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IL RIPOSO DEL GIOVANE MESSIA SILVIO

Post n°241 pubblicato il 06 Agosto 2012 da chinasky2006
 




Foto di chinasky2006



Il megapresidente immortale trascorre qualche giorno di meritate ferie a Villa Certosa, nel cuore della Sardegna. Riposa le membra e divaga la superiore mente dopo una logrante stagione di impegni supremi, protetto da quel verde smerigliante che tutto avvolge. Pronto per riprendere la battaglia che lo riporterà a Palazzo Chigi nel 2013.
Mani dietro la schiena e petto in fuori, se ne sta in vestaglia di seta azzurro cielo, innanzi alla finestra. Attorno a lui, tutte di nero, le serve devote e fedeli, raccolte in adorante preghiera. Siamo infatti nel personalissimo periodo del Ramadan, indetto spontaneamente per Silvio su iniziativa della Ravetto. Rituale che senza il ribaltone che ha posto fine al Governo delle libertà, avrebbero imposto per decreto come manifestazione di culto nazionale. Si possono scorgere Minzolini, Belpietro, Feltri, Capezzone col burqua, Bondi, La Russa e molti altri, tra onerevolesse tettute e vischiosi leccaculo professionali. Al minimo cenno della mano del messia, quelli si fiondano in terra sulle ginocchia, all’unisono, sbattendo le rotule con inconsulta ferocia devota. Nell’inginocchiarsi, a Cicchitto parte un orrendo scorreggione. Lui sdrammatizza con un tragico sorriso. A Feltri parte il femore. Trasportato a braccia dagli infermieri, ed in elicottero al primo nosocomio. Il sultano scruta il suo mare all’orizzonte come un nostalgico poeta navigatore condottiero e tira un sospirone angosciato. 
“Ma stanno arrivando le puttane, sì o no?”. 
E’ parecchio irritato per il ritardo di eleganti ragazze, addette ad allietare le serate fanciullesco divago. Poi ecco che in lontananza si ode il terrificante rumore di un aviogetto, che atterra nell’aeroporto personale della Villa. E’ l’ottuagenaria e fedele perpetua Emilio Fede, con visiera da croupier, riciclato come pilota di aereo. Purtroppo, visti i periodi di ristrettezze ed il potere momentaneamente nella mani dei tecnici vessatori del popolo, non sono più possibili quegli indimenticabili carichi di mignottoni, colorati e chiassosi, in aerei di stato. Ora devono industriarsi alla bell’è meglio, con relitti della seconda guerra mondiale e piccoli “ciarter”. Il messia guarda disgustato. Ecco che l’anziano ed ingobbito Fede, imbarazzato, presenta il carico di bagasce reclutate nelle tangenziali delle varie città. 
“Abbiamo fatto il possibile, ma Santità, saprà bene che c’è la crisi…però ce n’è qualcuna che, mi consenta, me la farei anche io malgrado non sia più giovanetto vigoroso come lei…sono 172 ragazze, immagino che se le farà tutte. Lei è indistruttibile, un amatore instancabile e romantico che…”. 
“La smetta con queste ovvietà miserabile servitore. 172 ha detto? L’anno scorso erano 168 e me le pipai tutte quante in tre giorni. Doveva vedere che scene, tutte che mi imploravano di fermarmi. Basta santità, lei è un drago ci distrugge pipando in codesto modo furioso! Altro che i nostri ventenni fidanzati rammolliti! Ed io le amavo tutte, altro che Casanova! (e nel dirlo si munge il nervetto di 2,4 centimetri). Le rimandai a casa tutte quante storte. Mi capisce nevvero? Anche se la merce è piuttosto scadente, vedrò di soddisfarle tutte. Più dell’anno scorso, perché ringiovanisco di anno in anno, non trova?”. Rivolto alla perpetua, mettendosi di profilo e tirando in dentro la pancia. 
“Mi consenta mio sire d’inginocchiarmi innanzi a lei, in modo che io possa dimostrarle quale eccitazione mi provoca e…”. 
Il sultano parte con un feroce calcione nei denti. Emilio raccoglie la dentiera e s’avvia a capo chino. Poi un guizzo. 
“Mi consenta ancora, mia luce divina, ma per quel seggio in parlamento…sa, a 82 anni quasi sarei pronto per annizzare la carriera di politico al suo fianco. Mi creda, non sono più un giovinastro scavezzacollo. Ci batteremo affinché l’Itaglia nostra…”. 
Via, altro calcione terrificante nelle gengive. Il messia sbuffa, e ordina di portare le fiere al reparto trucco, di modo che siano rese presentabili. E’ finita l’era delle lussuose escort, ex gieffine o veline da avviare alla carriera politica. Ora ci sono solo puttane di strada da far diventare aspiranti veline, al massimo. Solo 50 di loro, le più avvenenti e con tette più grosse, potranno partecipare al tour che il Premierissimo farà nei suoi possedimenti. Ove dalla Foresta amazzonica più verde si passa alla savana con le antilopi. Dai vulcani, al deserto del Sahara perfettamente riprodotto. 
Nel porto personale innanzi a Villa Certosa è un via vai tra ormeggi e attracchi di yatch, impresari tossici, nobili bagascioni ed eccentrici ultramiliardari mafiosi russi. “Ecco gli ex bolscevichi che sono guariti dalla malattia del comunismo!” si lascia andare in un impeto d’enfasi Salvo Sottile, guardando una telecamera immaginaria. Il giovane ed apprezzato anchorman, una specie di bue muschiato, è in villa per fare apprendistato, quasi uno stage. Sarà lui la futura voce delle libertà, possedendo vischiosità più subdola e meno appariscente di Emilio Fede, ed essendo anche giovanilmente "social". Il maggiordomo Vespa lo guarda di traverso, col tipico atteggiamento della dama di corte indispettita. Sta preparando una puntata speciale e ad personam di “Porta a porta” nell’anfiteatro della Villa. Ospiti due porporati, tre monache, dei brillantissimi deputati delle libertà e un paio di figuranti di forum vestiti da laceri e lordi comunisti che verranno dileggiati tra le crasse risate degli astanti. Attraccano intanto alcuni ospiti vip. Ecco Briatore e la Saltamiquì, incazzatissimi per le vessazioni e salassi che il premier tecnico Monti pretende di far pagare anche loro, e non soltanto ai cenciosi. “Ma per chi ci ha preso, per degli straccioni obbligati financo pagare le tasse? Noi produciamo ricchezza per i miserabili. Lo sa quanti filippini ci vogliono per lavarmi le mutande? E cosa sono ste tasse poi? Silvio torna presto!”, fa l’ex manager radiato dalla formula 1. “Sfigati comunisti con le zecche!” si lascia andare ad un sobrio commento politico la sempre moderata Saltamiquì. 
Di colpo parte la musica de “il gladiatore”, che rimbomba poderosa tra le colonne greche. Quindi, vestito da Giulio Cesare e con la fronte cinta una corona d’alloro, il megapresidente accompagna nei suoi possedimenti le cinquanta fortunate, che lo seguono estasiate. Ormai il cielo è arrossato da un tramonto brutale. E la musica del “il gladiatore” lascia il posto al commovente inno di Forza Italia. Lui è eccitatissimo, gode nel mostrare alle allibite fanciulle che osservano con occhio sgranato, le sfolgoranti mirabilie che ha saputo creare a testimonianza di una superiorità terrena ed ultraterrena senza eguali. 
“Ragazze, vedete cosa è stato capace di fare un sol uomo con lo ingegno? la creatività, il genio l'esuberanza, la mente fertile. Dicono che dio ha creato la terra…beh, le prove non ci stanno. Qui invece è tutto sotto i vostri occhi, quello che ho creato io. Ora purtroppo ci sono dei comunisti che hanno portato nella crisi il paese. Burocratici, stalinisti e statalisti. Pensate che solo per la invidia mi hanno impedito di comperarmi la Sardegna tutta, come mio eremo da modesto villeggiante…”. 
E partono i “buuuuhhh” verso gli oppressori dei ricchi, sollecitati dall’addetto agli applausi. 
...SEGUE (forse).



 
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