Creato da paulget il 08/07/2010

OCEANO TERRA

Racconti della Terra sotto il Mare

 

 

Storie di STRA-ordinaria Follia

Post n°15 pubblicato il 04 Agosto 2010 da paulget
Foto di paulget

La follia, mio signore, come il sole se ne va passeggiando per il mondo, e non c'è luogo dove non risplenda. (William Shakespeare)

 

 


“Tu dici? Non è forse che viviamo anche ora in un epoca oscura? “ chiese l’uomo al suo compagno di viaggio.

“Quello che io credo o non credo non ha nessuna importanza “rispose l’uomo “ l’importante per noi ora è salvare il salvabile, a cominciare dal nostro progetto. Il punto essenziale, quello da cui dipende la riuscita del nostro lavoro futuro è quello di dare a loro quello che vogliono, dare a loro ciò che loro possano accettare e senza che abbiano motivo di credere, solo sulla base di una possibilità,  in quello che noi vogliamo creare. “

 

L’uomo si massaggiò la barba ispida ma ben curata, cambiò posizione sporgendosi in avanti per avvicinare di più il suo viso a quello dell’amico e collega e, quasi in un sussurro, disse : “ A meno che tu non voglia passare per un folle, a meno che tu non voglia esser tacciato come tale e portare avanti i tuoi “esperimenti” da solo senza il becco di un quattrino. “

 

L’altro, seduto di fronte, si tolse gli occhiali con cui stava scorrendo alcune pagine di un  manoscritto e, con gli occhi fissi in quelli dell’uomo disse in tono neutro “ In culo loro e i loro soldi..”

 

“ Ma..cosa stai dicendo- gli rispose l’uomo -se...”  ma lui non sentì più nulla, si alzò nello stesso momento in cui il treno si fermava, rischiando di finire addosso all’amico e tutto cambiò;  il ruscello crebbe e diventò un torrente.

 

“ Non avremmo forse un mondo ancora fermo al medioevo senza quelli che tu chiami folli!?

Non sarà che non siamo mai usciti e mai usciremo da quell’oscurantismo che crediamo far parte di epoche  passate, remote, di cui sorridiamo e  a volte ci stupiscono?

Non è che oggi l’oscurantismo esiste ancora, e noi non ce ne rendiamo conto? “ e il torrente si ingrossò ancora…

“ Forse  nemmeno all’epoca se ne rendevano conto?  Come un pesce che nuota nel mare e, se gli parlano del mare, non sa cosa sia perché ne è avvolto, come l’aria che respiriamo di cui noi siamo avvolti, non ce ne rendiamo conto perché ne siamo immersi.?

Immersi  oggi come ieri in un periodo buio che si prende gioco e schernisce le forze “mistiche”, definite così perché non siamo in grado di vedere o di capire. E chi cerca di andare in là e cerca di uscire da tutto questo buio e cerca di portare il mondo fuori da questo buio è un folle?! “

 

Prese il cappotto, prese la cartella e la macchina da scrivere che aveva con sé,  l’uomo dalla bella barba curata lo interruppe, o almeno provò a farlo, ma il torrente era divenuto fiume,  e il fiume un fiume in piena,  e fu come voler fermare l’impeto delle acque con una diga di sabbia…

 

“ Se oggi per noi è una cosa normale che la terra sia una sfera, nell’epoca dell’  "idea di una Terra piana",  non si poteva concepire in altro modo,  perché i mari sarebbero crollati.

Ah beh certo..oggi!  Sì, lo sappiamo il perché.  Ma  all’epoca se uno immaginava, credeva, sentiva quasi, e,  cosa molto più pericolosa,  "affermava"  che ci fosse una forza misteriosa che tiene i mari attaccati alla terra, non era forse considerato un folle?! Idea balzana, forza che non si conosceva, che non faceva parte dell’universo conosciuto, estranea al mondo reale…e quindi..Folle! “

Non riusciva ad infilare la mano nella manica del cappotto liso e se lo gettò sulle spalle, poi,  il fiume riprese la sua corsa..

 

“ Quante follie per arrivare al mondo che conosciamo oggi. Quante follie ancora si devono fare?

Quante mele devono ancora cadere sulla testa di qualcuno affinché si possa uscire da quell’oscurità di cui siamo pregni.

Quante persone devono ancora vedere una nave all’orizzonte abbassarsi fino al camino e poi scomparire quasi inghiottita dal mare, per uscire da questo mondo che deve essere sempre e comunque sotto il controllo e sottomesso ad un senso di colpa continuo per poter mantenere un potere. Un potere che porta a nuovi roghi, a nuove streghe, e nuove inquisizioni, certo..più ‘moderne’ più ‘civili’. “

 

“ Ma noi siamo scienziati!! Guglielmo!! Non devi….”

ma la diga sabbiosa crollò..

 

 E la forza del fiume, rotti gli argini, si placò, riprendendo un corso tranquillo finalmente libera da vincoli. Quasi con serenità. Quella corrente quieta  continuò il suo percorso verso il mare..

 

“ Lasciami dire una cosa ancora,  visto che ti definisci un "uomo di scienza".

Una delle menti più grandi dei nostri giorni disse un giorno: “Ciò che a noi sembra impenetrabile esiste realmente. Dietro i segreti della natura c’è qualcosa di sottile, intangibile e inspiegabile.

La mia religione venera questa forza che va aldilà della nostra capacità di comprensione””

 

“ E chi è un filosofo?  Un mistico orientale?”  Lo interruppe con sarcasmo il compagno.

 

“No amico mio..uno scienziato, il professor Albert Einstein. E aggiunse anche che la religione del futuro sarà una religione cosmica. Trascenderà il Dio personale e lascerà da parte dogmi e teologia.”

 

Prese la macchina da scrivere, la cartella con i suoi appunti, e guardando un ultima volta il compagno rimasto con la bocca aperta e con la mano immobile sospesa sopra la barba ben curata, con un tono tranquillo aggiunse:

 

“ Tu vai pure avanti per la tua strada, io scendo qua, e vedrai che un giorno gli uomini capiranno  e crederanno anche in questo e vedrai che quel giorno,  disse fermando lo sguardo sul plico di fogli nella cartella, tu ricorderai questo momento.

E i folli di oggi diventeranno di colpo menti illuminate, e il mondo troverà altri folli da combattere.

 

Così dicendo, nell’imbarazzo del suo ormai ex collega, fra passeggeri attoniti che cercavano un qualcosa da fare, qualcosa da vedere, che cercavano di sistemare cravatte già a posto per non incrociare lo sguardo di quel personaggio strano, scese dal treno e con la follia  nella cartella che teneva in mano,  si avviò per quella città sconosciuta in  cerca di un caffè dove aspettare il prossimo treno che lo avrebbe riportato indietro, a casa, nel suo mondo di “folle” ma pieno di chiarezza, speranza e sensazioni che, a volte, solo la follia ti può dare.

 

 

 
 
 

UN BIANCHINO

Post n°13 pubblicato il 01 Agosto 2010 da paulget
Foto di paulget

 

Eh..vedi caro mio..è come camminare su un filo, bisogna fare gli equilibristi. E non tutti lo sono..

 

Quante volte ho sentito questa frase? Non saprei quantificare. Se poi ci metto anche la sua variante del “camminare sul filo di un rasoio”..che poi non ho mai capito..Vorrei conoscere qualcuno che lo ha fatto o ci ha provato. A camminare sul filo di un rasoio dico..

 

 

A quell’epoca nel Mondo di Sotto non era come oggi.

 

Si “respirava” una vita diversa, una vita scandita da mestieri, giochi, vite e anche morti diverse.

La superficie non si vedeva ancora come oggi. No..il cielo..sì, ci stava già un bel cielo. Un bel sole a volte. L’aria era anche più limpida forse, o di sicuro, ma sopra dico..sopra.

Quello che sta sopra il cielo..oltre. Sopra la superficie intendo! Ecco, avete capito. Sopra la superficie increspata del mare, confine naturale, dicono, col mondo di sopra..Eh! appunto..sopra il nostro cielo.

Non so se era perché tutti guardavano in basso, se nessuno mai avesse alzato gli occhi in modo diverso o semplicemente perché ci stava quella barriera oltre la quale i nostri sensi non arrivavano, un po’ come quando immerso nel mare con la tua bella maschera da sub, guardi gli scogli e il fondale verso terra e vedi la fine, che poi è l’inizio della spiaggia, ma se per caso, per un attimo, dai le spalle a tutto questo e guardi verso il largo che si apre su uno strapiombo e vedi il trasparente dell’acqua farsi azzurrino, poi blu, poi più scuro ancora e ad un certo punto la tua vista si blocca e si confonde in un tutto che ti fa quasi ingarbugliare gli occhi fino quasi a sentirli che si girano, roteano e devi distogliere lo sguardo su qualcosa di fisso, su qualcosa fisicamente caratterizzante, peculiare del nostro senso ottico . Qualcosa di “reale”..di reale..

 

Non so se Carlo avesse mai visto la superficie o se, come potrebbe sembrare a me oggi mentre ricordo, ci avesse fatto pure una capatina oltre quella superficie. Una puntata discreta, per usare un termine che lui stesso avrebbe poi usato con me.

Perché ai miei occhi di sedicenne Carlo era quello che gli altri dicevano che fosse. Un folle.

Un matto.

E noi, già nel nostro periodo di tempeste ormonali costrette dentro le “docevita” sintetiche di colori inconfessabili, che a ogni piccolo spiraglio fra le trame emanavano dolci effluvi che riempivano le classi affollate, lo vedevamo così. Un matto.

I nostri quattordici anni in cui, fedeli ad un copione già scritto per noi, chiamavamo Carlo “lo scoppiato”, senza saperne bene il motivo e, normalmente, senza chiedercelo.

Ma poi, quando gli scompensi cominciarono a prendere una direzione precisa, quando il nostro “noi” cominciò chi più chi meno ad essere “o carne” “o pesce” distanziandosi sempre di più da quel periodo in cui, ogni discorso a riguardo veniva liquidato con un “si sa..A quell’età non sei ne carne ne pesce”! Già, si sa..

Ma con quello che non si sa come la mettiamo?!

 

E questo mio desiderio di sapere mi portò per caso, se mai esistesse il caso anche all’epoca, ad avvicinarmi al mondo di Carlo “lo scoppiato”.

Dapprima da lontano. Da oltre il recinto diciamo. Da una bibita o un gelato preso nel bar del paese sedendomi al tavolino e guardando con occhio affamato quell’uomo tanto evitato quanto sconosciuto che si gustava il suo bel bianchino.

 Un cantautore che aveva visitato spesso il Mondo di Sotto, anni dopo avrebbe scritto una canzone definendo quei bianchini un “anonimo vino frizzante anidride” ed ogni volta che ascolto quella canzone non posso fare a meno di ricordare quei giorni.

 

Ma appena incrociavo con il mio sguardo il suo e i suoi occhi mi si piantavano dentro bloccandosi su di me come una telecamera che passa in rassegna un luogo e all’improvviso si blocca su un particolare e lo mette a fuoco, così io in quel momento vedevo il blu scuro del mare, che mi faceva subito per istinto guardare da un'altra parte alla ricerca di un punto fisso e ben definito dove trovare il mio equilibrio. Neanche fossi salito su di una fune sospesa a venti metri da terra.

Non ricordo in modo chiaro quando feci il primo passo. Ho provato ad aprire i cassetti più o meno pieni, più o meno impolverati della memoria, ho cercato fra tutte le cose che trovavo, ho trovato cose che non ricordavo neanche di aver messo  da parte in quel cassetto, ho rischiato di perdermi in altri pezzi della mia vita ma niente da fare.

Quel momento non l’ho trovato.

 

Però qualcosa ho trovato. Ho trovato l’attimo successivo, il fotogramma dopo, quello subito dopo ..l’attimo in cui io, armato dei miei sedici anni con barbetta d’ordinanza, entrai nel bar e con una normalità consumata dal tempo passato a studiare gli altri dissi..

 

“Un bianchino grazie!”

 

E in un momento tutti i gelati del freezer si squagliarono e formando un fiume vorticoso, melenso e di indescrivibile colore, andarono a sfociare nel mare dei miei ricordi insieme alle caramelle che rubavo dalla lattaia. All’epoca nella Terra di Sotto ci stavano le latterie. Anche oggi nella Terra di Sotto qualcuna ci sta ancora mi dicono. Ma quelle …

 

Il momento in cui mi trovai al banco davanti a quel bianchino lo ricordo molto bene. Oh  no! Non c’è  bisogno di aprire cassetti polverosi..

Ero un uomo eh! Vuoi mettere?

Hai mai provato a sedici anni a dire “mi da un arcobaleno” (ghiacciolo multi gusti  più o meno definiti  nella Terra di Sotto dell’epoca)  e dire invece “un bianchino grazie !” ??

Nononono!! Non ci sta proprio un paragone.. forse la prima volta che si fa sesso..ecco, forse..

 

Poco importa, come ci si sente o mi sentivo. Una cosa però è certa. Avevo messo piede sulla piattaforma dove iniziava la fune che, tirata, arrivava dall’altra parte sospesa nel vuoto.

 

E lui fu con me quasi subito.

Ecco, questo me lo fa ricordare spesso.

I fatto che già alla terza o quarta volta che ripetevo il rito con la frase magica ed ero già passato di "livello", seduto al tavolo a guardare gli altri giocare a carte, Carlo, seduto sulla “sua” sedia , perché lui aveva una sua sedia dedicata , si, ma non per un gesto di rispetto o cosa, ma perché non si sedesse al tavolo con le persone “normali”, vestite normali, pulite normali, sbarbate normali, non come lui, e lui da quella sedia mentre si rollava la sua sigaretta mi fece..

“Ti piace il bianchino?”

Beccato!!

 

No che non mi piaceva dio mio! Era aspro, legnoso, ti dava i brividi quando lo buttavi giù!!

Forse la pausa che feci prima di mentire spudoratamente e dire “Si! Buono..” forse perché lui era meno pazzo di quello che dicevano, fatto sta che mi guardò fisso, e per la prima volta riuscii a mettere a fuoco quel vortice…

Con un tono neutro che più neutro non si può disse“ fa schifo”.  E un attimo dopo mi ritrovai a chiedergli : “perché lo beve allora?”

“Per farli contenti! Perché mai! E perché costa poco e io un po’ di vino buono lo prendo da un amico che me lo regala e lo bevo in santa pace a casa da solo, quando vengo qui son tutti così felici di vedermi , di vedere il nano, la donna cannone, il funambolo, che non posso non farli contenti.”

 

E mi spiegò.

 

E io capii.

Capii che gli altri ti guardano quando sei diverso, quando ti comporti in maniera diversa, quando ti comporti in maniera più libera di loro, quando non percorri le tappe a tutti destinate con la loro stessa obbedienza, ti guardano contenti per vederti cadere! Perché diventano cattivi quando gli fai capire che quella che hanno loro non è libertà.

Allora devi  fare il nano, la donna cannone, il funambolo anche…ma mai, e dico mai, fargli vedere che ci riesci.

Perché il giorno che tu cammini sulla tua fune da bravo funambolo senza paura, in modo facile, e con leggerezza arrivi dall’altra parte e riprendi il percorso di nuovo, stai tranquillo che loro con un bel coltello, una bella forbice, quella fune te la tagliano e ti fanno cadere.

 

"Ma.. scusa", gli dissi, "se vivendo come fai devi vivere così sempre alla berlina degli altri sempre senza che gli altri ti diano un po’ di soddisfazione, perché non vivi come loro?? Sarebbe più facile!"

"E più tranquillo anche. Se fai come loro  non occorrerebbe più preoccuparsi sempre di non cadere da quella fune!"

 

Lui mi guardò..e con un sorriso non so quanto di gioia o più di soddisfazione mi disse :

 

“Son mica matto io !”

 

 

Gli anni son passati in fretta, e io con il ricordo di Carlo il Matto ho vagato per altri posti della Terra di Sotto, a volte un occhiata Sopra, camminando più o meno bene su un filo che in un certo modo ho cercato di abbassare più possibile a terra.

Perché ho capito che la paura non sta in quella striscia bianca che si srotola davanti a te, che poi non è diversa di un colpo di gesso a terra.

Se tu devi seguire una linea tracciata a terra non fai fatica a rimanere in equilibrio, ma se quella linea, quella striscia di gesso, ipoteticamente la sollevi un po’ da terra.. sempre di più , tutto diventa difficile.

Ma la striscia non cambia, la fune non cambia, quello che cambia è quello che vediamo sotto. Quello che cambia sono i punti di riferimento che non troviamo, che cerchiamo per fermare quel roteare della vista che ci fa cercare per istinto un punto fisso per poter fermare questo movimento innaturale per i nostri sensi fisici..

Forse un “altro” senso ci darebbe modo di non cercare più questo punto fisso e ci permetterebbe di mettere a fuoco l’infinito.

E di camminare sulla fune con una pace e tranquillità come su una riga tirata sull’asfalto.

 

 

Mi son trovato dopo tanto tempo in quel vecchio bar.

Gestito oramai dai figli del vecchio proprietario.

Seduto nei nuovi tavolini alla moda e gustando un buon Franciacorta, di moda nella Terra di Sotto in quel momento, ho avuto nostalgia per quel gusto aspro, legnoso, che metteva i brividi, del bianchino di sedicenne memoria. All’improvviso tutti cominciarono ad uscire, a salutare, e a poco a poco il bar si svuotò, lasciandomi solo  con un paio di clienti che, insieme al gestore, stavano per accendere la tv.

“Alla sera sempre calma vedo tutti a cena? Chiedo al proprietario.”

 

“No!” Mi fa ..”è che oggi.. non ha sentito? Ci sta quell’uomo che parla alla tv.”

“Su tutte le reti ci sarà.” mi fa l’altro cliente “Quello che è su nel mondo di sopra e che, dicono, viene dal mondo di sotto e con fatica piano piano, ha superato la superficie del mare e ora che sta li e lo hanno accettato vuole fare qualcosa per il suo vecchio mondo di sotto.”

“Ma ..perché.. Tu non vai ad ascoltarlo???"

 

E’ stato un attimo, a cambiarmi il moto di rabbia che mi saliva da dentro e stava per sfociare in qualche epiteto più o meno santo. E’ stato un attimo davvero. Un qualcosa da lontano..un qualcuno da lontano..

Un attimo, un ricordo..allora con un sorriso più che di gioia o scherno, di soddisfazione che, guardandolo negli occhi dissi..:

 

“Son mica matto io !”

 

E uscii, per raggiungere casa mia, dove con gesto solenne tirai fuori una bottiglia di vetro dall’etichetta strappata che illustrava un tempo quello che ora non conteneva più.

Mi sedetti davanti al tramonto, sui gradini di casa  e con il cuore colmo di gioia in equilibrio su una fune, sopra un mondo intero centellinai un bianchino “da asporto.” Aspro, legnoso, ma dolce come il miele ai miei sensi ritrovati.

 

 
 
 

una vacanza al mare

Post n°12 pubblicato il 31 Luglio 2010 da paulget
Foto di paulget

 

La sveglia!

Giù dal letto!

 

Anna…ma da quando in qua ti alzi così appena suona la sveglia eh!

Magari fosse così quando devi alzarti per la scuola e fatico sempre a tirarti su di peso e con gli occhi “cispati”, per farti preparare.

 

Anna ha dieci anni e la scuola non c’è..eh no. Siamo in estate ed è un bel giorno d’estate.  Non un giorno qualunque.

E’ “il giorno”!

Il giorno che aspettava da un anno, da quando il papà le aveva promesso che la prossima estate finalmente avrebbe trascorso le vacanze insieme alla mamma, al mare.

Loro tre in vacanza! Al mare!  Come tanti suoi coetanei, finalmente poteva tornare a scuola e al classico tema dato dalla maestra “Racconta dove hai passato le vacanze quest’anno e aggiungici un disegno”, avrebbe potuto scrivere anche lei : - ‘‘Questa estate io e i miei genitori siamo stati UN MESE al mare…ahhhh  solo il pensiero..” E vuoi che non ti faccia alzare di scatto un pensiero così? Ma daiiii!!

 

Un mese a  Rimini, un mese in vacanza, dopo gli anni passati con un groppo che saliva su, su, fino ad arrivare agli occhi che nascondeva sempre, perché pur avendo solo dieci anni , era forte e vedeva che la sua famiglia non era poi “normale” come le altre.

Il padre lavorava saltuariamente oramai da un po’ e i soldi che la mamma portava a casa con i servizi  ai vicini aiutavano a far un po’ di cose. Non che a lei fosse mai mancato un qualcosa, anzi, sempre perfetta ad ogni inizio anno scolastico, sempre con gonna nuova, grembiulino pulito, libri perfetti, scarpe nuove.

Ma poi, tutte queste cose si scontravano con la realtà del tema in classe di inizio anno. Oh quante volte non avrebbe voluto alzarsi, quante volte non avrebbe voluto andarci e quante volte quando la mamma gli chiedeva cosa c’era che non andasse vedendo quegli occhi che premevano giù quella lava incandescente che saliva dal di dentro, lei rispondeva..’niente mamma, ho solo sonno’.

 

E aspettava. Perché il papà le aveva promesso che presto anche loro sarebbero andati in vacanza.

Ma poi arrivò la notizia. Una bellissima notizia. Che la fece ballare, saltare sul divano della nonna in preda ad una gioia incontenibile. Avrebbe avuto un fratellino! O una sorellina, gli aveva detto la mamma,  non si sa..’’ma io preferirei una sorellina forse, ma anche un fratellino,,ma si ma va bene..ma mamma come sono contenta’’..però..

 

Però..ora. Un pensiero si fece largo in lei mentre, da sola nella sua stanza contava i giorni che mancavano a Pasqua, con le vacanze da scuola e il pranzo dalla nonna e i giochi con gli amici della campagna che vedeva sempre così poco e che lei immaginava sempre in vacanza fra ruscelli, colline, e prati pieni di …di...di tutto quello che poteva esserci in un tema di inizio anno.

Un pensiero..un po’ triste, un po’ come un campanello d’allarme che all’improvviso suonava e ti faceva cadere dal divano in cui saltavi prima dalla gioia.

E le vacanze promesse dal padre. Ora si faranno ancora?

 

Ora, mentre lavandosi i denti ripensa a quei momenti, sembra tutto così lontano, come quel giorno in cui il papà aveva comunicato loro di avere trovato un lavoro al mare per tutto il periodo estivo e l’albergatore,  un amico di un suo cugino, gli aveva dato la possibilità di portare la famiglia con lui a stare per tutto il mese di agosto al mare. Al mare tutto il mese di agosto!

Sì, aveva aggiunto il padre, ‘’purtroppo non potrò stare molto con voi perché non potrò avere giorni liberi, però quando sarò libero staremo sempre insieme io tu Anna e mamma con il tuo fratellino in pancia.’’ E lei già sognava il giorno in cui avrebbe mostrato la foto al suo fratellino (si, ne era sicura era un fratellino) e gli diceva “vedi?? Qui c’eri anche tu!

Momenti belli. Ma lo sapeva.

Papà glielo aveva promesso..

 

Ora, mentre scendevano dalla macchina dello zio che le aveva accompagnate alla stazione, sotto il sole di quel caldo sabato che rendeva ancora più frizzante il momento, pensava a cosa avrebbe scritto anche lei nel “suo” tema.

E il suo diario  sarebbe servito..

Oh si! Aveva deciso che avrebbe annotato ogni singolo momento di quel mese nei minimi, o mimimissimi come diceva spesso lei nonostante la maestra seria per l’ennesima volta ripetesse che : “NON SI DICE MINIMISSIMO!!!”, avrebbe annotato nei minimi particolari ogni minuto di quel mese.

Il papà era già al mare da un mese e loro lo avrebbero raggiunto in treno.

 

Quanta gente..una marea in quella stazione così grande! A parte un viaggio di dieci minuti per arrivare dalla nonna in campagna non aveva mai preso un treno “vero”. Un treno di quelli “importanti." Eh sì..! Quelli che arrivano da Milano.

Infatti, la mamma, alla sua domanda per sapere dove stava il loro treno, le disse che dovevano aspettare ancora un po’ e che sedute nella sala d’aspetto potevano guardare il tabellone che dava il nome di tutti i treni e dovevano leggere Milano, quello su in alto a destra, il terzo dal basso.

<< Ma noi non dobbiamo andare a Milano>>

<< No tesoro, però il treno arriva da Milano.>>

Ahhh…un treno importante..

 

Ora, pensò fra se Anna, "lo scrivo subito sul mio diario!’’

‘’Si comincia da qua il racconto per il mio tema!’’

 

Allora..

Caro Diario

No..aspetta..

.<< Mamma!! Come faccio a scrivere senza mettere caro diario? >>

<< Beh..comincia con il giorno, la data se vuoi anche l’ora..poi sotto scrivi cosa stai facendo no?>>

 

<>

Allora……

 

Bologna, 2 agosto 1980.  Ore 10.25

 

Sono con la mamma nella sala d’aspetto della stazione! Sono così felice……

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Bastardi….

 

 
 
 

sguardi....

Post n°11 pubblicato il 30 Luglio 2010 da paulget
Foto di paulget

..si guardano…

Si scrutano,  si studiano.

Poi..uno allunga una mano verso l’altro, verso l’oggetto che tiene in mano l’altro.

L’altro ha uno scarto da consumato giocatore di rugby nonostante la tenera età con un gridolino che blocca le velleità del primo ma non le spegne. Tornano a guardarsi.

Fossero un'altra razza si annuserebbero e chissà se non lo fanno davvero nel loro modo. Chissà..se non lo facciamo davvero a nostro modo.

Si, perché starei ore a guardare quei due bimbi in un parco, una scena ancora più bella perché si tratta di uno spazio, nella città che mi ha visto nascere, strappato ad un mondo antico ma troppo recente da dimenticare. Un luogo di segregazione e sperimentazione, un luogo dove fra una doccia e un elettroshock la vita scorreva tranquillamente alle spalle di una città e di una società che le voltava. Un mondo dove, forse, trovavi anche persone desiderose di guardare ancora, come si guardano questi due  bimbi.

Si guardano, si studiano, si annusano. Si, ne sono convinto noi ci annusiamo da bimbi o, meglio, ci annusiamo anche da grandi ma oramai con i sensi persi in quel buco misterioso, in quello scantinato raggiungibile sono con una, più o meno lunga, scala a chiocciola, un luogo che qualcuno chiama inconscio.

 

Cioè?  IN-conscio..? Dentro al conscio?

Qui ci vorrebbe una spiegazione da persona resa edotta dalla materia di studio ma le parole, ne sono

sempre più convinto , racchiudono già in se una spiegazione.

Ma noi non le sentiamo più, le pronunciamo, le inseriamo come pezzi nel mosaico di una frase, di un concetto.

Ma non è forse come le cose?

Le guardiamo ma non le vediamo. Le parole le diciamo ma non le sentiamo.

La consapevolezza di cui tanto si parla penso sia racchiusa in questo.

Non servono libri o cd, illuminazioni più o meno celesti.

Basta “ascoltare”. Basta “saper” ascoltare. E un mondo magnifico e nuovo si apre a noi.

Ma siamo sicuri che si tratta di un mondo davvero nuovo?  O è solamente un mondo dimenticato, un mondo che abbiamo lasciato tanto tempo fa, quando sentivamo il profumo della nostra mamma ad occhi chiusi e fra mille altre mamme. Un mondo dove ci stupivamo di tutto e ci guardavamo,  ci guardavamo....

 

 

 

 
 
 

segnali di fumo...e di vita..

Post n°9 pubblicato il 29 Luglio 2010 da paulget

 

La tazza di caffè che sia calda o tiepida non è mai stato importante per me.

Non ci ho mai fatto un dramma. Se la scaldavo poco..la tenevo così come veniva.

 

Stamattina invece, complice il cielo che gli son girate le balle e ha riversato il riversabile sulla parte di Terra dove sono e  portando un arietta che definirei fresca essendo luglio, anche se di fresco ha poco, ho voglia di una tazza calda fra le mani.

Apro il portatile mentre il cielo trema e il buio cresce su me, i miei cani e il mio caffè caldo bollente. Bello!  Un momento che vorrei fermare. Sensazioni bellissime.

 

Apro il programma di posta e sempre immancabilmente la botta di messaggi si abbatte impietosa..

Ma mi deciderò a cancellarmi da qualche parte..si si lo faccio dopo con calma. Saranno mesi che “lo faccio dopo con calma”.

Qualcosa di un po’ più interessante, che salvo e guardo dopo, qualcosa di importante, poco, che leggo subito.

Entrando in rete mi apre automaticamente le pagine che visitavo ieri sera. Capito sui blog e con in mano la mia tazza calda che mi trasmette sensazioni mai prima avute (ma quante tazze calde mi son perso dicendo “non ha importanza”)leggo un po’ in giro sugli spazi di chi mi ha fatto visita e mi imbatto per caso,se mai il caso esista, in una frase. Appoggio la tazza.

 

E il tempo si ferma.

Proprio vero, le parole nello stesso momento in cui le scriviamo non sono più nostre.

Ognuno le interpreta, le vive, le pesa in maniera diversa.

Questo a volte può dar fastidio. E’ vero.

E mi fermo a pensare che forse per questo son sempre stato male quando un qualcosa, una musica, un gusto, un profumo, una parola, non veniva vista per come la vedevo io.

Ma certo..è normale. Siamo miliardi di persone diverse che possono avere storie in comune, condividerle le storie, ma non possono condividere la memoria. Quella no.

Perché la memoria è tua. È unica. Non puoi condividerla.

Il profumo del caffè con il djar appena tostato dalle donne di Dakar a me evoca ancora cose che sono diverse da quelle che evoca nel mio amico di avventure africane che, tra l’altro, ho perso di vista.  Ho perso di vista? E che vuol dire.. Non ci sentiamo più. Ahh..

Ecco cosa vuol dire. Vuol dire che un giorno ci siamo sentiti sempre meno, che un giorno ci siamo allontanati dalle nostre, per un momento, convergenti idee, che abbiamo vissuto un esperienza in maniera diversa pur essendo nello stesso posto nello stesso istante.

Ma il profumo che sentivo io nella mia memoria non era lo stesso che sentiva lui.

Avevamo una storia condivisa ma una memoria diversa. Non potevamo condividere la memoria.

Ecco perchè quando scrivevi anni fa un qualcosa veniva sempre travisato, pensavi indispettito, ma cosa hanno capito dicevi a te stesso, ma io volevo esprimere un altro concetto, un'altra storia, un'altra cosa,cosa,cosa…

Cosa vuoi esprimere.. Niente di più sbagliato. Ed è perché ho capito questo che ho ricominciato a scrivere. Ed è per questo che continuo e non alzo mai la testa dalla tastiera o, a volte, dalla penna.

Sono sgrammaticato dicevo, non sono un “letterato” ribadivo e se anche lo fossi mi manca la tecnica! Si daiii la tecnica!! Dove vai senza tecnica…ma..

Ma sbagliavo.

Non puoi scrivere per dare a qualcuno le sensazioni che provi tu. Chi legge le tue parole ha le sue di sensazioni. Tu metti delle parole. E le parole nel momento stesso in cui escono dai tuoi circuiti neuronali e arrivano alla penna, alla tastiera.. cessano di essere tue. Sono come fumo che va, va..sempre più in alto sempre più rado , fino a portare un profumo magari alla casa vicino o al cortile più in la. Un fumo che non è più il tuo. Della tua pipa, della tua sigaretta, della tua bocca.

E porta in giro un profumo che a seconda di chi lo sente è buono, sgradevole, strano,. A qualcuno evoca ricordi e pensieri. A qualcuno niente di tutto questo lo sente e basta. Qualcun altro non lo sente nemmeno tanto impegnato è a fare qualcosa mentre la vita gli scorre addosso. A qualcuno può dar fastidio.

 

Le parole non sono tue. Si, sono i tuoi pensieri che, però,  nel momento in cui li condividi, perdono di personalità e di realtà. Non puoi spiegare, o è molto difficile, a parole i tuoi pensieri.

Hai mai provato a raccontare un sogno cercando di far capire al tuo interlocutore realmente come era la storia ? E’ difficile. Molto difficile. E meno male aggiungo io. Perché acquistano di valore le tue parole nel momento stesso in cui suscitano un pensiero, un ricordo, o solo un interpretazione diversa.

E’ per questo che esistono i commenti, i giudizi, le parole degli altri. Per portarti in altri posti, in altre storie che tu potrai vivere e condividere. Ma la memoria no. Quella non la puoi condividere.

 

 

Il gatto miagola in modo quasi isterico, quasi un urlo e mi riporta a dove sono. Chissà da quanto sta chiamando da fuori sotto la pioggia. Guardo l’ora..è passata più di mezzora? Il tempo..non esiste proprio eh!

Il caffè!! Vedo la tazza. La prendo. Lo assaggio. E’ freddino.

 

Ma si! Tanto non ha importanza se è freddo o caldo, non ne ha mai avuta. Non ne ho mai fatto un dramma.

 

 

 

 

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grazie arsenio.. ti rimando al post appena...
Inviato da: paulget
il 04/10/2010 alle 12:25
 
Ogni tanto mi affaccio per vedere se c'è qualcosa di...
Inviato da: arsenio1491
il 16/09/2010 alle 10:02
 
Mannaggia...Ora non ho tempo per leggerti...
Inviato da: WhiteRevenge
il 15/09/2010 alle 22:13
 
Grazie.... Un abrazo
Inviato da: paulget
il 02/09/2010 alle 18:24
 
Per quanto riguarda il commento precedentein cui ho scritto...
Inviato da: arsenio1491
il 02/09/2010 alle 17:43
 
 

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