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Messaggi di Marzo 2022

Maledette primavere.

Post n°2013 pubblicato il 23 Marzo 2022 da fedechiara
 

Maledette primavere.
E, mentre la primavera si afferma, pur se asciutta e siccitosa, e lancia le sue commoventi nuvole rosa e bianche verso il cielo, io, solo e pensoso per i diserti calli, sto cercando di rintracciare nel mio passato, il passato mio e del paese in cui ho abitato per oltre settant'anni, una uguale condizione di isolamento e di rifiuto dell'esistente e di posizioni politiche aspramente inconciliabili, ma non trovo l'eguale.
Negli anni del terrorismo brigatista, forse. Con quei giovani disperati, le brigate rosse e i dintorni dei gruppi segretamente simpatetici, che si erano arroccati nella loro prigione mentale e nutrivano i loro pensieri estremi con gli sfilacci di un marxismo immaginario - e si ergevano a giudici crudeli e boia dei condannati dal tribunale del popolo.
Ma i loro crimini osceni li consumarono e ne condannarono il verbo obsoleto – e il cordone sanitario che si strinse intorno a loro li disse eremiti urbani di una predicazione violenta inascoltata e reietta.
E oggi mi guardo intorno e mi chiedo come si è arrivati a tanto, al muro contro muro tra popolo, una parte assai consistente di popolo, e una classe politica di 'incollati alle cadreghe' che dell'infamia della pura sopravvivenza e 'tirare a campare' ha fatto la sua bandiera e stolida egida – e l'opposizione parlamentare dei partiti che dovrebbero darci rappresentanza si è sciolta nell'acido degli eventi maledetti della pandemia biennale e, oggi, della militanza acritica a fianco di una democrazia nazionalistica nata dalle violente convulsioni post Maidan, e il cui esercito è stato addestrato dagli istruttori americani giusto a ridosso di un confine storicamente pericolosissimo.
'Coniglietti suicidi' è il libro che meglio li sintetizza.
Il ritorno dei confini, dunque, dei maledetti confini della prima e della seconda guerra mondiale che credevamo di aver sepolto sotto le macerie del muro di Berlino. Ma avevamo trascurato il filo rosso della Storia, la cui digestione e metabolizzazione è lenta, lentissima – un filo rosso non visto sotto la polvere delle effimere reggenze di Gorbaciov e di Eltsin: il ritorno del nazionalismo grande russo.
Una democrazia, quella ucraina, creata sull'onda, ormai corta e con pochi spruzzi in battigia, dell'esportazione delle 'democrazie arabe': un mito di violenze, e i clamori mal sedati di piazza Tahrir, del quale ben poco resta in cronaca e si è imbevuta del sangue della finale tragedia siriana. Una democrazia ucraina cresciuta in feroce autostima nazionalistica con la terribile guerra del Donbass - e le migliaia di quei morti, inclusi i civili che tanto clamore hanno oggi in cronaca, non curati dall'Europa e dalla sua inesistente diplomazia. E Nemesi, la severa divinità, ci ammonisce che ogni colpa ha il suo fio e si paga a piè di lista, a volte con clamore di nuove guerre e dei morti, feriti e dispersi che ne conseguono.
Ma di tutto ciò, e di trattative auspicate e indotto Zelensky, il trageda osannato, a trattare e ridotto a più miti consigli - e di una offerta Nato di stabilire una cintura di stati neutrali sul confine russo della ex Urss - nulla si rintraccia nell'etere dell'audio pubblico, bensì un incessante, insensato osanna alla luminosa democrazia filo Nato quale si ascolta nei tiggi unificati e nelle dichiarazioni dei politici, dei giornalisti di grido e dei professori emeriti, invitati negli asfittici 'talk show' in sostituzione dei tele virologi rancorosi per la loro obsolescenza televisiva.
Per tutto ciò sopra esposto mi sono chiuso in silenzioso raccoglimento e personali, tristissime riflessioni sulla vanità del mondo e su il suo avviarsi verso l'olocausto atomico finale - e osservo con disincanto la navigazione della nave dei folli italica ed europea verso l'isola vulcanica mediterranea dove ha preso dimora il dottor Stranamore – che ridacchia da par suo nelle sue passeggiate sotto al vulcano, e, a casa, guarda e riguarda le scene su il dvd del suo film restaurato dei mitici Cinquanta e lo confronta con il presente sequel in tivù della bomba in prossima caduta libera che aveva imparato ad amare e i cui effetti esplosivi avevamo esorcizzato per oltre sessant'anni.
Potrebbe essere un'immagine stile anime
La chiave di volta della guerra in Ucraina. I coniglietti suicidi della Nato alla prima (e ultima) crociata.
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Delle sensate chiose.

Post n°2012 pubblicato il 22 Marzo 2022 da fedechiara
 

Delle sensate chiose.
(...) Come se non ci fosse chi ci ha pensato per tempo alle armi, e ancora ci pensa. Il buon senso e non l’ideologia direbbe che l’Italia può risparmiare le sue cerbottane. Non aggiungono un benamato all’efficacia della resistenza ucraina e spostano un pezzo del Pil terremotato dalla pandemia a favore di quelle fabbriche della morte che, si ripete ogni tanto, dovremmo svuotare per riempire i granai. (...)
il nostro contributo è irrilevante sotto il profilo militare e ha, tuttavia, il rilevantissimo effetto di schiacciare italiani e europei sulle posizioni di chi lo scontro lo prevedeva e, a pensar male, lo cercava. (l'America n.d.r.) Diveniamo cobelligeranti, sia pure di seconda fila, e rinunciamo all’autorevolezza e alla credibilità di un ruolo di mediazione che la situazione richiederebbe e che risponderebbe ai nostri veri interessi. (...) - Estrapolazione dall'articolo citato
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BASTA ARMI
di Michele Santoro
Dopo aver letto i giornali stamane mi sono chiesto dove sia finita l’opinione pubblica del mio Paese, considerato una volta in occidente l’avamposto del pacifismo. Il panorama delle notizie e dei commenti è uniforme in maniera impressionante. In nessuna altra guerra si era manifestato un accordo tra le forze politiche del cento per cento; e in nessuna altra guerra l’informazione si era proposta senza punti interrogativi.
L’orrore, il sangue, il dolore provocati da Putin non possono giustificare la sua associazione a Hitler, né possono portare a considerare l’autocrate russo una replica del “grande dittatore”. Pensare che come il Fuhrer coltivi il disegno di invadere la Polonia e sottomettere l’Europa e il mondo intero, proponendosi come l’architetto di un nuovo ordine internazionale, è un oltraggio ai fatti e ai rapporti di forza, non solo alla storia. Il massacro degli ucraini è inaccettabile ma non è un genocidio intenzionale paragonabile a quello degli ebrei; e chi riduce l’Olocausto a una pagina di guerra sanguinosa e basta si comporta come gli storici revisionisti nazisti.
Il parallelismo si copre di ridicolo quando gli acuti commentatori convergono nel ritenere che, diversamente da Hitler, la guerra Putin l’avrebbe ormai quasi persa in meno di un mese. Secondo loro basterà aspettare le decine di migliaia di morti necessari per un lieto fine.
In questa narrazione hollywoodiana, che vede l’intera umanità impegnata contro una belva mostruosa, emerge nascosta tra le righe una banale verità: non la Nato, non l’Europa, non gli ex militanti ancora combattenti di Lotta Continua, ma gli USA da sette anni, ovvero dal 2015, hanno inviato armi per due miliardi di dollari e hanno istruito l’esercito di un paese lontano dai loro confini a combattere. Già sapevano che la Russia si preparava a realizzare un piano di aggressione? La questione umanitaria, che oggi viene sbandierata, era dunque preventiva e poggiava sulla canna del fucile e sui missili? Che Putin potesse ritenerla una minaccia non conta, visto che è uguale a Hitler e Hitler si sa cosa ha fatto.
I pacifisti disarmati credono nella strada diplomatica e nell’immediato cessate il fuoco ma subiscono l’assalto di critici feroci che, in nome del dovere morale di fermare Hitler, chiedono spasmodicamente di inviare le armi al popolo resistente. Come se non ci fosse chi ci ha pensato per tempo alle armi, e ancora ci pensa. Il buon senso e non l’ideologia direbbe che l’Italia può risparmiare le sue cerbottane. Non aggiungono un benamato all’efficacia della resistenza ucraina e spostano un pezzo del Pil terremotato dalla pandemia a favore di quelle fabbriche della morte che, si ripete ogni tanto, dovremmo svuotare per riempire i granai.
È contro il buonsenso che torna utile il paragone di Putin con Hitler, serve a cancellare ogni riserva a entrare in un conflitto che non rappresenta per noi una minaccia diretta. La Costituzione italiana non verrebbe ancora una volta violentata ma rispettata se ci stessimo veramente difendendo dalla minaccia di una aggressione all’Europa.
Infatti il nostro contributo è irrilevante sotto il profilo militare e ha, tuttavia, il rilevantissimo effetto di schiacciare italiani e europei sulle posizioni di chi lo scontro lo prevedeva e, a pensar male, lo cercava. Diveniamo cobelligeranti, sia pure di seconda fila, e rinunciamo all’autorevolezza e alla credibilità di un ruolo di mediazione che la situazione richiederebbe e che risponderebbe ai nostri veri interessi.
Non sono contro l’uso delle armi in qualsiasi circostanza, lo sono in questa, con la stessa sicurezza che uno più uno fa due. Ma per la stragrande maggioranza dei politici e dei giornalisti italiani, stretti nuovamente in un unico pensiero, uno più uno fa Terzo Reich.

 
 
 

Come eravamo. Ubi maior minor cessat.

Post n°2011 pubblicato il 22 Marzo 2022 da fedechiara
 


Imperativi categorici e nostalgie del ritorno. 22 marzo 2020
'Restate a casa' è l'imperativo categorico di questo scorcio di millennio infame che ci ospita – un tempo di catastrofi inimmaginabili, di medioevi redivivi con califfati e califfi rispolverati in Medio Oriente e ospedali-lazzaretti e le quarantene qui da noi, nell'Occidente delle pandemie trionfanti e assassine.
E lo capiamo un po' tutti il senso e la necessità di restare a casa e interrompere così la maledetta catena dei contagi (salvo chi è nato mona, che, ahinoi, resta mona) e impedire al virus maledetto di replicarsi corpo su corpo.
Ma c'è anche un altro imperativo che ci ha allibito - con i treni notturni presi d'assalto e Higuain che è salito quatto quatto su un aereo privato che lo riportava in Argentina, ed è quello di 'tornare a casa'.
Che, in tempi di globalizzazione imperante, ci sembrava obsoleto e il detto 'casa dolce casa' ridotto ormai a noioso slogan pubblicitario di 'poltrone e sofà' perché è(ra) il mondo la nostra casa globale e dove si trova lavoro e 'si mette su casa', ma, al tempo dei flagelli, ecco chiudersi i confini di ogni stato (perfino i 'barconi' e i gommoni restano fermi nei porti e le o.n.g. taxi del mare disoccupate) e nel cuore degli individui rinasce, miracolo! quel sentimento nostalgico dei 'sapori di casa', con la mamma (la mamma!) e la nonna e gli zii che ci aspettano e che andiamo a contagiare, e la promessa dei loro piatti regionali mai dimenticati, le finestre aperte sul mare e la 'heimat', la patria fino a ieri denegata, insieme ai 'nazionalismi', che torna nei pensieri di tutti prepotente e diventa, infine, canto fiero sui balconi dei reclusi ai domiciliari: l'Italia s'è desta, stringiamoci a coorte, siam pronti alla morte'.
Che, di fronte alle notizie che ci vengono dagli ospedali e ci deprimono, ci appare inno un filo iettatorio e menagramo e gli preferiamo il cielo azzurro di 'Azzurro' perché la primavera è esplosa e i suoi fiori e colori ci dicono ostinati 'ce la potete fare' - speriamo, accendiamo le candeline virtuali, leviamo al cielo le preghiere dai balconi perché ci hanno chiuso anche le chiese e i templi costruiti alla bisogna al tempo delle pestilenze.
E non sappiamo se questo 'ritorno alle origini' e 'nostos algo', la nostalgia del ritorno, una volta finita la presente pestilenza e ripartite a razzo le economie di ogni paese saranno cancellati dall'onda di risacca della globalizzazione - che tornerà a occupare le prime pagine dei giornali, insieme ai profughi sui barconi, e presto ci dimenticheremo il contagio (noi scampati ai cimiteri) e resteranno solo gli sfilacci degli incubi notturni a dircelo realmente accaduto e parte incredibile delle nostre vite che vogliamo dimenticare.
E tornerà la libertà di muoversi e il libero afflusso delle persone nelle strade e nei supermercati e Venezia sarà nuovamente stipata di turisti (aiuto!) per la gioia di osti e gondolieri e proprietari di case da affittare, ma un lampo di incertezza e malcelata tristezza coglieremo negli sguardi degli amici ritrovati e gli abbracci saranno più cauti (per il tango si vedrà) e l'età dei flagelli avrà nuovamente lasciato il suo segno indelebile negli annali degli uomini - che si credevano invincibili con i loro ospedali super attrezzati e i laboratori di ricerca capaci di scovare anche il più piccolo dei virus e di sterminarli e, invece, è, oggi, il tempo delle Caporetto sanitarie e la vittoria sul Piave non è certa, non ancora; esprimiamo gli auguri, telefoniamo agli amici e a chi amiamo e diciamo loro, accorati, le parole che non si dicono tutti i giorni ma solo quando incombe l'ombra della Contadina che 'pareggia tutte l'erbe del prato'. Amen e così sia.
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Un i-pad di consolazione e un diverso finale.

Post n°2010 pubblicato il 21 Marzo 2022 da fedechiara
 

Dove eravamo rimasti? Ah, si. Che eravamo, chi più chi meno, tutti malati e affetti da 'corona virus', pur se vaccinati a terza dose. E, ogni giorno ha la sua pena, i tiggi ci davano puntiglioso conto, ad ogni apertura di telegiornali, dei contagiati, ricoverati e i terapizzati intensivamente più di là che di qua, ma con situazione in miglioramento - e i famosissimi tele virologi finalmente trascurati dai tele giornalisti con loro sommo disappunto e segreto scontento.
Ma, miracolo degli umani eventi, eccoti un tipo tranquillo e posato (di cui, comunque, si diceva un gran male) che ti amministra un paese di una decina di fusi orari, che sbarella di brutto nell'anno di dis-grazia 2022 e dichiara guerra al paese confinante per regolare una questione annosa di genti russofone perseguitate ingiustamente e le altre umane efferatezze di battaglioni nazisti ucraini - peraltro poco note e non curate nel nostro opulento emisfero occidentale.
La favola bella che ieri ci illuse e oggi ci illude (oh Ermione) di poter tornare a vivere con relativa serenità e qualche spruzzo di gioia qua e là lascia il posto ad un finale di favola tremendissimo e, forse, fatale: di opzioni nucleari sul tavolo, di cinture d'assedio Nato allo storico nemico russo e tutto il corollario di ogni guerra che si rispetti: di tranelli e complotti e sicari in seno al Cremlino e il despota e/o tiranno crudelissimo, fate voi, che deve cambiare letto ogni notte e pure gli assaggiatori del cibo, supposto venefico, ogni giorno che Dio manda in Terra per scampare ai super prezzolati della c.i.a. (e chi altri sennò?).
Giratelo e voltatelo come meglio vi pare, ma quest'arrosto indigesto che ci cucinano nelle fiabesche cucine avrebbe bisogno di un diverso finale, chessò (neologismo fedechiariano): la Nato entra di prepotenza nella questione Ucraina e zittisce il querulo comico che si dice presidente legittimo e che quotidianamente minaccia sfracelli agli spaventati paesi europei se non lo farciscono di armamenti sofisticatissimi e gli intima di ingoiare il rospo della perdita dei due stati al confine russo+ Mariupol e, forse, Odessa (e addio accesso al mar d'Azov) – e offre all'orso russo un arretramento delle basi Nato e una sostanziale neutralità dei paesi della ex cintura Urss e una vigorosa ripresa dei commerci e l'annullamento delle sanzioni.
Troppo crudo e inverosimile? Avete in saccoccia un diverso finale? Affrettatevi a scriverlo su carta, magari su un tovagliolo di bar o ristorante e fatelo pervenire a chi di dovere.
'Presto, un diverso finale è possibile e urgente.', scriveva B. Brecht (quello della nota poesia 'A coloro che verranno') in tempi di seconda guerra mondiale e di male assoluto che sembrava prendere il sopravvento in Europa.
Potreste essere premiati, in caso di accoglimento delle vostre argute e fantasiose proposte, con un prolungamento (relativo) della vita sul pianeta Terra o con un i-pad di consolazione.
A coloro che verranno – Bertolt Brecht
POESIAINRETE.COM
A coloro che verranno – Bertolt Brecht
I. Davvero, vivo in tempi bui! La parola innocente è stolta. Una fronte distesa vuol dire insensibilità. Chi ride, la notizia atroce non l’ha ancora ricevuta. Quali tempi sono questi, quando discor…

 
 
 

Figli delle stelle.

Post n°2009 pubblicato il 21 Marzo 2022 da fedechiara
 

Siamo ' i figli delle stelle'. 21 marzo 2021
Io sono tra i 'morituri', per età anagrafica, ma più per quella particolare disposizione di una mente che molto ha veduto del vivere nostro ed ha attraversato il tempo e i luoghi del tempo – tenendosi alla larga dai molti buchi neri' della Storia - e ne ha derivato la biblica stanchezza del paradiso perduto.
E, se Houston mi trasmettesse i dati per un nuovo viaggio e mi lasciasse scegliere tra una destinazione nel passato e una nel futuro, io sceglierei la prima.
Perché la mia mente ha rodato tutti i meccanismi di padronanza di situazioni conosciute e sarei un 'superuomo' nel contesto del passato, detentore di conoscenze che lèvati! (la relatività generale e i paradossi del fisica quantistica e una visitina a Galileo me la farei volentieri) e che mi metterebbero al riparo da situazioni di rischio eccessivo – vedetevi il bel film 'Ritorno al futuro (uno)' in proposito.
E, nel futuro, invece, sarei un brontosauro (un po' già lo sono) soggetto alle curiosità da visita allo zoo di gente munita di 'intelligenza artificiale (A.I.)' pur se tendenzialmente cretini (i bisnipoti dei 'cretini di talento' di G.Bocca) e capaci di teletrasporto e di 'relazioni pericolose' che prescindono dai corpi carnali (vedetevi 'Lei', film molto suggestivo in proposito, di cui vi ho già parlato).
Il fatto è che la mente nostra, usata molto poco, è ben vero, si adagia sul mondo conosciuto come la rugiada sulle erbe dei prati estivi e tende a impregnarsene e a non discostarsi troppo dagli eventi che le hanno suscitato le emozioni (analogiche) della sua infanzia e prima giovinezza – vedi il sempiterno successo dei 'romanzi di formazione'. E, se non ci sono state guerre, le guerre dei nonni e dei padri, e se non hai sofferto la fame e ti è capitato in sorte di vivere l'amore nelle sue diverse versioni (tutte analogiche) e hai pure messo al mondo dei figli, che altro cercare di diverso e migliore e ulteriore?
E quando, poi, vedi morire i nonni e i padri e i tuoi pari età a ciuffi – e coloro che hanno scritto e cantato le canzoni che ci son piaciute e scritto i romanzi che ci hanno incantato – in qualche modo la mente prende atto che siamo figli del tempo che abbiamo vissuto e 'più non dimandare', dice il Poeta.
E nel futuro, specie in quello prossimo degli imbecilli della jiahd e dei conflitti sanguinosi che scaturiranno dalle enclaves islamiche in Europa fuori controllo, davvero non ci riconosciamo e lo aborriamo e preferiamo tornare ad essere i promettenti 'figli delle stelle' delle ingenue canzoni della nostra giovinezza.
Amen e così sia.
Potrebbe essere un cartone raffigurante il seguente testo "RITORNO AL FUTURD PARTE II PARTE"

 
 
 
 
 

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