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Creato da: zeirf il 16/01/2006
Frammenti ai Margini dell'Anima

 

 
« Giorno di SangueModellatrice di Pensieri »

Minaku e Ishneéle

Post n°6 pubblicato il 19 Gennaio 2006 da zeirf
 

Questo racconto è stato scritto per colei che all'epoca era la mia ragazza.


Minaku era, o è, o sarà, un essere senza età, figlio della struttura stessa del tempo. Minaku non ha un corpo, e comunque non gli servirebbe a molto nelle profondità in­frarosse dello spazio aperto. È un essere curioso, in entrambe le accezioni del ter­mine. Ama vagabondare tra gli ammassi galattici, godendo in pari misura sia degli oceani di tenebra, sia dei luminosi aggregati a spirale. E gli piace spostarsi nel tempo procedendo a balzi, saltellando d’era in era, oppure lasciandosi trascinare dal suo scorrere, o ancora risalirlo controcorrente fino alla sua fonte infinitesima e densis­sima. Adora rincorrere i raggi di luce, superarli e poi fermarsi ad attenderli.

Ma Minaku è anche un’entità bambina. È impossibile definire l’età di qualcuno che trascende il tempo senza volerlo, senza rendersene neppure conto. Assegnare un numero al tempo trascorso dalla nascita di una cosa che non è mai nata e che vive in tutti gli istanti contemporaneamente è di per sé un assurdo. Ciononostante Minaku è un abitante giovane dell’Universo. Nemmeno lui sa perché, ma è cosciente che la sua esperienza può ancora crescere moltissimo. E, data la vastità illimitata del Cosmo, è probabile che rimarrà bambino per tutta la sua infinita esistenza.

Osservatore giocoso, ascoltatore inflessibile e distratto, Minaku abita da solo. Non esistono altre cose come lui nell’Universo. O, probabilmente, gli altri come lui sono sue istanze future o passate. Oppure esistono altri come lui, ma essi non si possono vedere, come se tutti osservassero l’Universo da dietro una propria finestra. In un modo o nell’altro, Minaku è solo.

Tuttavia ci furono, o ci sono, o ci saranno, un momento e un luogo imprecisabili della sua vita in cui Minaku poté, o può, o potrà dialogare con qualcuno. In uno degli oceani di tenebra fitta, in cui anche le radiazioni ai limiti dello spettro giungono solo raramente, c’è un’enorme sfera ancora più nera. Minaku ne è incuriosito, ne è tal­mente colpito che dimentica ogni altra cosa. La sfera piega e ingoia le traiettorie di tutte le onde che le passano accanto. Ne aveva già viste altre, e ne vedrà ancora, ma questa è la più grande che abbia mai visto o che mai vedrà. Si lascia trascinare dal tempo per quasi sei milioni di anni, osservando e perdendosi nel nero assoluto di quella sfera. Esamina la grazia con cui lo spazio si piega verso il suo interno, e la po­tenza delle invisibili forze di marea che la circondavano.

Infine, dalla propria coscienza, Minaku sorprende sorgere la capacità di comuni­care. Non ne aveva mai avuto necessità, e mai ne avrà, quindi dubita di esserne in grado. E mentre dubita ci riesce.

«Ciao», pensa.

La sfera rimane muta per molto tempo.

Minaku aveva già visto, e vedrà ancora, forme semplicissime di esistenza e di pensiero nell’Universo: complessi galattici che comunicano tra di loro con un sem­plice sistema di segnali luminosi, esseri di radiazione cosmica che si estinguono nell’arco di secondi, fiamme senzienti sulla superficie delle stelle, e una miriade di elementari aggregazioni di molecole attaccate ai loro minuscoli pianeti. Con nessuna di loro è riuscito o mai riuscirà a comunicare. Può percepirne i pensieri, ma non può trasmettere loro i propri.

«Ciao», ripete.

«Chi sei?» È la risposta. Una risposta proveniente non dalla coscienza della sfera, ma da qualcosa al suo interno.

«Minaku, l’Osservatore Bambino».

«Ciao, Minaku, Osservatore Bambino».

«Chi sei?»

«Ishneéle, l’Infante Spettatrice».

«È la volta unica che parlo con qualcuno».

«Per me non l’unica, ma nessuno a lungo quanto te».

«Mai vista, e Mai ti vedrò. Perché?»

«Io abito qui ».

«Cosa significa?»

«Io sono La Stella, La Stella più luminosa».

«È così, ma non irradi luce».

«La mia casa assorbe me stessa».

«Prigione».

«Prigione».

Minaku sente che è così, e scopre di desiderare la luce delLa Stella. Scopre di vo­lere La Stella.

«Ishneéle, Infante Spettatrice?»

«Ti percepisco»

«Voglio vedere La Stella».

«Voglio mostrati La Stella».

«La casa divora una parte di Universo, la parte cui appartieni».

«Sì».

«Puoi distruggere la casa?»

«No».

«Posso distruggere la casa?»

«Sì»

«Come posso distruggere la casa?»

«Attendi»

«Attenderò. La casa si dissiperà liberando la tua luce».

Minaku attende, si lascia trasportare dal tempo. Potrebbe saltare in avanti di se­coli, millenni, ere astronomiche, ma non lo fa. Conosce il significato del verbo “at­tendere”.

Ma non c’è noia nell’attesa. Minaku può finalmente dialogare, e non esiste mera­viglia più grande nell’Universo. Per un’entità che ha già osservato tutto, o che osser­verà tutto, il trasmettere, il dare, è una cosa nuova e bellissima. Il passaggio da osser­vatore a interlocutore lo eccita, lo entusiasma, lo fa sorridere.

Minaku racconta a Ishneéle ciò che ha visto e ciò che vedrà.

Ishneéle ascolta e gli dice ciò che avviene nel suo mondo, all’interno della sfera. Gli racconta di ciò che precipita in essa, e di ciò che in essa si disintegra, e dei fiori di radiazione che sbocciano e muoiono all’interno di essa, e dell’anello tridimensionale di luce imprigionata sull’orizzonte, condannata all’eterna orbita attorno alla sfera.

Fotoni separati da milioni di anni si incontrano nuovamente nelle storie di Ishneéle e Minaku. E questo scambio di informazioni continua e continua ancora, unendo i due mondi ai lati opposti dell’orizzonte degli eventi della sfera. Il dialogo e le storie si intrecciano al tempo stesso.

E Minaku attende, e non se ne vuole più andare. Attende che La Stella esca dal suo guscio di oscure e profonde tenebre. Attende per vedere la sua luce sfolgorante, e si rende conto di averla già intravista nelle storie di Ishneéle.

Ma attende, ancora, ed è felice di farlo.

… with love to my brightest Star

 
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Commenti al Post:
toorresa
toorresa il 25/03/09 alle 00:57 via WEB
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