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Post n°193 pubblicato il 27 Luglio 2014 da fico_vintage

Era stata battezzata il 2 settembre 2005 in una giornata di sole con il nome Concordia.Nei Cantieri di Sestri Ponente. Dove altre Navi Leggendarie erano state costruite e varate.

Non è tornato il Rex, affondato dalla Raf a Capodistria nel ’44 e smantellato sul posto anni dopo. Non è tornato l’Andrea Doria, che riposa sul fianco di dritta 75 metri sotto il punto dell’Atlantico dove l’aveva speronato il rompighiaccio Stockholm nel ’56: volevano recuperarlo, scoprirono che i subacquei l’avevano depredato. Non è tornata la Michelangelo, che poteva superare i 30 nodi e sfidava la morte nell’Atlantico in tempesta: venduta allo scià di Persia nel ’76, fu saccheggiata dagli iraniani e poi demolita sulla spiaggia di Karachi, in Pakistan, nel ’91. Non è tornata la Raffaello, la gemella affondata dai missili iracheni nell’82 dopo un’agonia oltraggiosa fra i topi e gli scarafaggi di Bushehr, in Iran. Le navi naufragate, anche le più belle, non muoiono a casa.

Altri gioielli della Costa hanno finito i loro giorni alla Spezia, dove qualche dubbio cimelio circola ancora fra i collezionisti di reperti navali. Ma la demolizione non è più da anni affare per ricchi:meglio lasciarsi divorare a poco a poco dai miserabili di Alang, i ragazzini-termite che hanno polverizzato la leggendaria Eugenio Costa, nata a Monfalcone, Genovese d’adozione e morta in India dopo un ultimo lungo viaggio nel 2005.

Le barche si perdono a terra, scrive Arturo Perez-Reverte in un libro di storie di mare. Ed è vero anche per la Concordia, che navigava felice fra Civitavecchia e Savona nella notte del 13 gennaio 2012, prima che un comandante in vena di bravate la mandasse su uno scoglio segnalato perfino nei manuali dei marinai della domenica. Ma a terra il relitto ha conosciuto una seconda vita, che in trenta mesi ha riscattato l’onore perduto di un Paese intero, ha elaborato il lutto per i morti e ha fabbricato il mito di un’impresa finora mai tentata: rimettere a galla un gigante e farlo navigare. Possibile? Le navi naufragate non tornano a casa.

Nella realtà i cassoni metallici per disincagliare e trasportare i relitti furono già usati alla Spezia dai cantieri Oto Muggiano nel ’46, quando Achille Lauro, ’O Comandante, decise di recuperare la sua Ravello semiaffondata dai tedeschi a ridosso della diga. I due tronconi dello scafo vennero riuniti in bacino e la nave riprese il mare per il Sudamerica al comando del lericino Tommaso Righetti. Miracoli ingiustamente dimenticati, ma la Ravello stazzava otto o nove volte meno della Concordia, che con 114mila tonnellate di stazza lorda resta la più grande passeggeri mai naufragata nella storia e dunque la più grande nave recuperata, sia pure per andare a farsi demolire. E le navi naufragate, anche le più grandi, di solito non tornano a casa.

Genova porto di mare è un luogo di leggende e la leggenda più cupa e più strana è quella della Mary Celeste, il brigantino carico di alcol industriale che salpò da Staten Island, New York, nel 1872, per far vela sulla Lanterna. La trovarono fra il Portogallo e le Azzorre con la prua verso Gibilterra, le vele ancora spiegate, il carico intatto tranne nove barili vuoti e una scialuppa mancante. A bordo non c’era nessuno. Una nave fantasma. Trainata a Gibilterra, arrivò a Genova con il suo enigma mai risolto. La Concordia non è una nave fantasma, anche se naviga senza motori e senza timoni, con la plancia deserta e sventrata: ci sono 14 imbarcazioni che la scortano, il suo viaggio è in diretta online. Ma resterà nei racconti di mare come l’unica nave naufragata tornata a Casa.
(Fonte IlSecoloXIX) 

 
 
 
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