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Personaggi storici: Vlad Tepes

Post n°12 pubblicato il 07 Giugno 2009 da Irina.Turcanu
 

La storia

Vlad III Dracul è stato voivoda della Valacchia (Ţara Românească) in tre volte distinte: 1448, 1456-1462, 1476. Nato nel 1431 ca., egli è membro della famiglia Basarabi e nipote di un altro grande voivoda romeno, Mircea cel Bătrân (Mircea il Vecchio). A quel tempo, i principi romeni erano vassalli diretti del re ungherese, inoltre, erano responsabili della protezione dei confini per ciò che riguarda il commercio e le vie commerciali tra la Valacchia e la Transilvania per contro della Chiesa Romano-Cattolica.

Momento cruciale nella vita di Vlad III è il periodo trascorso in Turchia come ostaggio per motivi politici, assieme a suo fratello Radu. È in questo frangente della sua vita che sviluppa una pessimistica visione della vita. Liberato dai turchi in concomitanza con la morte del padre, assassinato da Vladislav II, egli apprende il modo in cui è stato ucciso il fratello maggiore, Mircea, ossia le torture e il seppellimento mentre era ancora vivo. Un gesto crudele eseguito da alcune famiglie di nobili della capitale, Târgovişte.

All’età di 17 anni, 1448 ca., Vlad, sostenuto dall’armata turca, cerca di conquistare il trono della Vlacchia, ma un altro pretendente, Vladislav II, ha la meglio. Per preparare una nuova spedizione  alla conquista del trono, Vlad deve attendere il 1456. Nel mentre, egli riesce a vendicare la morte del padre.

Il 1456 segna l’inizio del suo principato più lungo, sei anni. È durante questo periodo e grazie ad alcuni gesti sanguinosi che Vlad III acquista la sua celeberrima reputazione.  Il primo gesto, di una lunga serie, è la punizione a carico degli assassini paterni. Egli cattura le famiglie dei nobili implicati nell’assassinio e, dopo aver impalato alcune di esse, obbliga, le restanti, a marciare da Târgovişte a Poenari (circa 100 km). Ai pochi superstiti del supplizio fu ordinato di costruire una fortezza sulla riva dell’Argeş, luogo in cui la maggior parte di essi trovarono la morte, permettendo così al principe Vlad di creare una nuova “coltre” nobiliare.

Vlad III è diventato noto per la sua smisurata brutalità, spesso richiedeva pene terrificanti per i nemici e i fuorilegge. Essi venivano bolliti, fritti, spellati, decapitati, acciaccati, bruciati, impiccati, sepolti vivi oppure impalati. Aveva altresì la passione per il mozzare nasi, orecchie, lingue, organi sessuali, ma il metodo preferito rimaneva l’impalare; da qui il soprannome Ţepeş (ţeapă, in romeno, pronunciato anche: ţapă, ossia palo).

Nel 1462, Vlad tenta una fortunata, benché insolita, invasione dei territori turchi, lungo il Danubio. I turchi, con armate migliori e numericamente superiori, vengono sconfitti e terrorizzati dalla brutalità del voivoda. Mehmed, il sultano, parte per una nuova offensiva, munito da un’armata tre volte superiore a quella del principe romeno. Vlad, in queste condizioni e senza alleati, decide di ritirarsi nella capitale, avvelenando le fontane e bruciando i villaggi dietro di sé. Quando il sultano, assieme alla sua armata, giunge a Târgovişte, assettati e affamati, il panorama che lo attende è a dir poco macabro. Le teste di 20.000 turchi giacciono trafitte dai famosi pali di Vlad proprio nella piazza della capitale. Scena rimasta nella storia come la “foresta di Ţepeş”.  Un’ottima tecnica, in quanto il sultano decide la ritirata delle truppe.

Una vittoria di breve durata, perché il sultano Mehmed rilancia l’offensiva, questa volta con l’aiuto di Radu, il fratello di Vlad (il preferito dei turchi sul trono valacco). Radu insegue Vlad fino al castello di Poenari, sulla riva dell’Argeş. Conforme alla leggenda, è qui che la moglie di Vlad si suicide gettandosi dagli scogli (scena del film di Coppola). Vlad, invece, si salva grazie ad un passaggio segreto nella montagna. Con l’aiuto di alcuni contadini raggiunge un villaggio e poi parte per Transilvania, dove viene accolto con poco piacere da Mihai Corvin, il quale lo imprigiona.

Vlad rimarrà per dodici anni in Ungheria, mentre suo fratello Radu, burattino dell’impero otomano, governerà in Valacchia. Lì, per rientrare nelle grazie della famiglia regale, sposerà la sorella del re e passerà al cattolicesimo. Nonostante questi cambiamenti, egli rimarrà comunque lo stesso Vlad Ţepeş.

Nel 1476, Vlad, con l’aiuto della Moldova e Transilvania, riprende il trono, solo per qualche mese, essendo assassinato dai turchi e la sua testa portata a Costantinopoli  come prova della sua morte.

Il mito del vampiro, o meglio del bere il sangue delle sue vittime

Leggende locale tramandano un insolito modo di dire di Vlad in occasione di un impalo: il sangue versato dei nemici lo rendeva più forte. Mi astengo dall’analisi della frse, lasciando a voi le ipotesi migliori.

Etimologia parola “Dracul”

In primo luogo, Dracul, appellativo accanto al nome del padre di Vlad, è un titolo nobiliare, offerto ai valorosi condottieri romeni. Questi solevano portare al collo un pendaglio con l’immagine di un dragone, segno di appartenenza all’ordine. Vlad eredita questo titolo nobiliare e grazie alla sua sanguinosa indole, si presume, non sia stato difficile trasformare il titolo in un significato carico di forze negative. Draculea, Dracula, Figlio di Dracul, significa anche, in una traduzione di significato, il figlio del diavolo.

In secondo luogo, va osservato che in lingua romena le parole “dracul” -diavolo- e “dragonul” - dragon - (Drac – dragon; senza articolo) presentano, dal punto di vista fonetico, una certa somiglianza. La parola “dragon” non faceva parte del lessico comune dei contadini, mentre “dracu” (demonio, diavolo) sì. Si presume che la sostituzione del primo vocabolo con il secondo sia avvenuta in modo naturale nelle rudi bocche dei contadini. Da qui Draculea o Dracula, ossia il figlio di Dracul.

L’uso dell’aglio

L’abitudine a utilizzare l’aglio come rimedio contro gli spiriti maligni, non sembra avere radici in Romania. Secondo Lewis Spence, gli antichi egizi utilizzavano già questa tecnica per scacciare gli spiriti che di notte succhiavano la vita ai bambini.

In Romania, durante la notte di Sant’Andrea (Sfântul Andrei – 30 novmbre/1 dicembre), quando le porte dei due mondi eterni, paradiso e inferno, si aprono, alcuni spiriti riescono a sfuggire penetrando nel mondo dei vivi. Per tenere lontani questi spiriti, i contadini romeni usavano, oltre all’aglio, anche rami di alberi verdi oppure foglie di crescione.

 
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Chi sono - Irina Turcanu

Sono nata in Romania, dove ho vissuto fino al 2002, trasferendomi successivamente in Italia. Romania e Italia, sono diventati due paesi molto importati per me, per questo vorrei fungere da minuscolo ponte tra di essi, aiutarli a comprendersi a vicenda.

Laureata in Filosofia presso l'Università di Milano, lavoro come corrispondente di zona ad un giornale provinciale, Libertà,  e mi diletto a scrivere poesie e romanzi.

Home page: www.irinaturcanu.com

 

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