Essere e pensiero
E' stato già scritto tutto, per fortuna non tutto ancora pensato.
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Post n°42 pubblicato il 23 Ottobre 2006 da pensieroinespresso
Prima di analizzare il pensiero etico di alcuni filosofi del Novecento, che maggiormente esprimono le istanze dell'uomo contemporaneo, secondo le linee tracciate nel messaggio precedente, a cui rinvio, vorrei analizzare un aspetto della riflessione di Platone (Atene, 428/427 a.C - 347 a.C.) che, a buon diritto, può essere considerato fondamento di ogni etica e condizione della sua stessa possibilità. Platone opera una vera rivoluzione della tradizionale credenza greca, secondo la quale sarebbero gli dei e la Necessità a decidere il destino dell'uomo. Nelle ultime pagine del dialogo la Repubblica, egli ci regala uno dei suoi miti più belli, il mito di Er. Er, figlio di Armenio di Panfilio, morto in combattimento e rimasto sul campo di battaglia per dieci giorni, quando viene adagiato sulla pira per essere cremato, ritorna miracolosamente a vivere. Egli era stato scelto dagli dei per andare nell'aldilà ad assistere alla scena che precede la reincarnazione delle anime nei corpi mortali: la sua missione doveva essere quella di raccontare agli uomini, al suo ritorno, quello che aveva appreso. Er, infatti, inizia il suo racconto, dicendo di aver visto le anime, dopo la morte, libere di scegliersi il destino futuro, avendo a disposizione vite di ogni tipo in cui incarnarsi. I "paradigmi delle vite", i modelli di ogni possibile esistenza, stanno in grembo alla Parca Làchesi, figlia di Necessità; ma essi non sono imposti, bensì solo proposti alle anime, e la scelta è interamente consegnata alla libertà delle anime stesse. L'uomo non è libero di scegliere se vivere o non vivere, ma è libero di scegliere come vivere dal punto di vista morale. La scelta fatta da ciascuno viene poi suggellata dalle altre due Parche, Cloto e Atropo, e diventa così irreversibile. Le anime, a questo punto, dimenticano, bevendo la dimenticanza nelle acque del "fiume della dimenticanza" (il fiume Amelete) e poi sono pronte a calarsi nei corpi per realizzare la vita prescelta. Non è, quindi, un dio a scegliere la sorte dell'anima, ma l'anima stessa, che non sceglierà a caso, ma sulla base dell'esperienze e delle conoscenze accumulate nelle vite precedenti. Il nuovo cammino che l'uomo sceglie è legato ai percorsi precedentemente svolti ed alla loro qualità ed è espressione di ciò che egli è e di ciò che ha voluto essere. Una scelta adeguata sarà la conseguenza di una vita adeguata, fondata sulla conoscenza e sulla consapevolezza del bene. Il bene determina nuovo bene e indica la strada di una vita felice. Il mito platonico di Er costituisce, pertanto, la più alta affermazione della responsabilità individuale, formulata nel momdo antico. Essa è la base di ogni etica della responsabilità e costituisce la possibilità della sua stessa fondazione (nel messaggio successivo vorrei tracciare le linee essenziali di una delle più importanti teorie etiche della "responsabilità" del Novecento...non rivelo il nome dell'autore...per creare un po' di "suspence" ...rido, naturalmente). A questo punto propongo, per la lettura, il passaggio fondamentale del discorso platonico: "La virtù non ha padrone: secondo che ciascuno la onori o la disprezzi, avrà più o meno di lei. La responsabilità è di chi sceglie. Il dio è innocente." Platone, Repubblica, X, 617 e, p.451
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