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All'inizio del viaggio ogni relazione con l'altro sembrava improntata al riconoscimento dell'altro come un estraneo, un territorio da conquistare.
Si, perché in tutti viaggi di andata l'uomo tende subito a riconoscere l'estraneo per comprenderlo e trascinarlo a sé, poiché la cultura del viaggiatore è quella di sopravvivere al viaggio della conoscenza del mondo attraverso la trasparenza della relazione con gli altri, immaginati quasi sempre come territorio definito per i limiti che bisogna difendere o estendere.
Poi impari lontano dalle tue sicurezze che la relazione tra gli uomini è qualcosa di diverso e di meno trasparente.
La relazione, in effetti, è più opaca e ogni esistenza ha un fondo complesso e oscuro, che non può e non deve essere indagato a tutti i costi alla ricerca di una pretesa conoscenza totale.
Impari piano il dettato che ti sussurra ogni esistenza. Ognuno ha diritto alla sua opacità.
Bisogna vivere con l'altro e amarlo, accettando di non essere compreso totalmente e di non comprendere totalmente l'altro.
Così si torna indietro dopo tempo a casa e ci si accorge che, nel frattempo, si è diventati terra, prototipi di uomini trasformati dall'incontro di culture differenti.
Una terra da vivere senza alcun limite da difendere o da estendere.
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