegantiminareti bianchi bianchi, che slanciano le loro acute guglie versol'azzurro del cielo; a Kassala tutto è cupo, triste, fangoso opolveroso, secondo che la stagione è piovosa o asciutta. Le casesono specie di dadi quadrati, le cui mura sono in terra battutaframmischiata con paglia, e le strade non sono che la continuazionedi questi muri color bruno sporco. In mezzo a queste viuzze, c'è unfossato ora largo, ora stretto, ricettacolo di tutte le immondizie,che diventa una vera fogna liquida allorchè piove, ed esala in ognistagione emanazioni pestifere.

Da ogni parte della cloaca havvi uno stretto sentiero arompicollo, ove si cammina durante delle ore, senza nessun'altraprospettiva fuorché quella delle grigie muraglie che fiancheggianole viuzze, e che, dopo mille giri e rigiri, vanno a perdersi in unacorte, o contro il muro di cinta di qualche abitazione, che vi sbarrail passaggio...

Una passeggiata in Kassala, non è un divertimento, bensì unmartirio. I piedi sollevano nubi di polvere; l'aria non circolandoper le vie rinchiuse fra i muricciuoli, ne rende il calore ancor piùardente. E poi a che scopo si passeggerebbe? Non si incontra nessuno,le vie sono deserte o quasi; tutt'al più durante una passeggiata diun'ora si incontreranno due o tre donne che oltre all'esseregelosamente velate, si volteranno verso il muro, perché gli sguardidel cane infedele non possano scorgere il loro viso; in quanto agliuomini essi sono rinchiusi o nell'harem o nelle botteguccie delbazar....

Il punto meno triste e meno brutto di Kassala, è la piazzagrande, sabbiosa steppa, intorno alla quale si innalzano gli edificigovernativi; cioè le caserme, la posta, il palazzo del governo omuderia, dinanzi alla quale quattro cannoni sudici ed in disordinesembrano annoiarsi mortalmente, nonchè la moschea principale,edifizio quadrato senza stile, nè gusto, sormontato da un minaretogiallognolo e pesante, tutti fabbricati che nessuna differenzaoffrono dalle vicine stamberghe, ad eccezione però della moschea suimuri della quale, molti anni addietro, venne dato una mano di bianco.

Da un lato della piazza havvi la strada che conduce alla porta dadove entrammo in città, passando fra le strette viuzze del bazarfiancheggiate dalle solite botteghe all'araba, ove nello spazio dipochi piedi quadrati si incontrano gli oggetti più disparati:seterie e tamarindo, chiodi e cotonine, spezierie, cipolle, olio edarmi da fuoco, piccole cuffe contenenti gli elementi eterocliti dellacucina orientale, e sacchetti ripieni di turchese e di diaspri; unavera babilonia infine, in mezzo alla quale il mercante siede,gravemente avviluppato nelle sue candide vesti, il capo ornato daimmacolato turbante, fumando il suo lungo scibuk o contandomacchinalmente i grani del suo sipka(1).Nè havvi pericolo che egli si disturbi se vi avvicinate; guardate,toccate pure la sua merce, egli non si toglierà dal suo assopimentose non per dirvi quale è il prezzo di tale o di tal altro oggetto.Non cercherà di affascinare il compratore come il nostrodettagliante, facendo valere l'articolo prescelto, mostrandolo nellasua miglior luce, nel suo maggior effetto, forzandolo quasi acomperare a furia di gentilezze e di parole cortesi. A Kassala, comein generale in tutto l'Oriente, nulla di tutto ciò; allorchè avetevisitato, frugato, scompaginato ben bene una bottega, poteteandarvene senza nemmeno salutare il mercante; armato di una pazienzaa tutta prova, egli rimetterà lentamente tutto in ordine,riaccenderà il suo scibuk e si rimetterà a ricontare il suo eternosipka, precisamente al grano ove l'aveva lasciato, allorchè l'aveteinterrotto....(1) Il sipka è una specie di rosario a grossi graniche gli Arabi e di Turchi hanno l'abitudine di portare sempre in manoe di cui contano o muovono continuamente i grani, operazionemeccanica che non tralasciano mai.

Quel poco di animazione che trovasi a Kassala, già lo dissi, si èdato appuntamento sulla piazza della muderia e nelle viuzze tortuosedel bazar. Questo diavolo d'Oriente, per brutte ed infette che sianoalcune delle sue parti, offre però sempre qualche punto saliente,qualche dettaglio pittoresco che richiama l'attenzione dell'artista,svegliandone l'entusiasmo. A Kassala, per esempio, in fondo allapiazza, havvi un angoluccio che vale un tesoro, e di cui PaoloDelacroix avrebbe di certo ricavato uno di quei bozzetti orientali sipieni di grazia e di color locale. Dinanzi stendesi l'immensa piazzailluminata da una luce bianca e cruda, e alla quale serve di fondo ilmuro della moschea e la vasca delle abluzioni, ove alcuni dervishricoperti di cenci multicolori sono accovacciati nella polvere,biascicando le loro strane formule, mentre altri seguendo un impulsosempre crescente bilanciarsi di continuo, finchè, la schiuma allabocca, invasi da una frenesia, da un'estasi religiosa, cadonobocconi, incapaci di movimento, intanto che, sotto una stuoiasostenuta da quattro pali, sta gravemente seduto il Sheik-el-Kibiro grande sacerdote di quei fanatici, ancora più cencioso, ancora piùlurido, se possibile, dei suoi seguaci, il corpo ricoperto dipustole, la faccia ravvolta in un cencio altre volte bianco, e ilcapo ricoperto di un immenso cappello di paglia a cono acuto, simileai copricapo dei leggendari arlecchini napoletani. A sinistra havviun caffè indigeno, ove su piccolissimi sgabelli stanno seduti Arabie Turchi di tinte diverse, dallo Shukrie mezzo nudo alnegoziante avviluppato in serico caftan, dal kavas armato collaricurva scimitarra e il pittoresco costume albanese fino al soldatosudanese dal viso tagliuzzato, dal tipo negro in tutta la suabruttezza, portanti con fierezza il bianco uniforme che cade abrandelli; e tutti assaporano gravemente il caffè in una chiccheraminuscola, giuocaudo ad una specie di trictrac in uso costì, eassorbendo il fresco fumo del narghilé, tutti silenziosi,scambiando appena qualche parola, collo sguardo nuotante nel vuoto ecome perduto in una di quelle lontane contemplazioni, che sonol'ideale dei fumatori d'oppio e di hashish. A destra poi havvi unabottega da sarto accanto ad un'altra da barbiere, tutte e due senzavetrina, precedute da una tettoia sotto la quale stanno seduti gliavventori.

 
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