Creato da corrr il 15/06/2007

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Memoria labile: i fascisti ci riprovano

Post n°3 pubblicato il 14 Gennaio 2008 da corrr
Foto di corrr

Il comitato promotore:: C’è la “voce identitaria” della comunità perugina. C’è un polemista che pubblica per l’Insegna del Veltro di Claudio Mutti. Ci sono diversi camerati del Movimento Nazional-Popolare. L’autore del best-seller “Omaggio alla Rsi”, il curatore del Calendario della memoria coi nomi di 378 caduti della Repubblica sociale. Stimati docenti universitari dell’Associazione Amici del Tricolore. Ex parà responsabili della cultura nel fu Msi, animatori della Fondazione Evola. Avvocati che su mandato di Luca Romagnoli hanno fatto causa a Pino Rauti. Organizzatori di concerti di rock identitario, volantinatori dei mercati generali. C’è Paolo Signorelli, l’ideologo del socialismo nazionale, già militante di ON e del Fronte Sociale, rinviato a giudizio per la strage di Bologna (successivamente assolto per non aver commesso il fatto) e condannato nel 1988 per “banda armata”. C’è Antonella Ricciardi, singolare figura di giornalista-pubblicista, con articoli sparsi dal “Corriere di Aversa” a “Orion” e “Ordine futuro”, con al suo attivo interviste a personaggi del calibro di Erich Priebke, Adriano Tilgher, Roberto Fiore, Alessandra Mussolini, Stefano Delle Chiaie, Costranzo Preve. Un dirigente dell’Ugl,  un organizzatore di feste d’area in quel di Ostia, un neoborbonico, un avvocato ex-balilla, l’autore dei sei tomi “Benito Mussolini l’uomo della pace”. Candidati di Alternativa sociale, reduci della Decima, diversi firmatari dell’appello in favore della libertà d’espressione dello storico negazionista Robert Faurisson. C’è Giano Accame, repubblichino, giornalista, redattore de “Il Borghese”, relatore al convegno dell’Istituto Pollio del 1965 con una tesi sulla controrivoluzione dei colonnelli greci, direttore di “Area” con Alemanno. C’è Sergio Tau, regista televisivo con sintomatici interessi per la storia saloina ed autore – con Accame – di una collana di dvd sugli intellettuali di destra. C’è Claudio Mutti, professore, editore, fascista rosso, autore di “Nazismo e Islam”. E rocker appartenenti alla Milizia di San Michele Arcangelo.

Si definiscono “un gruppo di cittadini di varia estrazione politica e sociale (!), studiosi della storia e della cultura”. Si sono autoproclamati “Comitato promotore Foggia città martire” (e non c’è neppure un foggiano). Chiedono che la città diventi simbolo della barbarie anglo-americana e Alleata. Chiedono un giorno – il 20 ottobre – per celebrare l’evento.
Ma se gli si domanda se per caso sono fascisti cominciano a girare in tondo come un dirigibile, o scartano di lato, deragliano su argomenti paralleli, tacciono fintamente disinteressati, fintamente superiori; o ansiosi rinfacciano all’interlocutore i silenzi sulle repressioni sovietiche degli anni Trenta o sulle foibe titine. In perfetto stile Rai Fiction.

Fascisti timidi:: Nell’estate del 1943 Foggia subì una serie di pesanti bombardamenti. È indiscutibile. Sotto le bombe e i mitragliamenti a bassa quota caddero moltissimi civili. Le cifre ufficiose, accettate come ufficiali dalla pigrizia intellettuale e dal conformismo politico di più d’una generazione di storici di professione, parlano di oltre 20mila morti. In realtà, di pari passo col dilettantismo della ricerca (molti nuclei familiari accorpati alla cifra finale del massacro risultarono in realtà semplicemente sfollati e mai cassati dall’elenco presunto), gli eventi del ’43 hanno segnato – da sempre – il cavallo di battaglia di tutte le destre cittadine. La continua, costante, reiterata richiesta di riconoscimenti che dal Msi in poi ha contrassegnato negli anni schiere di neofascisti foggiani, non poteva che nascondere propositi riabilitativi. Sancire per decreto che anche gli altri, i “vincitori”, erano crudeli quanto i “vinti”, assegnava patenti di legittimità anche ai nostalgici del duce.

Ecco perché l’elenco di città martirizzate è rigorosamente italiano. Niente Etiopia, niente Jugoslavia. Gli alleati – per costoro – sono ancora tali solo tra virgolette. E non c’è nessuna responsabilità storica da accollare al fascismo dominante. Segni inequivocabili di revanscismo, piccole pose da guerrieri dell’onor perduto. Immersi nell’acido liquido della vischiosa propaganda qualunquista. Rintracciabili in controluce, come spie di un contrattacco complicato da affrontare. I fascisti ci stanno riprovando. E nel piattume di contorno, non è detto che non ci riescano. Del resto, se Foggia è medaglia d’oro al valor militare per non meglio circoscritti meriti resistenziali, è altrettanto possibile che diventi città simbolo dei vecchi e dei nuovi nostalgici. Un po’ come Hiroshima, come Dresda. Simbolo della violenza criminale degli anglo-americani come Coventry lo fu del terrore nazista. E tutti ad annuire. Come se la violenza fosse un elemento addizionale della guerra, e non il suo principale argomento dialettico. Come se il semplice esercizio della vendetta, della ritorsione, della carneficina non fosse equamente distribuito, allo scatenarsi degli istinti privati.
È dibattito usurato: in guerra vince chi fa più danno al nemico, senza scrupoli di sorta. Le ragioni e i torti risiedono altrove. Il codice etico è un optional. E che siano i fascisti a sventolarci purezza sotto il naso è altamente ironico. Oltre che offensivo.

 
 
 
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