Essere e pensiero
E' stato già scritto tutto, per fortuna non tutto ancora pensato.
« La virtù non ha padrone... | Platone e la "sogliola"... » |
So che la "suspence" sta aumentando insopportabilmente, nell'attesa che io parli di "J", annunciato nei due messaggi precedenti (rido da solo), ma voglio sadicamente che essa lieviti ancora.
E allora ecco di nuovo Platone, sempre "trendy" (chiedo scusa al Maestro) e affascinante, che delinea, con la bellezza suggestiva del mito che dà forza al logos (ragione), i tratti essenziali di Eros, slancio vitale, Desiderio ed Amore del Bello e del Bene (cfr. messaggio precedente).
Secondo Platone, due sono le energie che spingono l'uomo oltre i limiti della propria finitezza, consentendogli di trascendere i confini angusti del mondo sensibile: il Logos (la Ragione) ed Eros (l'Amore).
Diverse sono le modalità del loro procedere: la Ragione è la via "logica" verso l'Assoluto (da ab-solvo, ossia ciò che è sciolto, libero da ogni limite); Eros è la via "alogica" verso l'Assoluto. La Ragione è energia graduale e dialettica; Eros, invece, è energia che dà all'uomo le ali e lo solleva d'impulso verso il mondo del bello e del bene. Il Bello, secondo Platone, è armonia, misura, proporzione ed è profondamente legato al Bene. Si potrebbe dire che il Bello è il Bene nel suo manifestarsi.
Modalità diverse di procedere, quelle della Ragione e di Eros, ma inscindibilmente connesse: la ragione umana non può procedere senza la passione che la stimola, la spinge sempre oltre e la sorregge strutturalmente.
Eros è l'altra faccia della Ragione e della Dialettica.
Splendide sono le pagine dedicate da Platone ad Eros, nel dialogo il Simposio, unanimamente riconosciuto come un capolavoro assoluto, non solo di Platone e della letteratura greca, bensì della letteratura di tutti i tempi e di tutti i Paesi, composto da Platone nel fiore dei suoi anni, ossia nel corso dei suoi anni quaranta (fra il 387 e il 377 a.C.), nel momento magico delle sue energie creative.
Eros è il vero filosofo. Non è un Dio, che possiede pienamente bellezza, sapienza e bontà. Ma un essere intermedio, mediatore fra Dio e gli uomini, un "daimon" che spinge l'uomo verso il Bello e il Bene. La sua natura non consiste nel "possedere", ma solo nel "tendere verso", in una ricerca sempre aperta, che non si appaga di alcuna meta raggiunta, perchè appagarsi vorrebbe dire irrigidirsi nell'illusoria presunzione di sapere. Solo chi sa di non sapere, diceva Socrate, cerca di sapere e trova in sé lo stimolo incessante verso la ricerca.
Eros, quindi, viene presentato come desiderio di ciò di cui si sente la "mancanza". Amare vuol dire desiderare e desiderare vuol dire volere e si desidera e si vuole solo ciò che non si ha, solo ciò di cui si è mancanti.
Solo all'uomo, quindi, è dato di amare, perché il suo essere è strutturalmente "mancante". A Dio non è dato di amare, perchè il suo essere è strutturalmente non "mancante" di nulla, ma pieno nella sua perfezione assoluta e in essa ripiegato. Il Dio greco non crea. La creazione è un concetto totalmente estraneo alla cultura greca e la materia, pertanto, è considerata dai greci eterna. Un Dio che non crea, non provvede, né ama la realtà da lui non creata. E' evidente come il Cristianesimo, introducendo il concetto di creazione, possa, di conseguenza, parlare di un Dio Amore e Provvidenza.
Ritornando ad Eros, Platone, nel dialogo il Simposio, su citato, attraverso uno splendido mito, ci mostra come la natura di Eros derivi dalla fusione sintetica della natura opposta dei suoi genitori.
Eros è figlio di Penìa (Povertà) e di Pòros (Espediente). La madre, Penìa, è espressione della "mancanza". Il padre, Pòros, è espressione della capacità di acquisizione e dell'espediente per ottenere. Eros è sintesi di queste opposte nature: tendenza ad acquisire il Bene di cui è mancante, ma che ardentemente desidera, in tutti i sensi e a tutti i livelli.
Propongo, per la lettura, il brano del Simposio in cui Platone, attraverso Socrate che parla, descrive la nascita di Eros e la natura dei suoi genitori.
* * *
"Quando nacque Afrodite, gli dei tennero un banchetto, e fra gli altri c'era Poros (il dio dell'Espediente) figlio di Metidea (Sagacia). Ora, quando ebbero finito, arrivò Penia (Povertà) per mendicare qualcosa, siccome era stata una gran festa, e se ne stava vicino alla porta. Poros intanto, ubriaco di nettare (il vino non esisteva ancora), inoltrandosi nel giardino di Giove, schiantato dal bere, si addormentò. Allora Penia, a causa della sua povertà, pensò bene di avere un figlio da Poros, giacque con lui e concepì Eros.
Per questo, Eros divenne compagno e seguace di Afrodite, perché fu concepito il giorno della sua nascita, ed ecco perchè di natura é amante del bello, in quanto anche Afrodite é bella. Dunque, come figlio di Poros e Penia, ad Amore è capitato questo destino: prima di tutto è povero sempre, ed é tutt'altro che bello e delicato, come ritengono i più...perchè ha la natura della madre coabita sempre con la povertà.
Per ciò che riceve dal padre, invece, egli é...coraggioso, temerario, impetuoso...appassionato di saggezza, pieno di risorse, filosofo per tutta la vita....E per sua natura non è né mortale né immortale, ma, in uno stesso giorno, talora fiorisce e vive, se tutto va bene, talora, invece, muore, ma poi torna in vita, a causa della natura del padre. E ciò che acquista gli scorre via dalle mani, sicché Eros non è mai né povero né ricco."
Platone, Simposio,
203 b,c,d,e
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