Creato da perestico il 20/09/2008

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Padre

Post n°40 pubblicato il 14 Luglio 2009 da perestico

Si parlava di fronte ad un caffè.  Doveva essere un incontro di lavoro, ma per qualche motivo si è caduti su altri discorsi.  Divagando sul senso della famiglia e sul rapporto con i figli, qualcuno di noi ha detto queste parole riferendosi ai propri bambini:

"...ci sono cose a cui hai tenuto tutta la vita e quando finisco nelle loro mani vengono distrutte, ma tutto quello che sino a quel momento ti sembrava importante, passa in secondo piano."

Ho prima pensato alle cose a cui tengo, come, per sempio, gli orologi, e, poi ho pensato alle cose a cui poteva tenere mio padre che io ho distrutto.

 

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Commenti al Post:
sonoquiperte_f
sonoquiperte_f il 15/07/09 alle 09:53 via WEB
nulla di quello che abbiamo alla fine è cosi importante...tranne l'amore che ci trasmettono i genitori...
 
nuoreallariscossa
nuoreallariscossa il 12/08/09 alle 09:27 via WEB
PER MIO PADRE ERA FONDAMENTALE IL SUO LAVORO..CHE ORA CHE NN C'è + è PASS A NOI FIGLIE..QUESTO DEVO FARE ATTENZIONE A NN DISTRUGGERE...
 
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Silvia, rimembri ancora
quel tempo della tua vita mortale,
quando beltà splendea
negli occhi tuoi ridenti e fuggitivi,
e tu, lieta e pensosa, il limitare
di gioventù salivi? 

 

Sonavan le quiete
stanze, e le vie d'intorno,
al tuo perpetuo canto,
allor che all'opre femminili intenta
sedevi, assai contenta
di quel vago avvenir che in mente avevi.
Era il maggio odoroso: e tu solevi
così menare il giorno. 

 

Io gli studi leggiadri
talor lasciando e le sudate carte,
ove il tempo mio primo
e di me si spendea la miglior parte,
d’in su i veroni del paterno ostello
porgea gli orecchi al suon della tua voce,
ed alla man veloce
che percorrea la faticosa tela.
Mirava il ciel sereno,
le vie dorate e gli orti,
e quinci il mar da lungi, e quindi il monte.
Lingua mortal non dice
quel ch’io sentiva in seno. 

 

Che pensieri soavi,
che speranze, che cori, o Silvia mia!
Quale allor ci apparia
la vita umana e il fato!
Quando sovviemmi di cotanta speme,
un affetto mi preme
acerbo e sconsolato,
e tornami a doler di mia sventura.
O natura, o natura,
perché non rendi poi
quel che prometti allor? perché di tanto
inganni i figli tuoi? 

 

Tu pria che l’erbe inaridisse il verno,
da chiuso morbo combattuta e vinta,
perivi, o tenerella. E non vedevi
il fior degli anni tuoi;
non ti molceva il core
la dolce lode or delle negre chiome,
or degli sguardi innamorati e schivi;
né teco le compagne ai dì festivi
ragionavan d’amore. 

 

Anche perìa fra poco
la speranza mia dolce: agli anni miei
anche negaro i fati
la giovinezza. Ahi come,
come passata sei,
cara compagna dell’età mia nova,
mia lacrimata speme!
Questo è il mondo? questi
i diletti, l’amor, l’opre, gli eventi,
onde cotanto ragionammo insieme?
questa la sorte delle umane genti?
All’apparir del vero
tu, misera, cadesti: e con la mano
la fredda morte ed una tomba ignuda
mostravi di lontano.

 

 
 
 

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