RUGIADA

LUCE D'ERBA

 

 

« TI PARLERO' D'AMORIMPRESSIONI DI PROVENZA »

UN INCONTRO  

Post n°54 pubblicato il 20 Febbraio 2008 da aidanred

 

«Strana cosa la vita». Ora si concedeva il percorso lento di una riflessione. Non le era mai capitato,  prima di quella sera scesa troppo in fretta, di lasciare il giorno senza respiro, come quando si corre a lungo e non c’è tempo per riprendere fiato, nemmeno per sedersi a tavola  e assaporare l’arrosto fumante che t’aspetta. Un amante immolato all’amore era lì ad attenderla e si sarebbe lasciato ingoiare in ogni sua fibra, avrebbe ceduto ai suoi colpi taglienti, perché lei era così, senza tatto e alcuna diplomazia: una bestia in fuga, non di quelle che cadono in trappole o si fanno addomesticare dal primo che incontrano.

Pronta ad aggredire chiunque l’avesse toccata, aveva unghie affilate e radici ben salde ancorate ad una terra aspra e arida quanto la sua anima. «Banali, bambole senza cervello, oggetti in passerella, vendesi al miglior offerente». Ma perché la infastidivano tanto quelle pupattole da quattro soldi, lei aveva ben altro da inseguire. La carriera, lo studio, l’impegno politico e quel metterci la faccia, sempre, per difendere chiunque si fosse messo nei casini, la relegavano nel limbo neutro ai sentimenti, di chi, nonostante il vento, non perde la rotta. Lei nel cervello teneva una bussola  puntata sull’obiettivo e lo inseguiva finché non lo raggiungeva, ma solo per il piacere sottile di ripetersi dentro:«Ce l’ho fatta, a me non interessa, te lo cedo».

Sì, questa era la maschera dell’indifferenza che si era disegnata addosso diventando pelle della sua pelle, vita della sua vita.

La forchetta saltellava nel piatto e gli occhi s’erano persi nel vuoto. «Non hai appetito? Ti senti poco bene?». Sua madre era disabituata alla carezza affettuosa o alla domanda insistente.

Lei, quando rientrava,  disegnava rapide apparizioni da una stanza all’altra, inseguita dallo squillo di un telefono: filo obbligato, sospeso ad un piccolo universo, circoscritto e colmo di quotidiani doveri. Come poteva prestare attenzione? Riconoscere i veri confini di chi ti vive accanto e del mondo fuori?

«Fermati, stacca la spina, guardati in viso, il tempo passa e tu navighi in un mare piatto. Per fuggire al dolore rinunci ai lampi di gioia che sono luce nel buio». Ci aveva pensato qualche volta, di notte specialmente, quando nel letto si stringeva in posizione fetale per cercare quel poco di calore che nessuna coperta sarebbe riuscita donarle.

I sogni, le volavano dentro con ali di farfalla, in rapido volo, inafferrabili e colorati di illusorie lusinghe. La serenità, la gioia intensa consumata nell’arco di un attimo, percepibile al tatto e in ogni senso assopito, dov’era ?

La forchetta danzava nel piatto annoiato, lo sguardo fisso s’era abbandonato all’incantesimo dolce di quell’incontro.

Una giornata come tante, sveglia alle sette, un goccio di caffè buttato giù di fretta, le chiavi della macchina che non si fanno trovare, addormentate in un angolo buio della borsa, troppo carica, troppo pesante. Era scesa correndo ed aveva inciampato nella busta gialla che teneva stretta sotto il braccio: una raccomandata, una delle tante che ogni mattina doveva ricordarsi di imbucare.

L’automobile parcheggiata aldilà della strada aveva lampeggiato ubbidiente al suo familiare richiamo. Aprì la portiera  e salì meccanicamente, distratta al mondo che le girava intorno. Ingranò la retromarcia e con una rapida manovra si infilò veloce nello spazio  libero tra  la coda del traffico abituato a  quell’ora di punta.

La radio cantava Venditti…Tu sei dentro di me come l’alta marea…Le piaceva Venditti e avrebbe desiderato sentire il mare che le entrava dentro, a lambire ogni angolo del suo deserto. Tu sei dentro di me come l’alta marea… Le parole si amplificavano ad eco e si sovrapponevano alle prime notizie del telegiornale. La strada nella sua corsa a singhiozzi si restringeva per chiudersi a sacco nella curva a destra, subito dopo il semaforo. Si accese il giallo e non ci fu il tempo di pensare, freccia a destra, accelerata e …«No…, no…». Inchiodò il piede sul freno e senza capire cosa fosse successo, scese dall’automobile.

Vide, si mise le mani nei capelli. Lei lo aveva investito. Perché non le aveva lasciato il tempo per schivarlo? «Accidenti!». Il cuore le scoppiava dentro e non era un’ alta marea, era fuoco che  saliva e  stringeva la testa in una morsa  a scoppio. Lui era riverso sull’asfalto, aveva gli occhi aperti e la guardava fisso in viso.

«Cazzo, non era possibile!». Non doveva darsi tempo per pensare, ogni secondo di quella mattina di merda poteva essere buono, sì, buono per salvargli la vita. Al diavolo il cellulare. Si piegò su di lui, provò a sollevarlo. «Aiuto, cazzo, aiuto!». Un passante si fermò e chiese come fosse successo, come? Come?. Domande che presupponevano risposte, quali? Lei non ne aveva e non era il  momento quello per perdere tempo in inutili discussioni. «Mi aiuti, lo porto io al pronto soccorso, mi aiuti a caricarlo in macchina».
Lo sollevarono piano, si lamentava ma non oppose resistenza. Lo sistemarono sul sedile posteriore, piegato su un fianco.

Al diavolo gli appuntamenti. Ingranò la marcia e partì con la mano pigiata sul clacson.

Doveva correre, correre veloce.

In pochi minuti era successo l’impensabile, l’imprevedibile e quello scontro, incontro aveva deciso per lei.

La forchetta si sdraiò di fianco al bordo del piatto. Lo sguardo si fermò sul viso di sua madre e abbozzando un sorriso le disse: «Domani porterò a casa un amico, gli ho proposto di venire a vivere con noi».

«Che stai dicendo? Tu non hai amici». «Chi te lo ha detto?».

Cosa strana la vita! Il veterinario l’aveva  rassicurata, sarebbe guarito in fretta, era un bel cucciolo, un incrocio peloso di otto mesi, affamato e bisognoso d’affetto. L’indomani l’avrebbe dimesso se qualcuno si fosse preso cura di lui.       

 

 

 

    

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>> Stasera ho da raccontare... su NR di passaggio
Ricevuto in data 29/02/08 @ 18:27
Una storia...
>> MARò E CHE PACIENZ!!! su NAPOLI ROMANTICA
Ricevuto in data 03/03/08 @ 16:32
BUONGIORNO A TUTTIIII!!!!!

 
Commenti al Post:
falco58dgl
falco58dgl il 22/02/08 alle 14:55 via WEB
E' troppo lungo rispetto ai limiti fissati (ma questo lo sai). Nel merito del tuo testo, io taglierei in modo brutale tutta la prima parte. Io lo inizierei da "una giornata come tante, sveglia alle sette..." e magari recuperei qualcosa della parte iniziale con qualche rapido flashback. La seconda parte del tuo racconto è più incisiva e il lettore "vede" le scene, mentre all'inizio questo non succede. ciao. W.
 
 
aidanred
aidanred il 22/02/08 alle 19:07 via WEB
Grazie per il suggerimento, opportuno al fine della lunghezza, un po' più complicato per inserire in una scena, dal ritmo così serrato, tutte le parole chiave. Vedrò se inventarmi qualcosa. Sono commossa per la tua disponibilità. Per quanto riguarda le scelte tematiche del tuo blog, io non saprei rinunciare a nulla, sei talmente forte che se riesci a seguire ogni proposta devi continuare. Un abbraccio. Nadia
 
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