I M P E R F E T T O
Come mendicante con un suo stile,
Rovistante tra cumuli della stagione avversa,
Perdono ai cattivi odori;
Clemente alle disarmonie perdono disordini di cose,
La puntura molesta, il livido su la carne bianca;
Perdono il sorriso amaro, l’incompleta forma,
Le rughe dei canuti curvi;
Perdono l’anima lasciata sola,
Il riflesso abbagliante che maschera la vista,
L’indifferente scorrere dei volti;
Perdono l’assenza di un senso nell’ordine o disordine di eventi,
O l’inappropiato senso di taluni;
Perdono chi s’appropria del tuo tempo, i mediocri intenti,
Perdono il tempo morto senza eroi;
Perdono il carico silenzio,
A chi non ebbe coraggio, a chi ne ha avuto troppo da perire;
Perdono la tua sfida, con cui entrata mi sei in vita,
Come una spada, come una ferita;
E il mio nemico astratto, che troppo a lungo ha sonnecchiato;
Perdono il sonno che ruba vita,
L’arido spettro, che meramente mi lusinga;
Perdono l’insofferente veglia protesa a inafferrabile chimera;
Perdono la tua grazia, che sfolgora in cortili,
Invade il mio vagare assorto, assorda ... l’inesorabile declino;
Perdono a questa mano nuda e sola,
Che stringe l’eco che la coscienza ignora,
Che stringe il filo da due occhi a un cuore,
Stringe la spina, che pur fa sangue,
Ma .. non duole.
Inviato da: fluoritedifuoco
il 20/02/2006 alle 22:46
Inviato da: gattonanera
il 20/02/2006 alle 07:44