Una corsa in bici,nel fango ,tra le foglie morte e macere di brina mattutina,sopra rami secchi che le crepitano come arsi dal fuoco , è l’unica medicina che conosco x guarire la mia anima e mettere ordine i pensieri,come se ,attraverso la fatica ed il sudore il male d’essere sublimasse e diventasse gioia.
Corro su giù da anni per quelle strade e quei sentieri e forse ieri,non ha caso, ne ho inforcato uno nuovo che s’inerpica su x il monte ,che ti accoglie sotto una volta di querce e poi ti libera al sole in un paesaggio nuovo , sconosciuto.
Cercavo una nuova sfida da vincere per vedere se ne ero ancora capace.
Cercavo qualcosa di sconosciuto per vedere se torna a far paura a far tremare le gambe. L’istinto interiore o forse uno dei due gemellini, il meno domo ,che albergano in me a girato il manubrio verso quella salita.
Dico sempre infatti,ripensando a questi momenti, quando cerco la forza x reagire,che alla fine di ogni salita il panorama può essere solo,ed è sempre migliore di quello da cui sei partito, che vale la pena partire.
Si saliva faticosamente,tra i rami secchi e le foglie e l’amico che mi accompagnava
ha detto ; “occhio qui è terra di cinghiali”…Io mi sentivo un lupo che correva fuori da quel tunnel di querce e le gambe sembravano non sentire la fatica,il naso e la bocca cercavano aria ed assaporavano odori,fiutavano il sentiero.
Negli occhi l’immagine ,rubata,ammirata ,invidiata di quel lupo che correva tra la neve,nel frontespizio del profilo di un amica.
Le ho scritto “vorrei sentirmi come lui ,non so perché corre ,ma so che è libero”
Avevo quella voglia di correre in libertà ,di sentire l’aria che ti ferisce i polmoni,gli occhi che piangono dal freddo,la saliva che non c’è,il fiato che diventa fumo.
Vita.
Alla fine della salita piegati in due sul manubrio si riprende conoscenza con il mondo,le colline sottostanti si stanno svegliando al calore di un pallido sole, che dopo ore di attesa era riuscito a trovare un varco tra le nuvole.
Il cuore era in giro x fatti suoi tra la gola ed il petto.
Ci si rituffa nei sentieri e tra le vigne dopo un breve tratto di asfalto x pulire le ruote dall’eccessivo fango. Si scende ai bordi delle vigne, dove sono già passati dei cavalli e la terra ampiamente smossa è tutto fango ,dell’ottimo fango che impasta e guida le ruote a suo piacimento nei dolci saliscendi dei filari.
La bici ondeggia ,sbanda sembra cosa viva.
Non ho alcuna voglia di sentire quel senso di vertigine e d’ instabilità,non è la bici che lo chiede,ma tutto me stesso.
Le mani serrano il manubrio le gambe spingono sui pedali con più forza,a fatica la bici avanza nel fango,poi esce da quel pantano ed io con lei.
Fango,fatica e sudore ,medicine x il cuore e per l’anima.
La mattinata volge al termine,dovrei essere stanco ,distrutto,invece i sento più che bene.
Buona domenica .