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Saramago . Una terra chiamata Alentejo

Post n°9 pubblicato il 21 Settembre 2005 da robertmerivel

"La grande e decisiva arma è l’ignoranza. E’ bene, diceva Sigisberto alla cena per il suo compleanno, che loro non sappiano nulla, né leggere né scrivere, né far di conto né pensare, che credino e accettino che il mondo non si può cambiare, che questo mondo è l’unico possibile, così com’è, che solo dopo morti ci sarà il paradiso, padre Agamedes ce lo può spiegare meglio, e che solo il lavoro dà dignità e quattrini, ma non devono pensare chi io guadagni più di loro, la terra è mia, quando arriva il giorno di pagare imposte e contributi, non vado mica a chiederli a loro i soldi in prestito, e del resto è sempre stato così, e lo sarà, se non ci fossi io a dargli lavoro, chi glielo darebbe, io e loro, io sono la terra, loro sono il lavoro, quello che sarà bene per me, per loro è bene, è stato Dio a volere così le cose, padre Agamedes ce lo può spiegare meglio, con parole semplici che non aggiungano confusione alla confusione che hanno in testa, e se quel prete non sarà sufficiente, chiederemo a quella guardia lì di fare un giro per i paesi, solo per farsi vedere, è un messaggio che loro capiscono senza difficoltà, Ma ditemi, madre mia, forse che la guardia picchia anche i padroni del latifondo, Mi sa che a questo bimbo non gli funziona bene la testa, dove si è mai vista una cosa simile, la guardia, figlio mio, la si è creata e mantenuta per picchiare il popolo, Com'è possibile, mamma, volete dire che si crea una guardia solo per picchiare il popolo, ma che cosa fa il popolo, Il popolo non ha nessuno che piccchi il padrone del latifondo che ordina di picchiare il popolo, Ma io penso che il popolo potrebbe chiedere alla guardia di picchiare il padrone del latifondo, Te lo dico io, Maria, questo bambino è fuori di senno, non mandarlo in giro a dire certe cose, ci mancherebbe che avessimo problemi con la guardia.

Il popolo lo si è creato perché viva sporco e affamato. Un popolo che si lava è un popolo che non lavora, forse nelle città, insomma, non ddico di no, ma qui nel latifondo viene ingaggiato per tre o quattro settimane lontano da casa, e magari per mesi, se ad Alberto gli conviene, ed è un punto d’onore e di maschio cche non si lavi né faccia né mani, né si tagli la barba per tutto il tempo dell’ingaggio. E se lo fa, ipotesi ingenua tanto è improbabile, può essere certo dello scherno dei padroni, e perfino dei compagni. E’ questo il lusso dell’epoca, che i sofferenti si vantino della loro sofferenza, gli schiavi della schiavitù. E’ necessario che questo animale terrestre sia davvero un animale, che la mattina aggiunga la cispa della notte alla cispa delle notti, che lo sporco delle mani, della faccia, delle ascelle, dei genitali, dei piedi, del buco del corpo, sia l’alone glorioso del lavoro nel latifondo, perché l’animale, per pulirsi, si lecca, è necessario che l’uomo si degradi perché non rispetti più se stesso né il suo prossimo.

E c’è dell’altro. Si vantano i lavoratori delle fitte che hanno avuto con la vanga. Ciascuna è una medaglia per vanaglorie da osteria, tra il sughero e il bicchiere, Ho già avuto tot fitte a vangare per Berto o Umberto. Erano questi i lavoratori buoni, quelli che, al tempo della frusta, avrebbero mostrato insuperbiti le nerbate violacee, e meglio ancora se sanguinanti, vanesi tali e quali la feccia cittadina, che pensava fosse tanto maggiore la virilità quante più creste di gallo o cancri molli avessero beccato nel commercio del letto. Ah, popolo mantenuto nello strutto o nel miele dell’ignoranza, non ti è certo mancato chi ti ha offeso. E lavora, ammazzati a lavorare, schiatta se necessario, così lascerai un buon ricordo nel fattore e nel padrone, povero te se ti fai la fama e del briccone, non ci sarà più nessuno che ti voglia. Puoi andare a piazzarti sulla soglia dell’osteria insieme ai tuoi compagni di sventura, anche loro finiranno per disprezzarti, e il fattore, o il padrone, nel caso se ne accorga, ti guarderà con schifo, e tu rimarrai da solo senza lavoro, così imparerai. Ché gli altri l’hanno mandata a memoria la lezione, vanno ad ammazzarsi tutti i giorni nel latifondo, e quando tu arriverai a casa, se questa è una casa, con quale faccia dirai che non hai trovato lavoro, mentre gli altri sì, ma tu no. Corregiti, se sei ancora in tempo, giura di aver già avuto venti fitte, crocifiggiti, tendi il braccio alle sanguisughe, apri le vene e ripeti, Questo è il mio sangue, bevetelo, questa è la mia carne, mangiatela, questa è la mia vita, prendetela, con la benedizione della chiesa, l’attenti alla bandiera, la sfilata dell’esercito, la consegna delle credenziali, il diploma dell’università, siano fatte in me le vostre volontà, così in terra come in cielo."

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volandfarm
volandfarm il 24/03/09 alle 14:38 via WEB
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