Creato da pikprymv il 17/12/2008
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pista altomontana dell'Etna

Post n°1 pubblicato il 17 Dicembre 2008 da pikprymv
 

Il giro dell'Etna, il Mongibello, 'a Muntagna, cosi si usa chiamarla da queste parti...un continuo saliscendi tra i forti contrasti cromatici dei boschi di castagno, querce, pino laricio, betulle e faggi, i deserti lacici e le colate millenarie in una cornice blu che è il cielo siciliano

 Il giro ha inizio a quota 1700 m,
nei pressi del cancello della forestale in contrada Milia, oltrepassiamo da
sinistra il cancello, da qui parte la pista altomontana del Parco dell’Etna.
Contornata di rifugi in pietra lavica del corpo della forestale sempre aperti
ma non gestiti, dove è possibile scaldarsi nelle giornate più fredde grazie al
camino e alla legna quasi sempre disponibile, la pista è percorsa tutto l’anno
da visitatori in mountainbike, a piedi, a cavallo o con gli sci ai piedi
durante la stagione invernale. Gira attorno al vulcano quasi a 360° interrotta
solo dalla maestosa depressione della Valle del Bove; ampia circa 7 km x 5 con
pareti alte fino a 1000 metri, la valle si sarebbe formata in seguito al collasso
di antichi crateri e al trasporto a valle di materiali, mettendo a nudo immensi
strati di colate laviche eruttate in migliaia di anni. Nei periodi di attività
questo vasto serbatoio raccoglie le colate quasi a voler proteggere i vicini centri abitati. Ma torniamo sui pedali
e percorriamo i primi 2 km in asfalto, superiamo il giardino botanico Nuova
Gussonea e la piccola cappella votiva dedicata a San Giovanni Gualberto alla
nostra destra; ancora qualche metro e imbocchiamo lo sterrato a sinistra
lasciando che la strada asfaltata continui a salire sul lato destro. Si
prosegue per altri 4.5 km tra boschi profumati dagli aghi del Pino Laricio,
fino a raggiungere il rifugio Galvarina a quota 1876 m, bello e confortevole.
Alle sue spalle l’imponente mole del versante sud-ovest dell’Etna che fuma
ininterrottamente e che ci accompagna in questa avventura con il suo costante e
rauco brontolio. La strada adesso si biforca e noi proseguiamo verso destra, la
pista sale ancora e il terreno si fa un po’ più pesante a causa della sabbia
vulcanica; percorsi appena 1.7 km
giungiamo al rifugio Monte Palestra ai
piedi dell’omonima altura: ci troviamo sul punto più alto del giro, a quasi
2000 m; di fronte la vista spazia dalla vicina Bronte alla più lontana Troina
oltre il fiume Simeto. La pista sale ancora per circa 1 km, dopodiché ha inizio
la lunga discesa che ci riporterà giù fino a quota 1350 m. Lo spettacolo è
quasi tutto alla nostra sinistra…un susseguirsi di sfumature del grigio le cui
tonalità “datano” le colate laviche ancora visibili dopo 4 secoli; ad
interrompere miracolosamente questi magnifici deserti di lava, il giallo delle
Ginestre e i boschi di Querce, Roverella e Faggi. Superiamo alla nostra destra
un ‘paghiaru’ antico ricovero di paglia e terra; poco più avanti una recinzione
in legno ci segnala l’arrivo alla grotta di Monte Nunziata, un ingrottamento
lavico il cui successivo crollo della volta ha lasciato una voragine di circa
15 m. Continuiamo la nostra discesa,
veloce e polverosa fino al confortevole rifugio di Monte Scavo a 1700 m. La
discesa prosegue per circa 8.5 km in un susseguirsi formidabile di curve, salti
e derapate fino a raggiungere il rifugio di Monte Spagnolo a 1440 m. In
quest’ultimo tratto bisogna fare molta attenzione a non lasciare la pista
altomontana, si rischia di scendere troppo di quota per poi dover risalire.
ATTENZIONE, ci sono infatti 4 bivi non ben segnalati tra il rifugio di Monte Scavo e Monte Maletto: al primo bivio a
destra in ripida salita verso la Grotta delle Vanette noi proseguiamo dritto;
al secondo bivio a sinistra che scende rapidamente verso Maletto noi
proseguiamo dritto in direzione Monte Spagnolo (come segnalato dal cartello),
infine gli altri due bivi a destra sono da evitare proseguendo dritto. Ancora
lave antiche e recenti che si sovrappongono, ampie viste sui crateri sommitali
e la strada che si orienta verso nord. A soli 100 m dal rifugio di Monte
Spagnolo, non lasciatevi sfuggire la deviazione a destra, poco visibile, che ci permetterà di tagliare la comoda pista
altomontana; percorriamo quindi per 800 m la bellissima faggeta ed il suo
tappeto rosso (se autunno) fino ad una chiudenda, superata la quale, 700 m di
single track tecnico molto spettacolare fatto di spuntoni lavici e bocche
effimere di una recente colata lavica (1981) metterà a dura prova, gambe e
forcelle (se la pressione della gomma è troppo bassa si rischia di pizzicare);
siamo di nuovo sulla pista e proseguiamo in salita verso destra che ci porterà
dopo 6 km al rifugio di Monte Santa Maria. Il lato nord del vulcano proietta lo
sguardo verso la catena dei monti Peloritani separata dall’Etna dalla valle del
fiume Alcàntara. Proseguiamo ancora per qualche km fino a raggiungere piano dei
dammusi; le lave che un tempo hanno bruciato ettari di bosco, dovevano essere
molto fluide e poco gassose, segno tangibile di ciò sono le tipiche lave
cordate. La strada si biforca a destra per il rifugio di Timpa Rossa e a
sinistra, il lungo rettilineo dal manto color rosso, prosegue per la pista
altomontana. Ci concediamo una pausa per ricaricare d’energia i nostri muscoli,
abbiamo già percorso 30 km. Possiamo anche approfittare della vicinissima
Grotta dei Lamponi per sgranchire un pò le gambe e percorrere qualche metro
all’interno di un affascinante tunnel di lava, ciò che rimane di un antico
scorrimento lavico. Si riparte verso la casermetta Pitarrone che raggiungiamo
dopo 10 km, proseguiamo ancora per 3 km fino a raggiungere la strada Mareneve,
a destra abbiamo il rifugio gestito Brunek e di fronte la pensione Ragabo.
Svoltiamo a sinistra e percorriamo in asfalto circa 2.5 km in discesa fino ad
incontrare a destra lo sterrato in salita in zona Mandra del Re che dopo 3 km
ci porta ai piedi di monte Crisimo, superiamo la chiudenda e proseguiamo
dritto, superiamo l’omonimo rifugio in pietra lavica e dopo 800m svoltiamo a destra in direzione Serra Buffa 1246 m;
superiamo una sbarra di ferro probabilmente aperta e svoltiamo a sinistra in
ripida e adrenalinica discesa fino alla Ripa della Naca da dove parte un
ripidissimo pavé in pietra lavica lungo 2 km sempre in discesa alla fine del
quale proseguiamo sempre dritto evitando tutte le deviazioni a destra e
sinistra per 2 km. Qui a sinistra ancora uno straordinario basolato lavico di
600 m in discesa ci porta fino alla strada asfaltata. Svoltiamo a destra e
raggiungiamo Fornazzo dopo 750m. Proseguiamo per 30km giù verso Milo, Zafferana
e Viagrande percorrendo la bella strada del vino, e ancora giù fino a Catania,
città barocca in bianco e nero per la bicromia delle sue costruzioni. La pista
altomontana si sviluppa su una altezza media di 1600 m e può essere raggiunta
per mezzo di numerose strade dai paesi che costellano la pista: Adrano, Bronte,
Maletto, Randazzo, Linguaglossa. Ho scelto il giro più classico che è anche il
più lungo e duro ma ha il vantaggio di poter essere svolto senza l’ausilio di
un mezzo di trasporto personale ma utilizzando il servizio pubblico della FCE;
il bus ‘Etna’ che consente il trasporto della bici parte tutti i giorni alle
ore 08:00 dal terminal di fronte la stazione ferroviaria di Catania. L’unico
modo per ‘accorciare’ il giro evitando di pedalare a lungo su asfalto è quello
di utilizzare 2 o più auto: la prima verrà posteggiata a Zafferana Etnea, punto
di arrivo del giro; la seconda auto con a bordo bikers e relative bici verrà
condotta fino al punto di partenza del giro, presso il cancello della
forestale, percorrendo la strada sp92 in direzione Etna Sud per circa 30 minuti.
 Distanza: 80 km; Dislivello
totale: 1200; Durata: 6 ore; Difficoltà: difficile; Percorribilità: da aprile a
novembre

 
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