Twitt e dintorni

Avevo diciotto anni, i miei lavoravano in città mi trovavo al mare dai nonni. Una sera, rincasando da una uscita con gli amici, mi accostò un’auto. Camminavo sul marciapiede, era buio e non c’era nessuno, mi presero in due, mi trascinarono a forza sbattendomi nell’auto e tappandomi la bocca. Li dentro c’erano altri tre ragazzi, ridevano, imprecavano, urlavano come dei forsennati, sicuramente drogati e ubriachi.  Mi portarono in una spiaggia isolata e deserta, mi sbatterono sulla sabbia come fossi un fagotto. Terrorizzata dalla paura e dal dolore, non riuscivo a parlare e tanto meno ad urlare. Calci, schiaffi e pugni.

Sentivo le loro grida, cattivi, invasati, violenti, un incubo. L’unica cosa che riuscivo a pensare era questa frase: Laura e’ solo un film, adesso finisce e te ne torni a casa. Continuarono a picchiarmi per rendermi inoffensiva. Mi raggomitolai tutta su me stessa in segno di difesa e protezione, stringevo con tutta la forza di cui disponevo e questa cosa li mandava in bestia, non riuscirono a spogliarmi. Poi ad un tratto, stanca e dolorante, mollai la presa, mi tolsero i jeans e mi strapparono maglietta e mutandine.

Mi sentii nuda, un verme, una sensazione di freddo glaciale, tanto, tanto freddo. Capii che di lì a poco mi avrebbero violentato. Continuarono a picchiarmi, pugni sul viso, calci dappertutto finchè non svenni.  Il resto me lo riferirono. Arrivò gente, furono costretti a fuggire. Mi raccolsero da terra, pronto soccorso. Riportai fratture dapperutto, viso gonfio e tumefatto, occhi chiusi per i pugni ricevuti, ecchimosi sul corpo e arti spezzati. Guarii dopo centottanta giorni, ancora un anno e ripresi a parlare. Deambulavo e parlavo come una bimba di 3 anni. Ci vollero molti anni di fisioterapia e anni di psicoterapia per tornare "normale?".

Una Laura ...

maupenadimorte.