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Post n°5 pubblicato il 21 Febbraio 2011 da mauroamici_1970
La dipendenza affettiva A Francesco Angeli perché possa tornare ad amare Amor c’ha nullo amato amar perdona Dante Alighieri La dipendenza affettiva è come una carta moschicida appiccicata dentro il nostro cuore, oscura ogni libertà e crea solo feroci attaccamenti emotivi e psicologici. Se si entra nel merito è un meccanismo perverso (non esistono solo perversioni sessuali, ma anche psicologiche ed emotive) creato dalla Paura che da vita a bisogni distorti quali ad esempio:
La dipendenza affettiva non è amore ma, appunto, paura e genera “torbidi” sentimenti quali, ad esempio, il senso di colpa, la voglia di vendetta, la rabbia, l’odio, il rammarico, il rancore, la possessività, il rifiuto, il senso di inferiorità, la gelosia. I dipendenti affettivi hanno, appunto bisogno dell’amore per compensare un loro “vuoto” infantile. Il meccanismo assurdo (perversione) risiede nel fatto che i dipendenti affettivi negano sé stessi per dedicarsi completamente al proprio partner, perché, nella loro ottica, bisognoso di aiuto (il dipendente affettivo rispecchia fedelmente quello che io definisco scherzosamente “crocerossino”). Sta tutto qui il meccanismo perverso: una proiezione inconscia sul partner e, allo stesso tempo, una compensazione di un proprio vuoto interiore. Il problema risiede nel fatto che il dipendente affettivo non ha consapevolezza del suo schema e continua a replicare “amori” impossibili e bellicosi all’infinito. La negazione di sé, il rifiuto, il dolore delle difficoltà (tutte ebbrezze del crocerossino) vengono innaffiate, giorno per giorno, e più viene data acqua e più diventano sempre più irrisolvibili. La nota psichiatra Marta Selvini Palazzoli afferma che il nodo cruciale della dipendenza affettiva risiede nell 'Hybris , ossia nella “ingiustificata, assurda, sconsiderata presunzione di farcela”. Il pensare prima che riusciremo a farci amare da chi non ha “occhi” per noi, o il pensare prima che possiamo pretendere di farci amare, come noi vogliamo. Il risultato della dipendenza affettiva è una guerra con sé stessi e con il partner perché più si chiede amore, più si otterrà l’esatto contrario, in definitiva il crocerossino è un ambivalente (un tipo di psicosi). Cerco di rendere chiaro il concetto appena espresso: provate a pensare ad un elastico che tiriamo e molliamo con le nostre mani. Quando lo tiriamo stiamo comunicando: “non posso stare con tè perché ho troppo dolore dentro quando mi umili, mi ferisci, mi maltratti”, invece quando lo molliamo stiamo comunicando: “non posso stare senza di tè perché ho paura di restare solo, ho paura di perderti definitivamente”. Il dipendente affettivo fa continuamente questo gioco con le proprie mani, tira e rilascia, tira e rilascia, ma, alla fine, l’elastico, inevitabilmente si romperà . Le caratteristiche della dipendenza sono:
Ritornando al concetto iniziale di bisogno, posso affermare che il dipendente affettivo non è un innamorato ma, semplicemente, un pauroso che cerca, con tutte le sue subdole armi, di nascondere prima a sé stesso e, poi, all’altro la propria fragilità interiore. La Paura genera sempre sentimenti e bisogni torbidi, mentre la Gioia fa spuntare il sole durante una giornata uggiosa e tetra. Per quel poco che io so l’amore vero è condivisione, gioia, fiducia, sesso libero da pregiudizi e nevrosi (“spaccature” tra istinto e mente dovute a preconcetti), donare senza aspettarsi di ricevere, sintonia, fusione di energie, empatia, libertà. Mauro Amici
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