Creato da PapaveriSparsi il 26/04/2010

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Sette

Post n°21 pubblicato il 20 Marzo 2012 da PapaveriSparsi

 

La cartomante girava i tarocchi lentamente.
Il mazzo era contenuto a stento dalle piccole mani colme di anelli e mentre i capelli nerissimi ondeggiavano sulle spalle e sulla scollatura profonda, sfiorando la pelle bianca, le parole uscivano dalla bocca come sentenze, aspre di una voce fumosa.
"Lei è un uomo conteso da più donne, senza dubbio una prevale, ma non è la donna giusta. Troppe complicazioni. Vedo che è legata da un vincolo di matrimonio. E ci sono figli....Tra poco accadrà qualcosa che..."
Non riusci a terminare la frase che lui si alzò, ringraziò con un sorriso cortese e si domandò come mai in quel bar dove ogni giorno si fermava a prendere un caffè uscito dallo studio, il titolare si ostinasse a offrire ai clienti la lettura delle carte del martedì.
Sarebbe anche potuto essere divertente se la signora si fosse ricordata dei vari clienti, cambiando un po' le previsioni, dato che diceva sempre a tutti le stesse cose. 
Prese l'ombrello ed uscì.
Aveva smesso di piovere e decise quindi di andare a casa a piedi.
Voleva passare di nuovo davanti a quel negozio, a quella vetrina che gli aveva riflettuto una emozione e cercare di riviverne il ricordo, come se si trattasse di un fatto accaduto secoli prima e non il giorno precedente.
Le strade erano animate dalla solita confusione di tutti i tardi pomeriggi, quando la gente esce dagli uffici e si precipita a casa come se la città non potesse offrire altro che mura, spazi dentro i quali rinchiudersi di continuo, gusci dove liberarsi, senza interrogarsi mai se quella fosse una fuga all'inverso, che ci proietta dentro e non fuori, come topolini impazziti che cercano una gabbia per sentirsi al sicuro.
Lui non era affatto un uomo conteso da più donne.
I suoi amori erano talmente lontani nei suoi ricordi da sembrare quasi non vissuti, frutto solo di sviste di gioventù o intermezzi poco significativi. Si era chiuso anche lui tra le mura della razionalità e del timore del fallimento, senza nutrire il cuore di brezza fresca.
Ricordava bene come lo aveva sentito battere nel petto, come un cavallo imbizzarrito di fronte alla prateria meravigliosa che poteva offrire il corpo nudo di una donna, la sua prima donna.
Aveva percorso quella pelle con una energia sconosciuta, con l'affanno ribelle della sua adolescenza, della sua vitale scoperta del mondo, della vita.
Aveva respirato i sospiri di lei come una linfa, un carburante che alimentava una frenesia incontrollabile, con gli occhi spalancati sui morsi dell' incredulità che provava. Si sentiva finalmente maschio, compiuto.
Ma era stato dopo, nel tempo, che aveva capito che le sensazioni si possedevano ad occhi chiusi, sfiorando, sussurrando, baciando. E che l'amore si apre quando noi bussiamo, non quando violiamo uno spazio, quando pensiamo di farlo nostro solo perchè lo vogliamo.
Spesso si era sentito inadeguato. Come un essere minuscolo di fronte ad un mare profondo e sconosciuto, pronto a travolgerlo in un attimo.
E di fronte a quell'orizzonte ondoso si era fermato molte volte, aveva preferito arretrare, non farsi coinvolgere, rimanere sulla superficie, veleggiare quasi senza vento.
Aveva costeggiato l'amore senza approdarvi, senza abbandonarsi ad esso, lasciando il timone alla paura di lasciarsi andare.
E queste riflessioni lo angosciavano, lo rendevano ancora più fragile, più insicuro.
Improvvisamente perse ogni pensiero.
I passi lo avevano silenziosamente condotto di fronte ad un nuovo orizzonte.
Lei era lì, dall'altro lato della strada, davanti allo stesso negozio, con le onde dei capelli color miele sul nero del trench e lo sguardo contro la vetrina.
Rimase a guardarla, fermo. Un sorriso gli illuminò gli occhi.
Poi abbassò un po' la tesa del cappello e attraversò la strada.
Aveva bisogno di respirare quel mare.

 

 

(continua...)

 

 
 
 
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