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Scrive Nefertari:
Da me tutto bene, nel mio paese tutto va bene, che tutto possa andar bene da te, sorella mia; possano il dio Sole d'Egitto e il dio della Tempesta di Hatti portarti gioia. I1 dio Sole faccia sì che la pace sia buona fratellanza al Gran Re di Hatti.
Veduta delle Piramidi di Cheope, Chefren e Micerino da satellite
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Post n°14 pubblicato il 04 Luglio 2007 da Tutankh_amon
HATSHEPSUT UNA DONNA SUL TRONO DEI FARAONI Hatshepsut, nata intorno all’anno 1495 prima di Cristo, appartenente all’VIII dinastia, figlia primogenita di Tutmose I e della grande sposa reale Ahmes viene allevata dal padre come sua futura erede al trono; ma quando una concubina gli da un figlio maschio, Thutmose si vede costretto – per non frustrare del tutto le proprie ambizioni nei confronti della figlia adorata – a darla, secondo tradizione, in sposa al fratellastro. Un giovane inetto e forse ritardato col quale la fanciulla da alla luce due bambine: Neferurà e Meritrà. Alla morte di Tutmose, Hatshepsut al fine di attuare i propri disegni, ricorre ad un abile stratagemma: con la complicità dei sacerdoti di Amon fa pronunciare dal dio alcuni oracoli che la proclamano frutto della teogamia di Amon – che avrebbe temporaneamente assunto le sembianze del padre nel talamo nuziale di Ahmes – per tale ragione la figlia del dio ha ogni diritto di cingere il diadema e, seppure con cerimonia abbreviata, Hatshepsut assume il cosiddetto nome “del trono di Maatkara”. D’ora in poi e per oltre vent’anni il suo nome apparirà sempre accanto a quello del nipote in una coreggenza per la quale viene forgiato il nome di Paar e dalla quale deriverà la parola Faraone, con la quale verranno da allora designati tutti i sovrani dell’Antico Egitto. Per ulteriormente rafforzare la propria posizione e saldare ancora meglio i legami col nipote, gli darà tra l’altro in spose le due figlie. Della sua morte nulla si sa. La si desume dal fatto che, ad un certo punto, e precisamente dopo ventitre anni di regno, il nome di Thutmose comincia ad apparire unico nelle iscrizioni. In seguito il clero di Osiride portò a termine una minuziosa quanto sistematica damnatio memoriae scalpellando le sue immagini, il suo nome e quelli della sua gente da ogni vestigia pubblica. Tuttavia il ricordo di questa grande e operosa regina è riuscito ad arrivare sino a noi e a rivelarci le sue imprese e i casi davvero notevoli della sua ascesa al trono, nella quale Hatshepsut giunse persino a rivestire i panni di un uomo e della figlia eletta di un dio. Corriere della Sera, giovedì 28 giugno 2007 |
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