**** CERCANDO POLARIS ****
Ulisse, Ulisse, Ulisse e ancora Ulisse.
Come si fa a dimenticare il tuo nome?
Come si sfilano al telaio sei lettere
per inventare nuovi sentieri?
Ulesis o Selius o Liseus, forse?
A tutto ero preparata
ma non al buio della notte sopra una distesa di mare.
“Insostenibile pesantezza dell’essere”avrebbe scritto Kundera.
Ero pronta a dominare maestra e mezzana,
placare con audacia i morsi della fame mordendone la cima,
sorseggiare con avarizia l’acqua degli dei,
ammaestrare il guizzo dei pesci nell’ordito delle reti,
ma non ero preparata alle ombre di Poseidone.
Selene non ne penetra la foschia
e non bastano tutte le fiaccole del tempio di Artemide
per lumeggiare questo buio secondo solo all’Erebo.
Nel fumo della notte,
i ricordi spalancano la porta degli inferi,
Persefone danza al suono di una cetra
e Morfeo non dispiega le ali per rapire i miei sogni.
Tutto ronza ossessivo dentro la mia testa,
sotto i riccioli corvini aspri di salsedine.
Dove sono le mie ancelle
che al tramonto di Helios
spargevano profumi sul mio corpo?
E il canto di Ericlea
che cullava Telemaco per placarne il pianto?
E’ un uomo, Telemaco,
forgiato con il fuoco dei Titani,
ma il suo cuore fanciullo
reggerà all’esilio d’una madre amorosa?
Saprà comprendere le mie ragioni?
Saprà libare sidro sopra il suo dolore,
davanti ai miei telai orfani d’amore?
Il rumore sordo delle armi interiori
soffoca cupo le lacrime invisibili,
mi tendo come il tuo arco, Ulisse,
per decidere di vivere o morire.
Basterebbe ruotare la barra del timone,
farmi una ragione di rassegnazione,
invocare Atena per resistere all’indifferenza,
invertire la rotta e tornare ad Itaca.
Polaris brilla, ne percepisco appena la luce,
lacera il velo del tempio,
fende la mia incertezza,
mi sospinge avanti.
Proseguo.
Ho virato di 20°,
ora vedo Polaris con la coda dell’occhio destro,
direzione nord-ovest, verso le sponde italiche.
Cerco la mia Itaca, Ulisse.
Paenelopees
" Se cerchi Polaris non guardare il cielo,
guarda te stesso."