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Messaggi del 26/10/2020

Dopo di noi il diluvio?

Post n°1396 pubblicato il 26 Ottobre 2020 da fedechiara
 

Fonderanno un partito. 'Siamoquellidelcovid.' Con un simbolo sapientemente coronato, ca va sans dire.
Ne sarà segretario il Conte-nazionale che farà dei suoi mitici d.p.c.m. uno strumento chirurgico per tacitare ogni avversario politico che, incauto, si provi a sbarrargli il passo.
E nei dibattiti televisivi i suoi accoliti di partito, su suo preciso ordine, dovranno rintuzzare gli avversari con la frase-chiave, iterata nei video compiacenti come il 'capra!' sgarbiano, a sbarramento e diga di ogni sensata obiezione: 'E le terapie intensive allora?'
Già, le terapie intensive come un viaggio al termine della notte, una sineddoche permanente: la parte per il tutto. E il tutto è il paese intero consegnato ai domiciliari per non intasare le terapie intensive e far saltare un sistema sanitario già in trincea permanente di suo – dal tempo dei tagli degli ospedali periferici di Renzi e di Zingaretti-governatore del Lazio che ce li spacciavano come sagge 'rimodulazioni' a fronte di una spesa sanitaria in salita.
Spesa sanitaria che, oggi o domani (domani chissà), ce la finanzierà l'Europa con i mitici 209 miliardi promessi a tassi quasi zero del 'recovery fund'. Campa cavallo.
E le due polarità a confronto - le terapie intensive come sineddoche nazionale, (da citarsi con ira malcelata contro i maledetti 'negazionisti' in ogni sfogo su internet e sui social) e, di contro, le manifestazioni rabbiose della gente che più non lavora in un paese-prigione chiuso da notte – non trovano più un verbo comune, una parola di mediazione.
La maledizione sempiterna di Babele e della sua torre.
E nelle camere dell'eco dei social è tutto un darsi addosso, un gridare all'untore se fai tanto di abbassare la mascherina per fumarti una sigaretta o per soffiarti il naso e chi si schiera con i manifestanti è svillaneggiato da chi gli augura l'intubazione, distesi nei lettini della sineddoche nazionale che è la notte della ragione e una intollerabile 'reductio ad unum' della complessità di eventi sviluppata dalla maledetta pandemia.
E finiremo per 'toglierci l'amicizia' e rinchiuderci volontariamente ai domiciliari nelle rispettive 'camere dell'eco' dei social - a spalleggiarci a vicenda contro i nemici pandemici, trasversali ai tradizionali schieramenti di destra e di sinistra, che non intendono ragione, ma solo la suggestione mortifera dei provvedimenti di urgenza che già nella prima ondata si sono dimostrati inefficaci e ci pongono di fronte ad uno stop and go autunno-inverno-primavera frustrante e privo di prospettive vivibili.
Dopo di noi il diluvio.

 
 
 

Distanze geografiche

Post n°1395 pubblicato il 26 Ottobre 2020 da fedechiara
 

26 ottobre 2018  · Quanta distanza c'è tra Buenos Aires e la morte?

Giunto alle soglie dei biblici settanta, il mio cervello, di notte, si dà alle pazze storie e ne inventa di tutti i colori e trame strampalate. E, stanotte, conoscendo la mia intenzione di recarmi a visitare il paese del grande vecchio, Borges, il nume tutelare degli scrittori latino americani, mi ha proiettato in video e in voce una confusa trama di bohème argentina - con scrittori commisti a tangheri e belle donne che pazziavano in un locale malfamato (ma perché non si può dare buona letteratura e bohème anche nei bei locali eleganti? Il nostro Magris, ad esempio, ha scritto 'Danubio' e altri saggi magistrali seduto al tavolo di un bellissimo caffè storico di Trieste).
E se questo buffo sogno, uno dei mille che percorrono regolarmente le mie sinapsi in libertà, mi ha colpito e l'ho ricordato al risveglio è perché il mio cervello, fattosi menagramo, come ogni tanto gli capita, metteva in bocca ad uno scrittore riunito in quel locale di gente varia il titolo di un suo romanzo in gestazione: 'Quanta distanza c'è tra Buenos Aires e la morte?'.
Da toccarsi di sotto e munirsi di cornetti di plastica e il 13 in cornice metallica.
E, in verità, ciò che mi spaventa della morte (e un po' mi irrita. Possibile che non esista una eccezione che sia una a questo strano fenomeno di partenze e commiati misteriosi? Ci sono eccezioni per tutto, mannaggia!), ciò che mi spaventa, dicevo, è la mancanza di orizzonti predicibili, come si fa per ogni viaggio – con le guide della Lonely Planet che ci raccontano di città caotiche e intriganti e bei musei strapieni di opere d'arte e di grandi ghiacciai che franano direttamente in mare e di laghi salati e alberghi fatti di sale dove la notte le temperature scendono a -25.
Ecco il Grande Viaggio, invece, non ha narrazioni credibili, non ha luce e orizzonti di cielo e soli e lune - per contrasto con quanto le leggende religiose ci hanno raccontato di Empirei e paradisi fitti di angeloni e di santi (Oh, when the Saints...) e il ditone del Padreterno svolazzante che incontra quello del progenitore come nelle magistrali pitture nella Sistina di Michelangelo.
E, poi, mi secca alquanto constatare di essere prossimo a una dipartita (ogni giorno in più è un magnifico regalo) giusto quando il mondo degli uomini sta per esplodere fragorosamente tra marce di honduregni in fuga dalla miseria a migliaia (questo è lo 'storytelling', la narrazione compiaciuta delle sinistre di s-governo, ma pare che dietro ci sia l'organizzazione del solito Soros), bombe nelle case dei cicaleggianti democratici americani dei cachinni anti Trump, e il nostro Salvini che mena terribili fendenti pre elettorali all'indirizzo di Juncker e Moskovici, che il diavolo se li porti, insieme a Macron.
Che è come se ti spegnessero il televisore durante una partita di volley femminile tra l'Italia e la Serbia, e non sai se l'ultima schiacciata della Paola era dentro la linea, mannaggia,
'Fermate il mondo voglio scendere', diceva un noto adagio. Per me, invece, è importante sapere quanta distanza c'è tra Buenos Aires e la morte. Ho troppe cose ancora da vedere e raccontarvi.
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