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sulla piazza a cavallo
il monumento
di fronte l'università
non è lontano il mare
c'è troppo vento
indossi la giacca
ridendo
il molo transennato
ricordo un tempo
non eri tu l'amore
un'altra

 

Du wurdest ein Teil des Ganzen,

mehr wirst du nicht -

doch du bleibst es auch.

In welcher Form auch immer,

da kann über dich hinweg schwimmen,

was will.

Ich bin der ich bin

und jetzt schon nur war,

doch immer sein werde.

Alles klar?

 

Si dice che…

ciò che non uccide fortifica…

ma fortifica cosa?…

il dolore fortifica?…

i dispiaceri fortificano?…

no…ti annientano…

ti distruggono…

ti logorano…

e se hai la forza ti rialzi…

ma non fortificato…

solo cambiato…

con cicatrici che sono sempre lì…

a ricordarti … di quando sei caduto.

 

 

« Camorra legalizzata&PoliticaIl maestro del bluff »

Il buffone!

Post n°55 pubblicato il 11 Aprile 2011 da yogagiogo
 

Il grande imbroglione 

Il grande imbroglione Il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi.
BERLUSCONI mente con costante insolenza. È una consuetudine che da

sempre sollecita molte attenzioni per afferrarne le ragioni, per così
dire, costitutive. Per dirne una. C'è chi vede, in quella coazione a
mentire, l'archetipo del Bambino come se alloggiasse nell'inconscio
del Cavaliere una personalità che "ragiona" in base al principio di
piacere e non al principio di realtà. Lungo questa via è suggestiva
l'interpretazione di chi avvista Berlusconi afflitto da "pseudologia
phantastica".

«Una forma di isteria caratterizzata dalla particolare capacità di
prestar fede alle proprie bugie. Di solito succede - scrive Carl G.
Jung - che simili individui abbiano per qualche tempo uno strepitoso
successo e che siano perciò socialmente pericolosi». Sono accostamenti
utili e intriganti, ma rischiano di annebbiare quel che è semplice e
chiaro da tempo: se l'imbroglione è, come si legge nei dizionari, «una
persona che ricorre al raggiro come espediente abituale», Berlusconi è
innanzitutto un imbroglione.

È un imbroglio, un abituale inganno l'ultimo flusso verbale del capo
del governo - che come sempre parla soltanto di se stesso, soltanto
del suo prezioso portafoglio, soltanto dei complotti che gli
impedirebbero di governare e arricchirsi. Berlusconi manipola fatti,
eventi e contingenze della sua storia di imprenditore e di politico
per mostrarsi vittima di un'aggressione, nell'una come nell'altra
avventura. Deve farlo, il Cavaliere, poverino.
Non solo per una fantasia di potenza adolescenziale (anche per
quello), ma (soprattutto) per la consapevole accortezza di dover
nascondere il catastrofico fallimento della sua leadership e i sistemi
che ne hanno fatto un uomo di successo.

Dice il Cavaliere: «Mi trattano come se fossi Al Capone». Il fatto è
che Berlusconi, con Al Capone, condivide il rifiuto delle regole, il
disprezzo della legge, l'avidità, una capacità di immaginazione
delirante. Come Al Capone testimonia simbolicamente la crisi di
legalità negli Stati Uniti degli Anni Venti, Berlusconi rappresenta -
ne è il simbolo - l'Italia corrotta degli Anni Ottanta e Novanta, la
crisi strutturale della sfera pubblica che ancora oggi, nonostante
Tangentopoli, comprime il futuro del Paese. Berlusconi è tutt'uno con
quella storia e senza amnistie, riforme del codice (falso in bilancio)
e della procedura (prescrizione) preparate dai suoi governi, egli
sarebbe considerato un "delinquente abituale".

Scorriamo i reati che gli sono stati contestati nei dodici processi
che ha subito finora. La fortuna del premier è il risultato di
evasione fiscale; falso in bilancio; manipolazione delle leggi che
regolano il mercato e il risparmio; corruzione della politica (che gli
confeziona leggi ad hoc); della polizia tributaria (che non vede i
suoi conti taroccati); dei giudici (che decidono dei suoi processi);
dei testimoni (che lo salvano dalle condanne). Senza il dominio
nell'informazione e il controllo pieno dei "dispositivi della
risonanza", sarebbe chiaro a tutti come la chiave del successo di
Berlusconi la si debba cercare nel malaffare, nell'illegalità, nel
pozzo nero della corruzione della Prima Repubblica, di cui egli è il
figlio più longevo.

Deve farlo dimenticare e deve mentire per tenere in vita la mitologia
dell'homo faber e il teorema vittimistico. È quel che fa per
nascondere il passato e salvare il suo futuro. Confondendo come sempre
privato e pubblico, Berlusconi ora denuncia anche un assalto al suo
patrimonio, la sola cosa che ha davvero a cuore. Si lamenta: «Contro
di me tentano anche un attacco patrimoniale: a Milano c'è un giudice,
di cui potrei dire molto, che ha formulato un risarcimento di 750
milioni per la tessera numero 1 del Pd, De Benedetti, per un lodo a
cui la Mondadori fu costretta. È una rapina a mano armata».

Si sa come sono andate le cose. La Cassazione dice colpevoli il
giudice Vittorio Metta e gli avvocati Cesare Previti, Attilio
Pacifico, Giovanni Acampora (assistono la Fininvest nella guerra di
Segrate): hanno barattato la sentenza del 1991 sul cosiddetto "Lodo
Mondadori" che, a vantaggio di Berlusconi, ha sottratto illegalmente
la proprietà della casa editrice a De Benedetti (editore di questo
giornale). Sono i soldi della Fininvest che corrompono il giudice, ma
Silvio Berlusconi si salva per una miracolosa prescrizione.

Per il suo alto incarico (nel 2001 è capo del governo) gli vanno
riconosciute - sostengono i giudici - le attenuanti generiche e quindi
la prescrizione e non come sarebbe stato più coerente, proprio per le
sue pubbliche responsabilità, le aggravanti e quindi la condanna
insieme agli uomini che, nel suo interesse, truccarono il gioco.
«Corresponsabile della vicenda corruttiva», il Cavaliere con Fininvest
deve ora risarcire - come ha deciso la Cassazione - i danni morali e
patrimoniali quantificati in primo grado in 750 milioni di euro.
Troppo o troppo poco, lo dirà il giudice dell'appello che deciderà
degli interessi di due privati e non, come vuole far credere
l'Imbroglione, di due fazioni politiche.

È altro quel che qui conta ripetere, una volta di più semmai ce ne
fosse bisogno. Come dimostra il tentativo di gettare nel calderone
delle polemiche anche un suo affare privato, dietro la guerra
scatenata dal capo del governo contro la magistratura ci sono soltanto
gli interessi personali del premier. Null'altro. Riforma
costituzionale, riforma della giustizia, asservimento del pubblico
ministero al potere politico, che oggi paralizzano la vita pubblica
del Paese, sono soltanto gli espedienti ricattatori di Berlusconi per
ottenere un salvacondotto che lo liberi dal suo passato illegale, da
una storia fabbricata, oggi come ieri, con l'imbroglio.

 
 
 
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