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MANTENIMENTO 2
Post n°175 pubblicato il 27 Marzo 2011 da torerodgl5
2) La reale difficoltà nell'applicazione dell' art. 156 risiede nell'esigenza di individuare un'unità di misura in base al quale valutare l'inadeguatezza dei redditi propri di un coniuge. Per molto tempo si è ritenuto che il fondamento per l'erogazione dell'assegno di mantenimento fosse la necessità di assicurare al coniuge beneficiario un tenore di vita pari o almeno simile a quello che possedeva in costanza di matrimonio. Una chiave di lettura in tal senso genera perplessità e confusione . Innanzitutto, la prima è di ordine logico - pratico: ben si sa che la convivenza ha riflessi economicamente positivi. Vi è, di fatti, la possibilità di ammortizzare le spese, di dividerle equamente. Il mantenimento di un determinato tenore di vita risulta certamente agevolato se a contribuire alle casse del nucleo familiare vi sono due soggetti, con due stipendi che si cumulano. Nel caso di separazione, certamente le spese si raddoppiano: basti pensare alla necessità, per il coniuge che non benefici della casa coniugale, di cercarsi una nuova sistemazione, e le relative spese per l'affitto e per la gestione dell'alloggio. E' scontato che in situazione simile, caratterizzata da un sicuro aumento delle spese, non sarà facilmente ipotizzabile la possibilità di mantenere lo stesso standard di vita che si aveva in regime di comunione. Ciò vale per entrambi. In questa analisi, non si può non notare come sarebbe impensabile nonché penalizzante per il coniuge obbligato assicurare al coniuge beneficiario lo stesso "tenore di vita" che si aveva durante il matrimonio. Va anche ipotizzato il caso in cui i coniugi, in costanza di matrimonio, avevano un tenore di vita eccessivo rispetto alle proprie possibilità: anche in questo caso sarebbe umiliante imporre al coniuge obbligato la conservazione al coniuge beneficiario del tenore di vita preesistente alla separazione/divorzio, proprio perché eccessivo né il caso inverso, sent. n. 7614/2009. Le definizioni "mezzi adeguati" nella legge sul divorzio e "adeguati redditi propri" negli articoli del codice civile sulla separazione, introducono concetti del tutto simili, nonostante vi sia una sostanziale differenza tra separati e divorziati, che si traduce nel riacquisto per questi ultimi dello status libero ed il conseguente venir meno di ogni obbligo tra i coniugi, salvo quello relativo all'assegno. Da ciò si deve dedurre che l'articolo di legge in esame non può essere interpretato con l'ottica di garantire al coniuge debole una rendita perpetua essendo il concetto di adeguatezza nel divorzio strettamente legato alla capacità di procurarsi mezzi propri ovvero alla detenzione di un patrimonio personale. Analogamente alla separazione, i mezzi adeguati sono quelli che derivano dall'attività lavorativa del coniuge bisognoso o dai redditi di capitale, denaro o beni immobili o da ogni altra utilità suscettibile di valutazione economica.
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- sostenitore del partito : ITALIA DEI VALORI
- laureando in giurisprudenza presso l' Università di Salerno
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Sono molto determinato sulle cose che faccio.. Cerco sempre di trovare una logica nei ragionamenti,nei problemi della vita. Voglio pensare in positivo, non posso perdermi nella mentalità OTTUSA di chi non vuole cambiare in meglio le cose.
Ho sempre combattuto per qualsiasi cosa, e non ho nessuna intenzione di sporcare la mia correttezza morale e politica con comportamenti IMMORALI.
- Settembre 2006 / Giugno 2007 vincitore del progetto imprenditoriale promosso dall' associazione IGS Campania, coofinanziato da Confindustria.
- il 15 Giugno 2010 partecipazione al primo corso di alta formazione politica a Benevento, promosso dalla Fondazione Magna Carta, ed il Partito Popolare Europeo ; coordinato dall' On. Erminia Mazzoni.
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Giurisprudenza - Laurea Magistrale
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Liceo Scientifico A. Einstein ( Ischia- Napoli) e
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