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Corno Grande

Post n°103 pubblicato il 27 Marzo 2009 da Penne1
 

Un cielo limpido, di un azzurro così pulito capita raramente, l’umidità estiva spazzata via dal fresco maestrale. Alle 10 di domenica mattina ci troviamo all’incrocio vicino a Fonte Vetica, sul Gran Sasso d’Abruzzo. Ce la siamo presa comoda, del resto Emilio ha chiuso il ristorante alle 2 e anche noialtri abbiamo tirato un pò tardi, ma non tardissimo, per via della movida estiva pescarese.

 

Cartina alla mano gli altri stanno decidendo sul da farsi: Monte Camicia, Prena o andiamo oltre? Un pò in disparte, nel frattempo, mi godo l’aria fresca e pulita, il panorama, il sole e l’idea che al ritorno ci saremmo fermati lì di nuovo per ben altri scopi.

 

Si riparte, siamo nella piana di Campo Imperatore, teatro di imprese durante il giri d’Italia, nonchè set di film (Così è la vita con Aldo, Giovanni e Giacomo) e di pubblicità (quella di Muccino sul camioncino). L’erba corta con riflessi gialli, le mucche e le pecore al pascolo, ci sono anche cavalli e caprette e gli immancabili cani pastori abruzzesi con qualche amico meticcio.

 

Ecco l’albergo di Campo Imperatore, dove fu tenuto prigioniero Mussolini prima che fosse liberato dai parà tedeschi.

 

Zaini in spalla, si parte, chiacchieriamo, ci sfottiamo, ridiamo. Non ci sono alberi, il sentiero taglia una parete e sale senza particolari strappi. Un’ora dopo siamo sulla destra del Rifugio Duca degli Abruzzi, c’è un crocevia, vediamo prati verdi, rapaci in volo e diversi sentieri diretti verso le cime o verso la conca che porta al versante teramano. Ci sono dei ragazzi attrezzati per arrampicare, anche due ragazze con loro.

 

Andiamo a destra per un sentiero che taglia il versante sinistro del massiccio. Attraversiamo una pietraia e affrontiamo un impegnativo strappo. Un altro crocevia, stavolta siamo più in alto, si scoprono altre fette di paesaggio, il pizzo Intermesoli sulla sinistra, riprendiamo fiato e ci inerpichiamo per una ripida via che mette a dura prova resistenza e fiato, ma alla fine siamo alla base del “vallone degli invalidi”.

 

Qui però ci prendiamo una bella pausa, beviamo, foto con sullo sfondo il Corno Piccolo, sulla parete si intuiscono due arrampicatori in cordata.

 

La cima si vede, il vallone degli invalidi è una specie di cucchiaio, ci attende una bella tirata tutta in salita, la scelta è fra il percorrere la cresta sulla sinistra in costante salita o il centro del vallone con una salita in crescendo con impennata finale.

 

Proviamo la cresta, dopo mezzora, la salita diviene impegnativa, si procede come gechi, mani e piedi ben saldi sulle rocce, un passo falso ed è il volo finale, a destra, dietro ed a sinistra strapiombi di cui non si vede il fondo.

 

Non me la sento, il rischio non è accettabile, torno indietro al bivio, mentre gli altri proseguono.

 

Non sono soddisfatto e inizio una ascesa solitaria dalla parte del vallone degli invalidi, sento il mio respiro, il cuore che pompa ed i muscoli delle gambe sotto sforzo durante la salita che si fa sempre più irta e sconnessa con gradini anche di un metro. Il mio incedere è costante.

 

Ad un certo punto si scopre il versante teramano, Prati di Tivo ed il Corno Piccolo. Riparto, lo strappo è impegnativo, tiro fino a che il sentiero torna per qualche metro in piano. Devo passare dietro una roccia.

 

Dietro di essa lo spettacolo: un ampio anfiteatro con ripide guglie. Al centro, in basso, il ghiacciaio del Calderone (il più meridionale d’Europa). Il bivacco Bafile sembra un nido d’aquila.

 

Riprendo il cammino, la cima è vicina, un ultimo pezzo con un’esposizione da brividi e sono dietro alla croce.

 

“E’ qui la festa?” domando a tre tizi seduti a bivaccare ... e via alle risate, agli sfottò, alle pacche sulla schiena, “lo sapevamo, lo sapevamo che saresti arrivato, che non ci avresti deluso” esclamano.

 

Eh sì, sono sulla cima del Corno Grande (2912 slm), la più alta degli appennini, a godermi insieme ad altri un panorama mozzafiato in una giornata di limpido sole di un 2 settembre.

 

Sebbene abbiano percorso la via più breve ed io abbia allungato il cammino, loro sono arrivati solo da una manciata di minuti. Mi raccontano di esser rimasti intimoriti (per usare un eufemismo) dalla via che hanno percorso e che non l’avrebbero usata per scendere. Infatti passiamo per la via normale fatta da me in salita.

 

Scendiamo soddisfatti, qualche pausa per le foto. Ci sdraiamo su un verde praticello a goderci un pò il sole e ad ammirare la montagna dal basso, a meravigliarci del ciò che avevamo appena fatto.

 

Alle cinque siamo in macchina e dopo un pò al bivio di Fonte Vetica. Ci fermiamo, acquisto due cosciotti d’agnello da fare alla brace per cena per terminare degnamente la giornata.

 

Indimenticabile è la definizione di questo giorno in cui un’escursione nata quasi per caso ci ha fatto ammirare panorami bellissimi a 360 gradi: il lago di Campotosto, il mare, la piana di Campo Imperatore, il Prena ed in lontananza la montagna madre, la Majella, con i suoi dolci declivi e la sua vegetazione. Una escursione che ha messo alla prova il fisico e la mente con cinque ore di cammino su sentieri impervi con un dislivello di 900 metri. La fatica, l’emozione, il timore, il coraggio, la prudenza, lo spirito di squadra, la determinazione, la tranquillità, l’amicizia sono stati gli ingredienti di questa che per noi è stata un’impresa.

 

Una gioia condivisa con gli amici ... non è poco.

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